Ammissione, a inganno effettuato, di uno dei principali dirigenti del partito revisionista
D'Alema: Il PCI è sempre stato riformista
“Senza Gramsci il PCI non sarebbe mai stato quello che è stato”

In un'intervista a "Repubblica" il rinnegato Massimo D'Alema riconosce il carattere riformista e socialdemocratico del PCI revisionista del quale è stato uno dei principali dirigenti.
Al compiacente Ezio Mauro (una delle penne anticomuniste peggiori del nostro Paese, basti pensare al centenario dell'Ottobre nel 2017 quando cercava di spacciare Trotzki come “gran maestro della Rivoluzione russa”) l'ex premier ha candidamente ammesso il carattere borghese del PCI fin dalle origini la cui "costituzione materiale" è sempre stata il riformismo, per usare le stesse parole di D'Alema, che specifica:
“Aggiunga pure qualcosa di più: nascondendolo (il riformismo) con un linguaggio che lo rendesse compatibile con un orizzonte rivoluzionario.
Ad esempio inventandosi le riforme di struttura che non si è mai capito bene cosa fossero: erano riforme e basta, ma non si poteva dire(!). Questo è stato il convivere nel PCI dell’ideologia rivoluzionaria e della pratica riformista”.
Il rinnegato nell'intervista a Mauro ma anche in altri interventi ad altre testate online e programmi televisivi, esalta la “doppiezza” del PCI, il suo “essere parte del movimento comunista internazionale, ma con singolarità”, esaltando da destra le gesta del defunto partito revisionista fin dai tempi della sua fondazione e del revisionista Gramsci, esaltando anche Occhetto e la svolta della bolognina e rammaricandosi del “tardivo” ripudio, anche formale, del comunismo che per D'Alema sarebbe dovuto avvenire decenni prima, ma non fu possibile effettuarlo per i profondi sentimenti comunisti della base sana di quel partito.
In particolare D'Alema si sofferma nell'esaltazione della figura del capofila del revisionismo italiano Antonio Gramsci, il quale avrebbe avuto il merito di comprendere che in Italia non occorreva “fare come in Russia”, ma cambiare l'Italia attraverso la conquista dell'egemonia culturale e del consenso, ripudiando la dittatura del proletariato e in particolar modo lo “stalinismo”: “senza Gramsci il PCI non sarebbe mai stato quello che è stato”... “d'altra parte come disse Togliatti egli nella Mosca staliniana si sarebbe fatto uccidere”, “fu Togliatti a conciliare l'eresia del pensiero di Gramsci con l'ortodossia di Mosca” contribuendo così a far diventare il PCI “il cardine della nostra democrazia”.
Fra l'altro il rinnegato D'Alema confonde ad arte il socialismo vero dal socialimperialismo sovietico che invase Praga nel 1968, cerca di fare intendere che fosse lo stesso Lenin a criticare la conquista del potere politico da parte del proletariato sotto la direzione del suo partito citando a sproposito il saggio “L'estremismo, malattia infantile del comunismo”, inventa di sana pianta una supposta capacità attrattiva del PCI e di Luigi Longo nei confronti del movimento studentesco, accusa la Terza Internazionale di avere tentato a suo tempo di “ingabbiare” il partito, parla di “colpo di mano” dei bolscevichi a proposito del 1917, tace completamente sulla vita e sull'opera di Mao, mentre esalta il rottame revisionista Berlinguer e così via.
Le dichiarazioni di D'Alema sono l'ennesima prova provata che il PCI è stato un falso partito comunista, di fatto riformista e socialdemocratico, architrave della prima repubblica borghese, cosa che noi marxisti-leninisti italiani abbiamo denunciato fin dal 1967 e fino al suo scioglimento nel 1991.
Quello che D'Alema non dice è che quando soffiava forte il vento del socialismo, dell'Ottobre e poi del Sessantotto e della titanica lotta di Mao contro il revisionismo moderno, gli allora dirigenti del PCI non ammettevano certo il loro carattere borghese e controrivoluzionario, tutt'altro!
Si trinceravano in ogni modo dietro il socialismo e la bandiera rossa per turlupinare e imbrogliare gli autentici fautori del socialismo in buona fede che pure li seguivano, accusando in ogni modo chi li contestava e con ragione, arrivando fino all'aggressione fisica nei confronti dei nostri compagni, tra cui il nostro Segretario generale Giovanni Scuderi, ad opera del servizio d'ordine di quello che allora era il più forte partito comunista revisionista non al potere del mondo, portando avanti la nefasta opera di deideologizzazione e decomunistizzazione della classe operaia italiana, consegnata con l'imbroglio politico mani e piedi alla borghesia italiana, all'imperialismo e all'allora nascente e oggi consolidato regime neofascista, denunciato prima di tutti proprio da noi marxisti-leninisti.
L'opportunismo politico all'interno della classe operaia funziona così, è come un camaleonte che si traveste di rosso quando è necessario per far deviare le masse, imbrogliandole, dalla via dell'Ottobre, colpendo al cuore l'essenza stessa del marxismo-leninismo-pensiero di Mao salvaguardando la forma, i simboli e la fraseologia del marxismo, salvo al momento opportuno rompere anche formalmente con il socialismo e rivendicare apertamente il suo carattere borghese, riformista e in ultima analisi quindi anticomunista.
Questo vale sia per gli opportunisti di destra che per quelli di “sinistra”, sono due facce della stessa medaglia borghese in seno al movimento operaio e comunista, il tradimento prima occulto e poi anche formale della rivoluzione socialista rappresentano quindi le fasi storiche e i diversi modi in cui operano al servizio della borghesia e contro il proletariato gli opportunisti finti capi-operai durante la loro squallida parabola storica, destinata a concludersi nella pattumiera della storia con la definitiva vittoria del socialismo e l'avvento del comunismo.
Fino ad allora, prima, durante e dopo la rivoluzione socialista, la contraddizione principale della società capitalista, quella tra il proletariato e la borghesia, prodotta dal conflitto tra il capitale e il lavoro, genererà sempre degli opportunisti camuffati in mille modi che lavoreranno per impedire al proletariato di farla finita con il capitalismo e realizzare il socialismo prima e il comunismo poi.
Da questo punto di vista è evidente che la “beatificazione” della fondazione del PCI da parte dei mass media della borghesia è un'operazione vomitevole volta a confondere le menti dei sinceri anticapitalisti e fautori del socialismo per allontanarli in ogni modo dal marxismo-leninismo-pensiero di Mao e dal PMLI ed è un tutt'uno con il rigido black-out stampa che da sempre vige sul PMLI e la sua titanica lotta contro il revisionismo italiano.
In particolare (e non solo in Italia) viene esaltata la figura di Gramsci, il capofila del revisionismo italiano, facendo leva sull'emotività delle masse di sinistra, specie le più giovani, utilizzando il fatto che fu una vittima del fascismo, cosa che non può cancellare in nessun modo il fatto che il pensiero e l'opera di Gramsci non hanno nulla a che spartire con il marxismo-leninismo-pensiero di Mao.
Per deviare le masse dalla via dell'Ottobre è necessario contrapporre ai cinque grandi Maestri del proletariato internazionale tutta una serie di personaggi (si pensi a Guevara) a mo' di diversivo per impedire che i sinceri sentimenti anticapitalisti delle masse di sinistra, amplificati dalla terribile condizione economica e sociale determinata dalla pandemia, si saldino con il marxismo-leninismo (e in Italia quindi con il PMLI) che è poi la chiave di volta per abbattere la dittatura della borghesia e instaurare la dittatura del proletariato.
Sarebbe da ingenui pensare che la borghesia non continuerà ad utilizzare anche la tecnica dell'esaltazione di questi vecchi rottami per impedire la maturazione politica delle masse, quello che è indispensabile fare da parte delle masse oppresse e sfruttate che aspirano ad un nuovo mondo è di non farsi fregare.
Ecco perché è fondamentale conoscere la storia della lotta del PMLI contro il revisionismo italiano, contro l'opportunismo di destra e di “sinistra” (si pensi alle sedicenti “BR”, strumento della reazione e del trotzkismo) all'interno del movimento operaio italiano.
Invitiamo tutti i sinceri anticapitalisti e fautori del socialismo a studiare e ristudiare gli importanti documenti del Partito sul PCI e su Gramsci e in generale tutta la titanica lotta dei marxisti-leninisti contro il revisionismo nostrano, nemico giurato del socialismo, del proletariato e di tutto il nostro popolo, per impedire che vecchi e nuovi volponi al servizio della borghesia possano continuare ad ingannare la nostra gloriosa classe operaia.
Indipendentemente dal fatto che non fu possibile per i marxisti-leninisti influenzare la maggioranza dei sinceri fautori del socialismo di allora, la lotta del PMLI contro il PCI revisionista era giusta ed è più che mai di attualità oggi che la borghesia e i suoi pennivendoli esaltano le “gesta” del revisionismo italiano.
La Fondazione stessa del PMLI il 9 aprile del 1977 ha oggettivamente aperto la terza fase della storia del movimento operaio italiano dopo la prima dominata dal riformismo del PSI e la seconda appunto dal revisionismo del PCI e rappresenta quindi una gigantesca vittoria contro il revisionismo moderno in salsa italiana, tanto è vero che oggi sono gli stessi dirigenti del PCI revisionista a riconoscere apertamente il carattere borghese e controrivoluzionario del PCI.
A dimostrazione del fatto che se si utilizza il marxismo-leninismo-pensiero di Mao come chiave di lettura per comprendere i fenomeni sociali la verità viene sempre a galla, a dispetto delle apparenze e degli apparentemente sfavorevoli rapporti di forza, a riprova del fatto che: "ciò che è giusto è giusto, ciò che è sbagliato è sbagliato, altrimenti si ha il mito. Bisogna liquidare i miti”.
“All'inizio la verità non è nelle mani della maggioranza, ma tra quelle di una minoranza. Marx e Engels erano dalla parte della verità ma all'inizio essi erano in minoranza. Anche Lenin è stato a lungo in minoranza. Abbiamo avuto questo tipo di esperienza nel nostro Partito... Nella storia, le dottrine degli specialisti di scienze naturali come Copernico, Galileo, e Darwin non furono riconosciute per molto tempo dalla maggioranza della gente, ma, anzi, considerate errate. Al loro tempo, erano nella minoranza. Quando fu fondato nel 1921, il nostro partito aveva solo poche decine di membri; erano quindi una minoranza, ma queste poche decine di persone incarnavano la verità e il destino della Cina." (Mao)
Noi lavoriamo perché le giovani generazioni, i sinceri anticapitalisti e fautori del socialismo lo comprendano fino in fondo, abbandonino gli opportunisti alla D'Alema di ieri e di oggi al loro squallido destino e diano tutta la loro forza politica, materiale e intellettuale al Partito del proletariato, della riscossa e del socialismo per farla finita con il capitalismo e marciare verso l'Italia Unita, Rossa e Socialista.
Abbasso i falsi comunisti, i revisionisti e i traditori del proletariato di ieri di oggi e di domani!
Viva, viva, viva il PMLI!
 

27 gennaio 2021