Il boia Al Sisi non tollera gli oppositori
Altri 45 giorni di carcere preventivo per Patrick Zaki
Lo studente dell'università di Bologna è accusato di aver diffuso informazioni false e dannose per lo Stato egiziano

 
Con una sentenza comunicata alla stampa prima che al suo legale, il tribunale del Cairo aggiungeva altri 45 giorni di custodia cautelare alla prigionia dello studente Patrick Zaki, iscritto a un master sugli Studi di genere presso l’Università di Bologna, che resta rinchiuso nel carcere di Tora dal 7 febbraio 2020, arrestato da agenti dei servizi appena messo piede in Egitto per una visita alla famiglia con l'accusa di propaganda sovversiva,di sostegno a gruppi terroristici, di aver diffuso informazioni false e dannose per la sicurezza nazionale. Solo in quel momento gli veniva comunicato che era stato spiccato un mandato di cattura nei suoi confronti già nel 2019 per una serie di reati che potrebbero costargli fino a 25 anni di carcere. Accusa costruite per colpire un giovane di 28 anni che sui social si esprimeva a favore dei diritti umani e per questo ritenuto un intollerabile oppositore dal boia Al Sisi, già di fatto condannato a una pena che in attesa del processo ha iniziato a scontare nelle disumane condizioni del carcere di Tora.
Fermato il 7 gennaio 2020 all'aeroporto del Cairo e arrestato, il 28enne Zaki aveva potuto avere solo lo scambio di due lettere con la famiglia e un breve incontro con la madre solo il 25 agosto. La sua carcerazione preventiva era prorogata più volte di 45 giorni dalla sezione antiterrorismo del tribunale del Cairo, e solo nell'udienza del 26 luglio aveva potuto essere assistito per la prima volta dai suoi avvocati.
L'arresto di Zaki era stato immediatamente condannato dai suoi compagni di corso all'Università di Bologna, dall'Ateneo e dal comune felsineo che avviavano assieme all'ong Amnesty International la campagna per la sua scarcerazione. Una campagna che finora è servita se non altro a tenere accesi i riflettori su Zaky e a farne un caso internazionale per impedire al regime di Al Sisi di liquidare la vicenda con un assassinio come in occasione del giovane Giulio Regeni.
La mobilitazione per la scarcerazione di Zaki che si è allargata in particolare fra gli studenti universitari ha spinto anche il governo italiano a mobilitarsi e a intervenire ma al momento l'iniziativa diplomatica non è andata oltre il coinvolgimento dell'Unione europea che ha avviato un programma di monitoraggio del processo giudiziario. All'ultima udienza udienza dell'1 febbraio erano presenti funzionari dell’ambasciata italiana e diplomatici danesi e statunitensi presi in giro dal tribunale che ha passato la notizia della sentenza prima alla stampa. D'altra parte come ha dimostrato la vicenda dell'assassinio di Giulio Regeni le proteste del governo italiano e degli altri governi imperialisti sono formali, non mettono assolutamente in dubbio e in pericolo gli affari che hanno con l'Egitto di Al Sisi, dalla vendita di armi al permesso di sfruttamento risorse petrolifere. E Amnesty International ha rilanciato la campagna e la raccolta di firme per la sua immediata scarcerazione.

10 febbraio 2021