Ritardi nelle consegne, piani vaccinali in ritardo e gravi disparità di trattamento. Ecco i risultati del “regionalismo sanitario”
Caos Vaccini
La fondazione Gimbe accusa la poca copertura del personale medico. Dubbi sull'efficacia del prodotto di AstraZeneca

Da inizio pandemia, sono morte di Covid-19 in Italia oltre 87 mila persone. Ad oggi registriamo una situazione di contagio stabile, ma ancora di una certa gravità, e anche l'ennesimo studio indipendente della fondazione Gimbe conferma con la propria analisi dei dati la flessione – seppur leggera – di ricoveri e di terapie intensive; tuttavia rimane critica almeno in 5 regioni l'occupazione dei pazienti dei posti letto e delle stesse terapie intensive, segno che siamo ancora ben lontani da una situazione che si avvicini al ritorno alla normalità.
Permangono molte criticità, su tutte la scarsità delle persone che nel nostro Paese hanno ricevuto la seconda dose del siero che ad oggi raggiungono appena lo 0,45% della popolazione, e per giunta con marcate differenze regionali che vanno dallo 0,16% della Calabria ad un massimo dello 0,70% nel Lazio.
Una situazione resa tale dalla cosiddetta “Autonomia Differenziata” in tema di sanità pubblica e che ancora una volta si conferma un'ulteiore causa di disparità in una società già di per sé diseguale e ingiusta.
 

Gli effetti dell'”autonomia differenziata”
Le analisi indipendenti del Gimbe sui dati ufficiali del ministero della Salute e del Commissario straordinario Covid-19, rilevano anche che ben 350.548 dosi (pari al 22% del totale) sono state somministrate al “personale non sanitario”, una fascia non prevista dal piano vaccinale che in prima fase individua solo tre categorie: operatori sanitari e sociosanitari (finora 67,1% delle dosi), personale e ospiti delle Rsa (9,7% delle dosi), persone con più di 80 anni (0,9% delle dosi). Il “personale non sanitario” ha beneficiato dunque di quasi un quarto delle dosi finora somministrate, anch'esse con forti differenze regionali che in certi casi superano il 30%, come in provincia autonoma di Bolzano (34%), Liguria (39%) e, su tutte, la Lombardia col 51%.
Sempre secondo il report Gimbe, con lo 0,20% della popolazione che ha completato il ciclo vaccinale, la Lombardia è al terzultimo posto tra le regioni italiane (dopo ci sono solo Sardegna e Calabria); allo stesso tempo però sono molto alti i numeri legati al personale non sanitario vaccinato dove l'ultimo “capolavoro” della giunta Fontana porta la Regione del Pirellone al primo posto in Italia con il 51% (la media nazionale è del 22%).
“È inaccettabile che, a un mese dal V-Day, quasi un quarto delle dosi di vaccino anti Covid sia stato distribuito senza tener conto delle priorità indicate dal piano del ministero della Salute. Ed è incomprensibile come, in Lombardia, il personale amministrativo che ha ricevuto il vaccino superi addirittura quello sanitario. Una società che non mette in sicurezza chi deve curarla e assisterla è una società miope e senza futuro”, dichiara alla stampa Filippo Anelli, presidente della Fnomceo, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, che cita inoltre i dati INAIL che evidenziano come il 25% dei decessi sia collegato al settore della sanità, pubblica e privata.
A parte questo scandalo, in odore di clientelismo, corruzione e anche di Mafia, secondo il Gimbe sono proprio i numeri del piano vaccinale che non tornano, le cui dosi previste per il personale sanitario e OSS sono poco più di 1,4 milioni e non sono sufficienti per coprire tutti i professionisti che non lavorano nelle strutture pubbliche.
Lo stesso Anelli ha sottolineato “episodi inaccettabili” come “dosi distribuite a parenti e amici”; spicca fra gli altri il sacerdote di Scicli, a Ragusa, che ha sostenuto di essere stato contattato dall'ASP per “contribuire” ad utilizzare al più presto fiale scongelate del vaccino e che, per “contribuire” in forma maggiore, avrebbe anche contattato egli stesso amici e parenti per sottoporsi alla somministrazione. Difficile in questi casi parlare, appunto, di “buona fede”.
 

Caos anche sull'efficacia dei vaccini e sui metodi di somministrazione
L’Agenzia del farmaco, che inizialmente ha suggerito di usare Pfizer e Moderna nei soggetti anziani con oltre 80 anni di età che sono “a più alto rischio di sviluppare una malattia grave”, e AstraZeneca “nei soggetti giovani tra i 18 e 55 anni senza patologie gravi”, pochi giorni fa ha ampliato le fasce di persone che possono essere coinvolte nella somministrazione di quest'ultimo vaccino, includendo anche coloro di età comunque avanzata che non presentano specifici fattori di rischio.
Infatti alla fine della scorsa settimana il dato accettato sommariamente dalla comunità scientifica europea parla di un prodotto AstraZeneca che copre appena al 60%, e quindi abbondantemente sotto percentuale degli altri due Pfizer e Moderna che risulterebbe essere superiore al 90% di efficacia.
 

La copertura istituzionale alle multinazionali
Sui vari vaccini prodotti che hanno il benestare delle UE che negozia per conto dei governi europei con le multinazionali a loro gradite, i pareri medici sono spesso disomogenei e contrastanti. Infatti, complici anche i ritardi delle consegne, le somministrazioni agli over 80 slitteranno almeno di un mese e tutti gli altri di un trimestre.
Tuttavia da navigato trasformista e opportunista Di Maio, ancora in carica al momento, si era affrettato a fare da spalla all'allora viceministro alla salute Pierpaolo Sileri, rassicurando e richiamando alla calma e alla fiducia.
Nonostante vicende che stentano a delineare un capo e una coda, anche Giorgio Palù, presidente di AIFA, l'Agenzia Italiana del Farmaco, è fiducioso nel cambio di rotta e confida nelle multinazionali dichiarando – non si sa con quali dati alla mano – che dal 15 febbraio le aziende produrranno oltre 2 miliardi di dosi entro la fine dell'anno; il che rappresenta una previsione comunque poco edificante per l'umanità, dal momento che, di questo passo per immunizzare la popolazione mondiale servirebbero altri 3 anni. Alla fiducia invita anche Giuseppe Ippolito, componente del Comitato tecnico scientifico che parla a sproposito di “ritardi preventivabili”, nonostante i pagamenti dei vaccini siano stati anticipati e comprensivi di sostanziosi acconti per le consegne secondo il calendario prestabilito.
Mentre sta per nascere la grande ammucchiata del governo Draghi, forti del regionalismo sanitario, i presidenti si muovono in ordine sparso; il presidente Luca Zaia ad esempio ha affermato che il Veneto “sta cercando in maniera ossessiva un canale per acquistare direttamente i vaccini” poiché a suo dire in barba agli accordi europei, ci sarebbero notizie che a livello internazionale si possa andare appunto ad acquistarli su canali “free”, il che metterebbe in discussione – o per meglio dire ridicolizzerebbe – tutte le ferree regole imbastite dall'UE e dai governi nazionali fin dall'estate scorsa.
Date le carenze evidenti e l'incertezza di efficacia e forniture, negli ultimi giorni l'Europa con in testa la Germania, si è detta possibilista sulla coproduzione europea del vaccino russo Sputnik 5, che secondo i test russi sarebbe efficace al 94%.
Eppure, sempre per una gestione prettamente di mercato e di sfera di influenza politica, fino ad oggi il prodotto del nuovo zar Putin era stato escluso a priori e vituperato dall'UE prima ancora della diffusione dei test, e si è preferito rifornirsi dalle multinazionali europee e statunitensi.
Il messaggio che si può leggere tra le righe di questa inaccettabile situazione è forte e chiaro, e riprende le parole con le quali Filippo Anelli, presidente della Fnomceo, ha concluso una delle sue interviste, definendo questo caos generale “un sistema che ha fallito completamente”.

10 febbraio 2021