Respingere l'intesa sul contratto metalmeccanici
Pochi spiccioli in cambio di un nuovo e peggiore inquadramento professionale. Aumento di 112 euro dilazionato in 4 anni e mezzo, allungamento del contratto, nuovi enti bilaterali, alternanza scuola-lavoro

Si è sbloccata la vertenza dei metalmeccanici con l’intesa sul nuovo contratto nazionale tra Federmeccanica/Assistal e le sigle di categoria di Cgil-Cisl-Uil. Dopo quattro giornate di intense trattative non stop nella sede romana di Confindustria sono stati sciolti i nodi normativi ed economici, che vedevano le controparti distanziate da una richiesta sindacale di 150 euro a fronte di una disponibilità padronale di 65, che aveva intenzione di bloccare gli aumenti alla sola IPCA (Indice dei Prezzi al Consumo al netto dei beni energetici importati), cioè l'inflazione decurtata da alcune importanti voci. Alcune discordanze si registravano anche sulla parte normativa di un contratto che coinvolge più di un milione e mezzo di lavoratori.
L’aumento sui minimi salariali ottenuto è stato di 112 euro lordi al 5 livello e 100 euro al 3 livello, quelli in cui sono collocati la maggior parte dei lavoratori. A questi si aggiungono i 12 euro di IPCA sui minimi da giugno 2020 per effetto dell'ultra vigenza, cioè l'estensione della struttura del contratto precedente. Confermati 200 euro l’anno di flexible benefit , quello che comunemente viene chiamato “welfare aziendale”. Altro punto importante del nuovo contratto è la riforma dell’inquadramento, che comprende l’eliminazione del primo livello.
Cgil-Cisl e Uil hanno brindato con enfasi, presentando questo aumento a “tre cifre” come un grandissimo successo. Certo, se lo confrontiamo con quello firmato nel 2016 può sembrare sia così: in quella occasione con 60 euro lordi nei tre anni di valenza contrattuale non era stata coperta nemmeno l'inflazione. Il peggiore accordo mai firmato da Fiom-Fim-Uilm che trasformarono il contratto dei metalmeccanici da riferimento per tutti gli altri ed esempio negativo per le altre categorie. Adesso risale diverse posizioni e, sul piano economico, si allinea con i settori dove le retribuzioni sono considerate medio-alte.
 

Durata contrattuale allungata
Ma le note “positive” finiscono qui. Dobbiamo calcolare che, di fatto, l'aumento copre un periodo di 4 anni e mezzo perché il contratto è scaduto a dicembre 2019 e il 2020 è stato saltato del tuto mentre il nuovo contratto entrerà in vigore nel 2021 e durerà fino a giugno 2024. Considerando che fino a giugno 2022 in busta paga arriverà solo la prima tranche di 25 euro lordi, nei tre anni che partono dal luglio 2019 un metalmeccanico si ritroverà in busta paga soltanto 37 euro lordi in più.
Si fa veramente fatica a giustificare le parole della segretaria della Fiom-Cgil, Francesca Re David, che ha definito il raggiungimento dell'accordo come un “risultato straordinario” che vede nell'aumento del salario il suo punto forte. Il segretario della Uilm Rocco Palombella afferma addirittura: “Oggi i metalmeccanici fanno la storia rinnovando il miglior contratto degli ultimi anni....un obiettivo ambizioso che abbiamo perseguito fino alla fine”. Mentre Roberto Benaglia, segretario generale della Fim-Cisl ci tiene a sottolineare come “i metalmeccanici con questo contratto danno una grande risposta di fiducia e stabilità al Paese intero”.
 

Un accordo “per il bene del Paese”
Quello della “stabilità” e degli “interessi supremi” del Paese è un aspetto che ha senz'altro influito sulla rapida conclusione della vertenza dopo mesi di stallo completo. Dopo che Bonomi, Landini, Furlan e Bombardieri avevano dato il loro appoggio incondizionato al presidente incaricato Draghi in nome dell'unità nazionale, Federmeccanica e Fiom, Fim e Uilm non potevano rimanere arroccati sulle proprie posizioni. Del resto i padroni delle aziende metalmeccaniche con il contratto passato hanno risparmiato tantissimo e alla fine hanno accettato di buon grado questo piccolo sforzo economico.
Cgil-Cisl-Uil hanno invece continuato a sacrificare gli interessi dei lavoratori proseguendo sulla strada del “Patto per la fabbrica”, ossia quel patto sociale che alla lotta di classe sostituisce il collaborazionismo con i padroni per risollevare le sorti del capitalismo italiano. Solo che hanno dovuto far passare questo accordo come un grandissimo risultato, visto anche le fortissime aspettative economiche dei lavoratori dopo che negli ultimi contratti erano stati ottenuti solo pochi spiccioli.
Nonostante l’apparenza che si sia dinanzi a un buon accordo dal punto di vista economico, la realtà è ben diversa. Anzitutto la durata contrattuale viene allungata: si parte da gennaio 2021 e si arriva a giugno 2024 (rispetto alla normale scadenza che sarebbe stata nel 2022). Un periodo troppo ampio che non tiene di conto dei vari fattori economici. Ad esempio dell'impatto che potranno avere gli oltre 200 miliardi di euro del Recovery Fund . Secondo alcuni economisti, per qualche tempo, ci potrebbe essere un innalzamento dell’inflazione dovuto all’effetto artificiale dell’introduzione di una tale massa di capitali liquidi senza un’effettiva crescita della produzione reale. Questo evento, qualora si verificasse, porterebbe a una drastica riduzione dell’effettivo potere d’acquisto dei lavoratori e spiegherebbe il consenso strappato a Federmeccanica sugli aumenti a tre cifre.
 

Peggiorato il nuovo inquadramento professionale
Questo non ci deve far pensare che queste briciole siano state ottenute senza concedere niente, tutt'altro! In cambio i padroni hanno incassato un nuovo inquadramento professionale che va a sostituire quello vigente. Anche in questo caso Cgil-Cisl e Uil cercano di presentarlo come una conquista, puntando l'attenzione sull'abolizione del livello d'ingresso, quello più basso. Questa “riforma” viene presentata come un ammodernamento “dell’inquadramento professionale adeguandolo alle profonde trasformazioni tecnologiche ed organizzative avvenute dal 1973”. Ma al netto di alcuni possibili aggiornamenti, è davvero un miglioramento assumere nuovi parametri voluti dai padroni sostituendo quelli che i metalmeccanici avevano conquistato in un periodo di forti mobilitazioni operaie?
Se per i lavoratori già in forza non cambierà molto, i nuovi assunti si troveranno davanti a un inquadramento molto più selettivo e flessibile. Già dai livelli più bassi occorrerà essere in possesso di competenze specifiche (“soft skill”), che schiacceranno operai e impiegati verso salari più bassi. I nuovi livelli non sono più legati alla mansione svolta e all’esperienza ma a presunte capacità del singolo, (autonomia, motivazione dei colleghi, conoscenza della lingua, apporto attivo ai processi produttivi, adattabilità, responsabilità ecc.), che favoriscono la discrezionalità dell'azienda e spingono al ridimensionamento del contratto unico a tutto vantaggio della contrattazione individuale, così come vogliono da sempre i padroni.
Infine ci sono altri aspetti preoccupanti e negativi come l'estensione degli enti bilaterali, sia nazionali sia aziendali, che hanno il compito di trovare soluzioni per favorire la produttività, il lavoro a distanza, la comunicazione tra dipendenti e padroni, la formazione professionale, l'ottimizzazione della produzione. Una conferma che la linea collaborazionista, neocorporativa e istituzionale di Cgil, Cisl e Uil non si ferma ma avanza spedita. Dulcis in fundo l'intenzione di spingere sull'alternanza scuola-lavoro, che praticamente fornisce manodopera giovanile gratuita ai padroni e dà loro un'arma potente per discriminare ancor di più la forza-lavoro da assumere.
Per tutti questi motivi diciamo no a questo accordo e invitiamo i lavoratori metalmeccanici a respingere questa intesa di contratto nelle assemblee che a breve si svolgeranno nei luoghi di lavoro.

17 febbraio 2021