Sviluppo Economico
Giancarlo Giorgetti (Lega)

Classe 1966, diploma da perito aziendale, laurea alla Bocconi, commercialista e revisore dei conti, Giancarlo Giorgetti ex sindaco di Cazzago Brabbia (Varese) è sposato con Laura Ferrari che nel 2008 ha patteggiato una condanna a 2 mesi e 10 giorni per una truffa di 400 mila euro ai danni della Regione Lombardia messa a segno attraverso iscrizioni fasulle ai corsi di equitazione per disabili in una Onlus.
Cresciuto nel Fronte della Gioventù, l'organizzazione giovanile fascista del Movimento Sociale Italiano (MSI) e lo testimoniano le numerose foto nelle quali Giorgetti saluta a braccio teso, diventa parlamentare leghista nel 1996.
Giorgetti, grazie alle sue parentele e amicizie altolocate, è stato poi protagonista di una fulminante ascesa politica. Nel 2000 il suo nome compare già tra i 15 dirigenti scelti da Bossi per la cosiddetta segreteria federale, con il ruolo di responsabile del settore economia. Subito dopo viene eletto presidente della commissione Bilancio della Camera (2001-2006 e 2008-2013) e dalle sue mani passano tutti i dossier più delicati di politica economica, compresa la manovra correttiva dei conti pubblici che nella convulsa estate del 2011 finì nel mirino dell’Unione Europea e della Bce e che di lì a poco provocò la caduta del governo Berlusconi-Tremonti e l'avvento di Mario Monti a Palazzo Chigi.
Durante il governo Berlusconi II è stato anche, dal 12 giugno al 21 giugno 2001, sottosegretario alle infrastrutture e ai trasporti e in seguito Presidente della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, dal 15 novembre 2013 al 22 marzo 2018.
Giorgetti è considerato l'ufficiale di collegamento fra la Lega e i cosiddetti “poteri forti” della finanza, l'uomo delle strategie, delle alleanze e trame di partito, nonché immancabile braccio destro di Salvini, sempre presente ai tavoli dove si decide la spartizione delle nomine e degli incarichi, con una influenza tale da far risuonare il suo nome come probabile premier dopo il fallimento del primo tentativo dei ducetti Di Maio e Salvini di andare al governo nel 2018.
 
E infatti nell'inchiesta sui 49 milioni di euro di rimborsi elettorali che la Lega ha fatto sparire all'estero, emerge il ruolo centrale di Giorgetti chiamato in causa soprattutto da Belsito, ex tesoriere leghista ora agli arresti, secondo il quale era principalmente lui che raccoglieva e gestiva i generosi fondi neri che imprenditori e anche aziende a partecipazione pubblica versavano alla Lega. Rapporti che probabilmente hanno fatto da “curriculum” nelle dinamiche parlamentari e istituzionali borghesi, che lo hanno portato alla carica di sottosegretario alla presidenza del consiglio del governo nero Salvini – Di Maio (Conte 1) nel 2018, potendo così continuare a giocare per interesse la partita delle centinaia di nomine da rinnovare negli enti pubblici e nelle partecipate, che rappresentano il più grande serbatoio di fondi neri per i partiti borghesi. Come dare al virus la responsabilità delle vaccinazioni.
L'immagine di Giorgetti, uomo schivo, riservato e pacato, sembra fare a cazzotti con l'iconografia fascista xenofoba e razzista di stampo leghista, e ha cominciato a fare capolino negli schermi televisivi solo dopo il risultato elettorale incassato dalla Lega il 4 marzo 2018.
Ma il motivo è semplice: Giorgetti è da sempre considerato l'eminenza grigia (omologo del Gianni Letta berlusconiano) in seno alla Lega che entra in campo ogni qualvolta c'è da piazzare un esponente leghista su una poltrona politica, istituzionale o nei consigli di amministrazione che contano: da Malpensa alla Fiera di Milano, da A2A ad Expo, Giorgetti “l’uomo delle nomine” del Carroccio ha sempre avuto un ruolo di primo piano, ivi compreso in quello di Finmeccanica grazie ai suoi stretti rapporti con “uomini di peso” come Giuseppe Orsi.
Non sorprende dunque che la ramazza di Salvini che ha spazzato via la vecchia dirigenza bossiana non lo ha nemmeno sfiorato. Sono cambiate le facce, gli slogan e perfino l'effige del partito; ma Giorgetti no. Non solo è rimasto, ma è diventato il braccio destro del caporione fascio-leghista che lo ha promosso vicesegretario federale del partito,
Insomma un autentico grimaldello dei leghisti per accedere nei piani alti dei palazzi romani e soprattutto sospettato di essere un massone in ottimi rapporti con l’ambasciata americana e “vicino” al club Bildenberg da quando nel 2013 è stato nominato da Giorgio Napolitano tra i dieci saggi incaricati di avanzare proposte programmatiche in materia economico-sociale e europea. Non a caso già nel 2009, come si legge nei dispacci diplomatici segreti rivelati da WikiLeaks, il consolato americano a Milano pronosticava un futuro da leader per Giorgetti, descritto come “sharp” e “well respected”, cioè scaltro e molto stimato.
Non è stato per lui secondario l'esser cugino di Gianluca e Massimo Ponzellini, quest'ultimo già uomo di Romano Prodi, poi di Giulio Tremonti, che da banchiere della Popolare di Milano è finito indagato e condannato per corruzione e finanziamenti illeciti; mentre il primo, Gianluca, commercialista di grande esperienza, in quasi mezzo secolo di carriera ha collezionato incarichi, molto spesso come membro del collegio sindacale, in grandi gruppi come Telecom Italia, Intesa San Paolo, Alitalia, Benetton.
Giorgetti è stato fra l'altro anche membro del consiglio di amministrazione della famigerata Credieuronord, l'istituto di credito voluto da Bossi per i suoi maneggi di tangenti. In questa veste il sottosegretario leghista ha lavorato a stretto contatto con Gianpiero Fiorani della Banca Popolare di Lodi, arrestato nel 2005 per le scalate bancarie dei “furbetti del quartierino”.
Lo stesso Fiorani nel 2004 recapitò nell’ufficio dell’allora presidente commissione Bilancio della Camera, Giorgetti, 100mila euro in contanti, occultati dentro una copia di Repubblica. Giorgetti restituì la mazzetta, ma non denunciò mai ai carabinieri il tentativo di corruzione. Tutto saltò fuori successivamente, nel 2006, quando Fiorani parlò davanti agli inquirenti e spiegò che quei 100mila euro consegnati a Montecitorio erano il generoso ringraziamento a Giorgetti per aver smussato l’ostilità dei leghisti verso l'allora governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio e per la scalata di Antonveneta.
Certamente le sue note altolocate amicizie e parentele non solo col mondo politico ma anche e soprattutto con quello imprenditoriale, bancario e dell'alta finanza, hanno rappresentato un motivo in più per Draghi, da Giorgetti stesso definito “Un fuoriclasse che non può stare in panchina”, per conferirgli il ruolo chiave di Ministro dello Sviluppo Economico, così come lo sono senz'altro la sospetta affiliazione alla massoneria e al club Bildenberg, che cercano di coprire le sue colpe relative alla corruzione e alla sua giovinezza “orgogliosamente” fascista e mai rinnegata.

24 febbraio 2021