Lavoro e politiche sociali
Andrea Orlando (PD)

L'attuale vicesegretario del PD, è il nuovo ministro del Lavoro e delle Politiche sociali del governo del banchiere massone Draghi. Prende il posto di Nunzia Catalfo (M5Stelle). Nato nel 1969 a La Spezia, ha avuto un percorso simile a tanti altri esponenti che provengono dalle fila del PCI revisionista.
Orlando comincia a fare politica molto presto. Nel 1989, a vent’anni, è segretario provinciale della Federazione Giovanile Comunista Italiana. Un anno dopo è eletto nel consiglio comunale di La Spezia nelle file del PCI. Dopo la liquidazione del partito revisionista, è rieletto con il PDS, di cui diviene capogruppo nel consiglio comunale della sua città nel 1993. Due anni dopo è segretario cittadino del partito. Nel 1997, primo degli eletti in consiglio comunale, è nominato assessore dal sindaco di La Spezia Giorgio Pagano, prima alle attività produttive e poi alla pianificazione territoriale, incarico che svolge sino alle elezioni del 2002.
Nel 2000, entra a far parte della segreteria regionale dei DS e nel 2001 diventa segretario provinciale; poi, nel 2003, è chiamato alla direzione nazionale del partito da Piero Fassino, prima con il ruolo di vice responsabile dell’organizzazione, poi come responsabile degli enti locali. Nel 2006 entra a far parte della segreteria nazionale del partito. Quello stesso anno si candida alle Politiche ed è eletto nelle liste de L’Ulivo. Allo scioglimento dei Ds, aderisce al PD, diventando responsabile dell’organizzazione nella segreteria nazionale del segretario Walter Veltroni.
Nel 2009 Pier Luigi Bersani, neoeletto segretario Dem, lo nomina presidente del Forum Giustizia del partito, incarico che mantiene fino alla sua prima nomina a ministro. Questa lunga esperienza gli servirà per farsi strada in questo campo, conquistandosi la fama di garantista.
Dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014 è stato alla guida dell'Ambiente, tutela del territorio e del mare del governo Letta che cadrà a causa della spallata del suo collega di partito Renzi che gli subentrerà. Ma Orlando rimane in sella perché il nuovo presidente del Consiglio lo riconfermerà, anche se lo metterà in un altro dicastero, quello della Giustizia, che presiederà anche con l'esecutivo guidato da Gentiloni. In fondo è il posto più consono alle sue competenze.
Raggiunge questa posizione grazie anche alle pressioni del rinnegato Napolitano (allora presidente della Repubblica) e da Berlusconi che lo preferiscono al pm antimafia di Reggio Calabria Nicola Gratteri, meno affidabile e malleabile rispetto a un “garantista” come lui, che infatti ricevette subito il nulla osta di Forza Italia che si stava battendo per sottrarre il suo presidente ai processi e sottomettere la magistratura al potere politico.
La legge sulla responsabilità civile dei magistrati, voluta dalla P2 di Licio Gelli e inseguita senza successo da Berlusconi e da tutta la destra, si realizzo con Renzi premier e Orlando ministro. Studiata apposta per mettere la mordacchia ai magistrati e consegnare in mano a imputati “eccellenti”, politici corrotti e mafiosi una micidiale arma di ricatto e di intimidazione.
Altra perla il provvedimento, di chiaro stampo fascista, xenofobo e razzista che porta le firme dell'allora ministri degli Interni Minniti e della Giustizia Orlando, che reintroduce di fatto i tribunali speciali di mussoliniana memoria per espellere i migranti richiedenti asilo politico. Un decreto che configura per gli stranieri una giustizia minore, con “sezioni speciali” riservate ai migranti e che restringe i tre normali gradi di diritto e introduce il reato di “immigrazione clandestina”.
Nel 2019 è uno dei due vice di Zingaretti, in teoria a rappresentare la sinistra del PD. Nella pratica però abbiamo visto che ha sempre avuto ottimi rapporti con i leader della destra, a partire da Berlusconi. Adesso, nelle vesti di Ministro del Lavoro, ha ricercato subito un dialogo con Cgil-Cisl-Uil, nel tentativo di trovare collaborazione nell'affrontare i difficili dossier che lo attendono.

24 febbraio 2021