8 Marzo contro il governo del banchiere massone Draghi
Per l’emancipazione delle donne e la difesa dei loro diritti e interessi, per la parità di genere, per il socialismo e il potere politico del proletariato

di Monica Martenghi*
Questo 8 Marzo 2021 assume un'importanza ancora più grande perché c'è veramente bisogno di fare il punto e accendere i fari sulla condizione femminile dopo un anno di pandemia sanitaria e crisi economica e sociale devastante, dopo la nascita del governo del banchiere massone Draghi, per stabilire il da farsi nell’immediato e nel prossimo futuro.
Dobbiamo essere eternamente grati alla Conferenza internazionale delle donne comuniste che cento anni fa, nel 1921, istituì l'8 Marzo per ricordare la grande manifestazione delle donne di Pietrogrado, l'8 Marzo 1917, che contribuì a creare le condizioni della Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre.
L’8 Marzo era nato in un primo momento come Giornata internazionale delle donne istituita nel 1910 dalla Conferenza delle donne socialiste di Copenaghen per ricordare il martirio delle 129 operaie della Cotton di New York morte due anni prima nell’incendio della fabbrica in cui il padrone le aveva rinchiuse. A promuoverla furono le marxiste-leniniste russe ed europee ispirate da Lenin.
E grazie a loro che abbiamo ereditato una giornata di riflessione e di lotta così importante per le masse femminili italiane e di tutto il mondo. Per molti anni, via via che il PCI revisionista si spostava a destra, l'8 Marzo si è scolorito perdendo la sua impronta di classe, fino a diventare una festa consumistica e privata piccolo borghese. Solo da qualche anno, su iniziativa encomiabile del Movimento NonUna di Meno, l'8 Marzo è tornato a essere una giornata di lotta, pur senza il carattere di classe proletario e rivoluzionario delle origini, e le donne, specie le giovani, sono ritornate fieramente in piazza.
Anche per quest'anno, nonostante le restrizioni imposte al diritto di sciopero, il Movimento NUDM lo ha indetto e i sindacati non confederali hanno già meritoriamente offerto la loro copertura sindacale. Noi ci auguriamo che gli altri sindacati confederali vi aderiscano e soprattutto che vi partecipino massicciamente le operaie e le lavoratrici che possono così riequilibrare all’interno del movimento femminile il rapporto attualmente a favore della componente piccolo borghese e il rapporto fra diritti sociali e diritti civili.
 

Le donne e la pandemia
Le masse femminili sono state le principali vittime della pandemia, quelle che hanno dovuto sopportarne il maggior peso economico, familiare e sanitario. Il nostro pensiero va innanzitutto alle donne che sono morte, contagiate, ricoverate, o che comunque hanno sofferto per la morte e la malattia di padri, fratelli, partner e figli. Va a quelle lavoratrici che sono state contagiate sul luogo del lavoro che secondo l'Inail rappresentano il 69,6% di tutti i lavoratori contagiati. A quelle donne che sono state in prima linea e lo sono tutt'ora a combattere il virus e la mancanza di adeguati personale e strumenti sanitari, negli ospedali e nelle RSA come medici, infermiere, addette ai servizi, nelle farmacie e nei servizi di assistenza e di volontariato. Senza contare le lavoratrici del commercio, dei supermercati, delle pulizie che hanno raddoppiato il loro impegno e il loro orario per garantire l'igiene, la sicurezza e tutto l'essenziale al nostro popolo.
La crisi sanitaria ed economica ha avuto effetti assai maggiori sull'occupazione e le prospettive di impiego delle lavoratrici. Su 444 mila posti di lavoro bruciati nel 2020, 312 mila sono posti di lavoro femminili. Solo nel mese di dicembre sono stati persi 99 mila posti di lavoro femminili a fronte dei 101 mila complessivi, il 98%. C'erano voluti undici anni, dal 2008 al 2019 per creare 89 mila posti per l'occupazione femminile. Ai posti di lavoro persi ufficialmente andrebbero poi aggiunti le migliaia di lavoratrici occupate a nero e con contratti irregolari. Il blocco dei licenziamenti, che comunque a fine marzo scadrà per tutti, e i vari ammortizzatori sociali non sono serviti a tamponare nemmeno temporaneamente la perdita di lavoro precario, a tempo determinato, stagionale, a chiamata, a contratto, a nero che caratterizza strutturalmente l'occupazione femminile. Un terzo delle donne occupate prima della pandemia era a tempo determinato, contro il 9% degli uomini. Il 44% di questi contratti a tempo femminili era pure a part-time.
Le donne sono la minoranza degli occupati. Il tasso d'occupazione femminile è tra i peggiori in Europa, sotto il 50% (75,1% quello degli uomini). Sono anche quelle maggiormente occupate (circa l'85% di tutte le lavoratrici) nei settori “deboli” e più colpiti dalla crisi economica come i servizi, l'istruzione, l'assistenza, il turismo, l'alloggio, la ristorazione e il commercio, con qualifiche più basse e stipendi inferiori.
Un terzo delle lavoratrici occupate lavorano a part-time. Non per libera scelta. Secondo il rapporto Censis 2019 il 60,2% delle donne che lavorano a part-time si colloca nel cosiddetto “part time involontario”: per l'impossibilità di trovare un lavoro a tempo pieno oppure per la necessità della cura di bambini e di adulti non autosufficienti.
Da un'indagine condotta nella regione Piemonte a dicembre 2020, emerge che durante la pandemia l'11% delle donne è stata costretta a lasciare il lavoro per seguire i figli in Didattica a distanza (Dad).
In questo modo non solo ha drasticamente diminuito l'indipendenza economica delle donne in famiglia e nella società, ma ha gettato tante di loro nella povertà più assoluta. Secondo l’Istat sono 2 milioni 277mila le donne che vivono in condizioni di indigenza, più numerose - in termini assoluti - di minori, giovani e anziani. Secondo dati dei centri Caritas è salito dal 50 al 55% l'accesso delle donne durante la pandemia. Di queste l'85% ha figli, il 20% è separata o divorziata in condizioni di bisogno e prive dei mezzi necessari a pagare le utenze, il cibo, gli strumenti per far studiare a distanza i figli. Povere sono anche quelle donne che hanno visto decurtare le proprie entrate dalla CIG o dalla Naspi
Il gap salariale e delle pensioni fra donne e uomini, che già in precedenza si aggirava intorno al 18%, è destinato ad aumentare.
La chiusura delle scuole e dei centri diurni per le persone non autosufficienti ha aumentato a dismisura la mole di lavoro domestico e di cura nella famiglia. Una mole di lavoro che ricade principalmente se non totalmente sulle donne. Già le donne passano una media di 4,1 ore al giorno per i lavori domestici e di cura in famiglia, contro 1,7 ore dedicati dagli uomini.
Ancor prima della pandemia, nel 2019, secondo l'ispettorato del lavoro italiano erano aumentate le dimissioni delle lavoratrici che avevano avuto da poco dei bambini. La situazione è ulteriormente peggiorata con il lavoro a distanza e la Dad.
Gli asili nido in Italia sono 11.017 e coprono appena il 24% della domanda, ossia dei bambini sotto i 3 anni. Persino l'UE aveva fissato una quota minima del 33%. Ancor più profonda la differenza fra Nord e Sud, con la Calabria e la Sicilia che raggiungono la copertura solo del 15% della domanda e la Campania che copre appena il 7,6% delle esigenze. Senza contare il rapporto pubblico/privato che specie al sud è in pratica ribaltato. Già in Umbria le strutture private prevalgono su quelle pubbliche. In Calabria però ben il 73% degli asili nido sono a gestione privata.
La cultura maschilista e patriarcale propria della classe dominante borghese continua a mietere vittime di violenza fisica e psicologica fra le donne e le persone LGBT*QIA+. La forzata chiusura dentro le mura domestiche ha favorito l’escalation della violenza maschile sulle donne soprattutto in famiglia. Nei mesi del lockdown di marzo e aprile 2020 il 50% degli omicidi sono stati femminicidi. 212 donne uccise nel 2020; già 11 dall'inizio del 2021. Nel 90% dei casi gli omicidi sono stati commessi all’interno delle mura domestiche, in ambito familiare, per mano di mariti, fidanzati, conviventi o ex partner.
 
Le donne e il governo Draghi
La crisi sanitaria, economica e sociale in corso ha arretrato di diversi anni la condizione femminile e ha approfondito il solco delle disuguaglianze e delle disparità di genere.
In questa situazione il governo Draghi non è certo la salvezza ma una vera iattura per le donne. Innanzitutto perché come dimostra la storia, nessun governo borghese ha mai fatto veramente gli interessi delle masse femminili; in secondo luogo perché, come denuncia il Documento del Comitato centrale del PMLI: “Il nuovo governo, che succede a quello del trasformista liberale Giuseppe Conte, affossato da Italia Viva di Matteo Renzi, è una disgustosa ammucchiata dei partiti della destra e della ‘sinistra’ borghesi attorno al banchiere massone Mario Draghi. Esso è il risultato di un golpe bianco del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il quale senza consultare i partiti del parlamento ha assegnato, attraverso Draghi, il potere politico direttamente alla grande finanza e all'Ue imperialista. Un avvenimento che non ha precedenti, nemmeno nei governi Ciampi e Monti”.
Draghi è l’osannato campione del capitalismo, della finanza italiana e internazionale, dell'Ue imperialista, delle banche e della massoneria, delle privatizzazioni, dei tagli allo “Stato sociale” e del “pareggio di bilancio”. Non può essere anche il campione delle masse sfruttate e oppresse, a cominciare da quelle femminili.
Nel suo discorso al Senato Draghi ha dedicato un capitolo alla “parità di genere” allo scopo di attirarsi l'appoggio e il consenso delle masse femminili. Guarda caso però nel suo governo le donne sono una netta minoranza e tutte di collocazione partitica o di ispirazione ideologica e culturale di destra e cattolica, molto vicine o attigue a Comunione e liberazione. Al di là delle parole, non possiamo certo ignorare che si tratta di un governo appoggiato da partiti che hanno fatto del familismo e del maschilismo mussoliniano il fondamento della propria politica sociale e femminile. E anche Draghi non si discosta da questa concezione. Ha infatti parlato soprattutto di rimuovere gli ostacoli alla carriera delle donne, certo di far contente le donne della media e grande borghesia che sgomitano per raggiungere posti di potere nel sistema capitalistico, ma non ha speso parole certe per la piena occupazione femminile, né ha parlato di sanità, scuola, università, servizi sociali pubblici e universali, specie per il Mezzogiorno, che sono le vere emergenze per le masse femminili. Al contrario ha sostenuto la “parità di condizioni competitive tra generi”, prefigurando politiche finalizzate alla conciliazione fra lavoro fuori e dentro casa che già oggi nel concreto significa lavoro di serie B, a part-time, a intermittenza, precario, a tempo determinato, con salari più bassi e in settori più dequalificati e “poveri”. E per quanto riguarda i servizi si è limitato a un generico e si suppone misto o addirittura a prevalenza privato “sistema di welfare”.
 
Per un grande fronte antidraghiano e anticapitalista
Stando così le cose le operaie, le lavoratrici, le masse femminili sfruttate e oppresse non possono che stare all'opposizione del governo del banchiere massone Draghi.
Noi auspichiamo che le donne dei partiti con la bandiera rossa e la falce e martello, le proletarie, le anticapitaliste, le ragazze di sinistra del movimento studentesco e in ogni altro movimento, le intellettuali democratiche antidraghiane siano in prima fila nel rispondere al calorosissimo appello del CC del PMLI per la costruzione “il più rapidamente possibile di un largo fronte unito di tutte le forze politiche, sindacali, sociali, culturali, religiose antidraghiane”.
Dobbiamo dare del filo da torcere a questo governo perché solo così è possibile strappare misure a difesa dei diritti e degli interessi delle masse femminili e di tutto il nostro popolo. Nell'immediato, come ha indicato il Comitato centrale del CC del PMLI, è interesse comune dell'intero proletariato femminile e maschile e delle masse popolari, battersi per: “Bloccare permanentemente i licenziamenti, dare salario pieno per la cassa integrazione, proseguire con la cassa integrazione Covid finché dura la pandemia, ripristinare l'articolo 18, estendendolo anche alle aziende con meno di 15 dipendenti, dare 1.200 euro al mese ai senza reddito e ammortizzatori, “ristori” adeguati, assicurare il diritto di sciopero e di manifestazione durante la pandemia e abrogare i decreti di sicurezza. Dobbiamo batterci perché la maggioranza delle risorse, il 75%, del ‘Recovery plan’, sia concentrata sul Sud d'Italia con le priorità di lavoro, sanità e scuola rispettando la parità di genere”.
 
La nostra piattaforma
Tutte queste rivendicazioni vanno nel senso della battaglia per l'emancipazione delle donne, per la difesa dei loro diritti e interessi e la parità di genere. Per noi marxisti-leninisti le due leve fondamentali dell'emancipazione delle donne sono il lavoro e la socializzazione del lavoro domestico. Due grandi battaglie strategiche che non potranno essere vinte completamente fermo restando il sistema capitalistico ma che avranno bisogno della conquista del socialismo e del potere politico da parte del proletariato per realizzarsi pienamente e stabilmente. Intanto possiamo però batterci con tutte le nostre forze per un lavoro vero che deve essere a tempo pieno, a salario intero e sindacalmente tutelato per tutte le donne. In questo quadro dobbiamo respingere sul nascere l'ipotesi di rendere permanente il ricorso al lavoro a distanza che resterà appannaggio esclusivo delle donne murandole vive nelle case, senza più confini fra lavoro e riposo, fra lavoro retribuito e lavoro familiare e domestico, ghettizzandole e isolandole socialmente, sindacalmente e politicamente. Il lavoro a distanza rappresenta la riedizione, in chiave moderna e tecnologica, del lavoro a domicilio che per decenni ha usato il capitalismo per supersfruttare la forza lavoro femminile pur continuando a schiavizzarle nel lavoro domestico e familiare a tempo pieno. Occorre mettere fine alla politica dei bonus e dei voucher che riflettono una concezione privatistica e familista del Welfare e rivendicare al contrario la costruzione di una fitta rete di servizi sociali, sanitari e scolastici pubblici in tutto il territorio nazionale, a partire dal Mezzogiorno. Bisogna battersi per il diritto alla casa per tutti; per una sanità pubblica, universale, gratuita, territoriale; per un'assistenza sanitaria e sociale pubblica, universale e gratuita e di prossimità che non deve puntare sulla domiciliarità intesa come scaricare sulle famiglie tutto il peso dell'assistenza agli anziani e ai disabili; per il diritto alla salute delle donne, per sviluppare la medicina di genere, consultori pubblici autogestiti in tutte le città; il diritto per tutti, ivi compresi le coppie di fatto, omosessuali e singoli, ad accedere gratuitamente alla fecondazione assistita” “omologa” e non, alla “maternità surrogata” nelle strutture pubbliche; divieto di avvalersi dell’“obiezione di coscienza” da parte dei medici; per la libertà di aborto per le minorenni nelle strutture pubbliche senza il consenso dei genitori o del giudice tutelare; per nuovi farmaci, terapie e biotecnologie gratuiti e accessibili a tutti a cominciare dai farmaci e dai vaccini anticovid che devono essere riconosciuti come beni comuni e liberati dai vincoli dei brevetti; per il diritto all'eutanasia; per la piena assistenza pubblica e gratuita ai disabili; per il finanziamento diretto dei centri antiviolenza autogestiti dalle donne stesse e per la loro costruzione dove non esistono; per misure che garantiscano con certezza la sicurezza sul lavoro e la sicurezza e la salute ambientale. Occorre richiedere l’abrogazione della “riforma Fornero” e delle controriforme delle pensioni che l'hanno preceduta, ripristinando un sistema pensionistico pubblico, universale, unificato, a ripartizione, e istituendo la pensione a 60 anni per gli uomini e 55 per le donne. Occorre combattere la povertà delle donne respingendo l’elemosina del fallimentare “Reddito di cittadinanza” rivendicando l’aumento dei salari e delle pensioni, il lavoro per le disoccupate e le inoccupate, l’eliminazione della precarietà e la gratuità dei servizi sociali, sanitari e assistenziali pubblici.
Occorre battersi per l’abrogazione dei decreti Sicurezza e contro il ddl Pillon. Occorre anche respingere il pacchetto denominato “Family Act” fatto approvare dal precedente governo dalla riconfermata ministra renziana e cattolica Elena Bonetti. Perché rappresenta un pacchetto di misure esclusivamente a sostegno delle famiglie, peraltro escludendo le famiglie dei migranti, e perché rappresenta, per dirla con le parole dell’ex premier trasformista liberale Giuseppe Conte, uno “Strumento per conciliare la famiglia al lavoro, soprattutto per le donne”, ossia per ribadire la tradizionale concezione cattolica e borghese del lavoro femminile come accessorio e subordinato alla “primaria” e “naturale” missione familiare delle donne.
Su questa piattaforma o parte di questa siamo sicuri che operaie e lavoratrici dei vari settori, studentesse, donne della piccola borghesia possono trovare un'unità di azione politica e sindacale per tutelare, difendere e realizzare i diritti e gli interessi delle masse femminili.
 
Per l'emancipazione femminile e il socialismo
“Per noi marxisti-leninisti italiani – sottolineava il Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi nel 2004 - l'8 Marzo è il ricordo perenne della necessità dell'emancipazione femminile, senza di che non ci potrà mai essere emancipazione del proletariato e dell'intera umanità. Un processo epocale che passa inevitabilmente dalla conquista del potere politico da parte del proletariato e dalla realizzazione del socialismo e del comunismo. Noi non ci sentiremo mai appagati finché le donne non godranno gli stessi diritti degli uomini, in teoria e in pratica, nella giurisprudenza e nella legislazione come sul piano materiale ed economico, nella morale e nella pratica, ovunque nelle istituzioni, nelle professioni, nell'istruzione, nella famiglia, nei partiti, nei sindacati e nei movimenti”.
Con questo immutato spirito proletario rivoluzionario celebriamo l'8 Marzo contro il banchiere massone Draghi, per l'emancipazione delle donne e la difesa dei loro diritti e interessi, per la parità di genere, per il socialismo e il potere politico del proletariato!
Buon 8 Marzo, alle nostre compagne, militanti e simpatizzanti del PMLI, e a tutte le marxiste-leniniste italiane e del mondo intero!
Buon 8 Marzo alle masse femminili di tutto il mondo e in particolare alle donne polacche e argentine che da mesi stanno presidiando le piazza dei loro paesi in difesa del diritto di aborto!
Buon 8 Marzo a voi operaie, lavoratrici, pensionate, disoccupate, cassintegrate, precarie, migranti, studentesse che subite ogni giorno le angherie del regime e del capitalismo ma continuate con coraggio a difendere i vostri diritti e quelli di tutto il popolo nelle fabbriche, nei campi, negli uffici, nelle scuole, nelle università e nelle piazze!
Uniamoci in un grande fronte unito antidraghiano e anticapitalista!
Uniamoci per conquistare il socialismo e il potere politico del proletariato!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
 
* Responsabile della Commissione donne del CC del PMLI

3 marzo 2021