Sfida militare e commerciale tra le superpotenze imperialiste
Usa, Cina e Russia si contendono il controllo dell'Artico
Biden dispiega per la prima volta bombardieri B-1 in Norvegia. La Cina si definisce uno Stato “quasi-Artico” e alla sua Belt and Road aggiunge una via della seta polare

 
L'agenzia spaziale russa Roscosmos annunciava il 28 febbraio il lancio dal cosmodromo di Baikonur, in Kazakistan di un razzo vettore Soyuz per la messa in orbita del primo satellite dedicato alla sorveglianza climatica dell'Artico. Ci vorrà almeno un altro satellite, rendeva noto l'agenzia, per rendere pienamente operativo il sistema Arktika per sorvegliare dallo spazio il clima e l'ambiente della regione. Una sorveglianza dedicata alla verifica degli effetti negativi del riscaldamento globale che scioglie i ghiacci e libera vie di navigazione e territori ma è una sorveglianza dedicata non tanto alla cura della salute del pianeta quanto al monitoraggio della regione e delle possibilità di un più facile sfruttamento economico dell'Artico che si prospettano. L'Oceano artico nasconde risorse enormi, di metalli e minerali rari ma soprattutto di gas e petrolio, il cui sfruttamento dalla Russia è da tempo definito strategico e da difendere dalle mire dei concorrenti imperialisti affacciati su questo oceano, anzitutto dagli Usa, dai paesi europei e di recente financo dalla Cina entrata dalla porticina che gli ha aperto Vladimir Putin in nome della cooperazione costruita tra Mosca e Pechino. Anche l'Artico, che cela un tesoro di riserve di combustibili fossili stimate in circa il 40% di quelle mondiali, è oramai entrato a pieno titolo nella contesa tra i maggiori paesi imperialisti Usa, Cina e Russia che se ne contendono il controllo.
Le risorse che la Russia già ricava dall'Artico coprono il 10% del PIL e il 20% delle esportazioni e il Cremlino punta a tenere sotto controllo e ampliare lo sfruttamento di quella miniera d'oro a nord del Circolo Polare anche oltre le proprie 200 miglia nautiche, come previsto dal diritto del mare, a partire dalla posizione geografica che le assegna la porzione più vasta. Nel documento “Sui fondamenti della politica nazionale della Federazione Russa nell’Artico fino al 2035”, firmato lo scorso anno dal presidente Putin, si ribadisce la volontà del “mantenimento della sovranità e dell’integrità territoriale della Federazione” sui territori e sulle acque dell’Artico, difesi dalle forze della guardia costiera e di frontiera dislocate nelle basi già esistenti e alle quali sarà affiancato un nuovo corpo appositamente creato in seno alle Forze Armate. La militarizzazione della regione da parte di Mosca è già in atto da almeno un paio di anni, da quando sono state evidenziate da Usa e Nato l'aumento delle esercitazioni militari e delle missioni delle pattuglie aeree di sorveglianza; il Cremlino non lo negava e lo definiva come necessario a fronte delle crescenti attività della NATO e degli Stati Uniti nell’Artico e nell’Atlantico settentrionale. Due regioni entrate a pieno titolo nella sfida militare e commerciale tra le superpotenze imperialiste.
Nel confronto con la Russia è divenuta sempre più attiva la Norvegia che ha una partita aperta dalle storiche divergenze con Mosca su uso di terrori e risorse marine delle isole Svalbard, le terre abitate più a nord del pianeta nel mare Glaciale Artico. Grazie ai giacimenti petroliferi nel Mare del Nord la Norvegia è diventata primo produttore di petrolio dell’Europa occidentale e ottavo produttore mondiale di gas naturale, un concorrente della Russia che proprio pochi mesi fa lanciava l'allarme per attività di spionaggio da parte di Mosca e Pechino sulle tecnologie adoperate nei settori energetico e del gas.
Non è un caso che il presidente americano Biden abbia disposto lo spiegamento per la prima volta di bombardieri B-1 in Norvegia, una iniziativa avviata probabilmente dall'amministrazione Trump e portata a termine senza ripensamenti dal nuovo inquilino della Casa Bianca. Agli inizi di febbraio quattro bombardieri e circa 200 militari sono stati trasferiti dalla Dyess Air Force in Texas alla base di Orland in Norvegia da dove partiranno le missioni nel Circolo Artico e ai bordi dei territori della Russia. I bombardieri non servono tanto a garantire la difesa dell'alleato Nato quanto a premere sul Cremlino affinché non limiti la libertà di circolazione nell'Artico, una missione simile a quella delle navi militari che operano nel Mar Meridionale Cinese contro l'espansionismo della Cina.
Proprio negli ultimi anni anche i socialimperialisti cinesi si sono conquistati uno spazio per poter partecipare alla contesa sulle ricchezze della regione. Ha occupato un posto come paese osservatore nel Consiglio artico, il forum che coordina la cooperazione internazionale nell’Artico costituito dai paesi affacciti sul Mare Artico. I paesi membri sono Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Federazione Russa, Svezia e Stati Uniti d'America, gli osservatori sono Olanda, Polonia, Regno Unito, Francia, Germania, Spagna, Italia e Cina. L'interesse di Pechino verso la regione è iniziato da più di una decina di anni e ha conosciuto una recente accelerazione nelle attività legate a questioni ambientali, ricerca scientifica, navigazione, rilevamento e sviluppo delle risorse naturali che sono quelle di competenza del Consiglio artico sotto la spinta del nuovo imperatore Xi Jinping e dell'intesa da lui costruita con Putin. La Cina si è quindi definita uno Stato “quasi-Artico” e alla sua Belt and Road sempre più ramificata che avvolge il globo ha aggiunto una via della seta polare.


10 marzo 2021