Su iniziativa dei partiti fascisti FdI, Lega e FI
Il consiglio regionale del Veneto taglia i fondi alle associazioni che non accettano la “verità ufficiale” sulle foibe
Protestano gli Istituti per lo studio della Resistenza
Abolire il Giorno del ricordo

 
 
“Può esistere una verità storica di Stato sancita da un organo legislativo?”. Questa è la domanda che si fa la giornalista Simonetta Fiori che sulle colonne di Repubblica ha toccato il tema con un interessante articolo. È veramente grave e inquietante che questa domanda se la sia posta solo Repubblica , mentre tutta la restante stampa nazionale – incluse le TV – siano state silenziosamente in disparte disinteressandosene con uno scrollar di spalle.
 

La mozione del Consiglio regionale veneto
In sostanza il 24 febbraio il consiglio della regione Veneto, a ricalco di un’analoga mozione approvata nel 2019 in Friuli-Venezia Giulia, ha approvato una mozione con la quale si chiede alla giunta di sospendere “ogni tipo di contributo a favore di quelle associazioni che si macchiano di riduzionismo o di negazionismo nei confronti delle foibe e dell’esodo istriano, fiumano e dalmata”, fissando i parametri numerici per escludere gli studiosi non allineati in 12 mila infoibati e 350 mila italiani costretti all’esodo.
Non paghi di questa raccapricciante proposta, di stampo e modalità fascista, oltre che nei contenuti, i cinque consiglieri veneti firmatari della mozione in massima parte di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, pretendono che l’interpretazione, la sola possibile, unica e “vera” di quegli eventi, sia definita come "pulizia etnica" e "genocidio", per poter poi richiamare nel testo il reato penale previsto dalla legge contro chi nega la Shoah degli ebrei durante il secondo conflitto mondiale.
Nei fatti, chi non si allinea su questo tema che rimane il cavallo di Troia principale per la riabilitazione del fascismo e del colonialismo mussoliniani, non riceverà più alcun contributo per le proprie ricerche. Non solo. Sarà anche etichettato come “negazionista”, termine oltremodo diffuso che ha preso campo negli ultimi anni e che viene utilizzato spesso dai partiti borghesi e dai governi per identificare e screditare tutti coloro che hanno posizioni diverse da quelle di regime su tantissimi temi fra i quali appunto – e ne abbiamo sentita la canea istituzionale trasversale un mese fa – il Giorno del ricordo e le foibe. Nel frattempo il governatore del Veneto, il fascioleghista Luca Zaia, sull'argomento nicchia, probabilmente sorridendo sotto i baffi.
Come accaduto a Genova poche settimane fa quanto è stata istituita l'anagrafe anticomunista nella città Medaglia d'Oro alla Resistenza, la strategia rimane la stessa. Infatti il 23 febbraio il consiglio veneto ha approvato a maggioranza due mozioni; la numero 17 intitolata “Mai più: iniziative per l'affermazione dell'antifascismo delle istituzioni regionali” (è ancora vivo nella memoria il ricordo dell'assessora all'Istruzione Elena Donazzan che canta “Faccetta Nera” in un noto programma radio) e la 29 oggetto di questo articolo, entrambe inserite con una coincidenza temporale che sa tanto di demagogica e antistorica “par condicio istituzionale”.
Da un lato dunque si condanna (solo a parole e genericamente) il fascismo, mentre in realtà vengono “istituzionalizzati” i fascisti del XXI secolo , dall'altro si tenta di tingere di nero la storia che si intende lasciare in mano solo a narrazioni revisioniste e per di più impregnate da memorie di matrice fascista.
 

Le proteste dell'Istituto Parri e degli ISR
La mozione ha provocato l’indignazione di numerosi storici dei principali Atenei veneti, e soprattutto degli ISR, gli Istituti per lo studio della Resistenza, che sono nei fatti i più colpiti dal provvedimento, i quali hanno inviato assieme a 200 ricercatori e studiosi una lettera al presidente Mattarella per richiamare la sua attenzione su quella che viene definita “una tendenza pericolosa di manipolazione politica della storia”, un rischio gravissimo “per la libertà di ricerca, per il libero dibattito scientifico, e più in generale per la libertà di espressione nel nostro Paese”.
Al centro della critica – che pare un azzardato paradosso se considerato l'ultimo intervento nel quale il presidente della Repubblica sposa appieno le testi revisioniste e fasciste sulle vicende del confine Orientale - vi è il metodo inaccettabile del fissare a priori i risultati di un’investigazione che deve invece restare aperta, e l'aggravante delle cifre indicate dai consiglieri fascisti veneti che sono enormemente distanti dagli esiti anche di quelle ricerche storiche considerate “più attendibili” dagli stessi intellettuali borghesi che puntano alla inaccettabile per noi “memoria condivisa”.
La mozione quindi fa un ulteriore passo in avanti verso la riscrittura della storia (già compromessa) in chiave revisionista, mettendo sotto accusa anche un testo come il Vademecum per il Giorno del ricordo, frutto del lavoro dell’Istituto storico della Resistenza del Friuli-Venezia Giulia diretto da Raoul Pupo, già invitato al Quirinale nel 2012 dall'allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano come relatore ufficiale in occasione delle celebrazioni del Giorno del ricordo (e questo la dice lunga sulla sua visione della vicenda), che viene preso ad esempio anche dai vertici moderati e poco inclini al conflitto istituzionale, come la stessa ANPI nazionale che a oggi non troviamo nell'elenco dei firmatari di questo importante documento.
Lo stesso Raoul Pupo parla però di “china pericolosa”, affermando che “alterando la rappresentazione di una tragedia si finisce per fare il gioco dei negazionisti” che secondo lui esistono – seppur isolati - e che identifica nei centri sociali e addirittura nelle “fiammate di qualche singola sezione dell'ANPI”.
“Non è negazionista - continua - la ricerca storica che approda a risultati diversi rispetto a quelli rivendicati dalla destra nazionalista e riportati nella mozione”, e su questa scia risponde ai consiglieri fascisti veneti ridimensionando il numero degli “italiani” infoibati dai partigiani di Tito nel 1943 e nel 1945, respingendo anche il numero degli esuli poiché da un censimento del 1936-39 emergeva che nelle terre dell’esodo vi fossero in tutto 270 mila italiani.
Tutti concordano che sia una una follia parlare di "pulizia etnica" e di “genocidio” poiché la nazionalità italiana sarebbe stata un’appartenenza politica e culturale e non un fatto di sangue.
 

La destra fascista tenta di riappropriarsi della storia con l'appoggio istituzionale
La giornalista di Repubblica si chiede a cosa serva oggi “riattizzare l’incendio intorno a vicende sulle quali negli ultimi anni è stata elaborata una memoria pacificata, condivisa dalle diverse parti allora in conflitto”.
Le risponde Guido Crainz, dell'Università di Teramo, e firmatario della lettera a Mattarella, che afferma: “A una memoria europea riconciliata hanno contribuito l’allora presidente Giorgio Napolitano e più di recente Mattarella, artefice del viaggio a Trieste insieme al presidente sloveno Borut Pahor. Quella di oggi mi sembra un’offensiva fuori stagione, ma pericolosa, da parte di Fratelli d’Italia e di una destra ancora più estrema che le sta al fianco”.
Anche Crainz vede dunque nell'operazione “il tentativo di riappropriazione di quella storia da parte di una destra nazionalistica che si erge a tutrice di una memoria esclusiva”; purtroppo, quello che non vede Crainz, come non vedono tanti storici intellettuali e partiti che si ritengono “antifascisti”, è che proprio dietro a quella “memoria riconciliata” che pare apprezzare, così come alla inaccettabile “pacificazione” fra vittime e carnefici si nasconde la fonte con la quale si abbevera e prende forza sia il revisionismo storico sia l'anticomunismo più sfegatato e sia il dilagare dei fascisti in camicia nera.
Quello che Crainz non vede ma che appare chiaro come il sole è il neofascismo già esistente e al governo da tempo nel nostro Paese, attraverso fascisti di ieri e di oggi, a volte eletti in partiti o movimenti dichiaratamente mussoliniani ed anticostituzionali come Casapound o Forza Nuova, a volte coperti da partiti che non rivendicano formalmente il fascismo ma che continuano a tenerlo a modello e a richiamarlo come Fratelli d'Italia e Forza Italia, altre volte ancora con l'aiuto della Lega del caporione Salvini che ha assoldato negli anni numerosi membri della destra identitaria riciclandoli con la camicia verde (ma in realtà nera) aprendo loro le porte delle istituzioni che gli sarebbero state impossibili se candidati nelle loro liste di riferimento.
Quello che Crainz non vede, se apprezza “la memoria europea riconciliata”, è anche il pericolo, enorme, della equiparazione del fascismo con il comunismo, una operazione vergognosa ed antistorica, di matrice anticomunista ed antipartigiana, che sta facendo da apripista proprio ad iniziative di questo genere.
 

Non ci può essere nessuna memoria condivisa fra vittime e carnefici. Abolire il Giorno del ricordo.
Apprezziamo e appoggiamo la lettera degli ISR e tutte le iniziative che essi promuoveranno, ci auguriamo, in un fronte antifascista che deve essere sempre più largo e che non può fare a meno dell'ANPI spronata da ogni direzione dalle sue e dai suoi bravi militanti, alle quali daremo tutto il nostro sostegno.
Occorre però fare di più per fermare questa deriva che appare come una nera macchia di petrolio che inquina irreversibilmente le istituzioni democratico-borghesi e la storia antifascista e che pare non aver fine.
Serve innanzitutto non solo mettere i puntini sulle “i”, ma rifiutare ogni tentativo di pacificazione e di memoria condivisa, poiché essa non ci può essere con chi sta agli antipodi della storia; non deve esserci tra vittime e carnefici – come già detto – proprio perché i confini fra le idee di oppressione e quelle di liberazione e di libertà, così come quello fra chi combatté per togliere la libertà e chi per restituirla, devono essere ben chiari e delineati, in particolare nella mente dei democratici e degli antifascisti.
Se così sarà, allora si renderà più facile restituire al nostro Paese una coscienza antifascista di massa capace di respingere i tentativi come questo che non rappresentano più una eccezione del panorama politico attuale, bensì ripetizioni diffuse a ritmi sempre più incalzanti.
È necessario però a nostro avviso un ulteriore passo in avanti del fronte democratico e antifascista, e cioè la presa di coscienza che il Giorno del ricordo è una celebrazione di riabilitazione del fascismo e del colonialismo italiano che va abolita. Senza di esso sarebbe più difficile per i fascisti sparare a zero sulla Resistenza dalle tribune istituzionali, e ci risparmieremmo probabilmente lo scempio – dalle conseguenze culturali catastrofiche – delle stesse amministrazioni di sedicente “centro-sinistra” che pur definendosi nominalmente antifasciste lo celebrano, invitando a relazionare nelle stanze municipali personaggi legati alla destra fascista, quando non essi stessi militanti d'estrema destra.
È anche a questo aspetto che fa riferimento il quinto calorosissimo appello del documento del Comitato Centrale del PMLI di denuncia del governo del banchiere massone Draghi alle intellettuali e agli intellettuali perché valutino le posizioni del PMLI (in questo caso con la sua linea antifascista), al fine di fare “un gran bene alla democrazia e al parlamento borghese”, anche se noi siamo ideologicamente e politicamente agli antipodi da questi orpelli della borghesia.
 

17 marzo 2021