Iniziative in 30 città promosse dalla Rete RiderXiDiritti per il contratto nazionale di lavoro e contro il cottimo
Sciopero nazionale dei rider
In piazza anche le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo
Al Mise la rabbia operaia

Venerdì 26 marzo in tutta Italia si è svolto lo sciopero dei rider. Una giornata di mobilitazione dei fattorini delle consegne a domicilio, che hanno richiamato alla solidarietà la clientela nel sostegno alla loro lotta con lo slogan: ”nessuno ordina, nessuno consegna”. Si tratta del terzo sciopero nazionale in pochi mesi, segno evidente della presa di coscienza da parte di questi lavoratori della loro condizione di sfruttamento a cui non intendono più sottostare.
Le motivazioni della mobilitazione sono più o meno le stesse degli scioperi precedenti. I rider vogliono cambiare la natura del loro rapporto di lavoro con le piattaforme digitali di società che consegnano cibo a domicilio come Foodora, Deliveroo, Glovo e Just Eat. I ciclofattorini sono inquadrati e retribuiti con varie modalità, come contratti di collaborazione (co.co.co), partite IVA o ritenuta d’acconto. In genere ricevono circa 5 euro a consegna, cioè 3,6 euro netti tolte tasse e contributi. Alcuni ricevono anche una parte di retribuzione fissa, legata al numero di ore in cui si rendono disponibili.
Al di là di queste specificità, tutti i “rider” sono trattati come lavoratori autonomi. I padroni delle piattaforme digitali, veri e propri “datori di lavoro”, cercano di dipingere questa situazione come favorevole per i rider: non hanno l’obbligo di presentarsi al lavoro o di rispettare orari determinati, possono iniziare quando vogliono, smettere quando vogliono, decidere di non lavorare per uno o più giorni senza dover dare spiegazioni a nessuno.
Questo è assolutamente falso perché in pratica, come accusano gli stessi fattorini, i sistemi automatici che assegnano le consegne a ciascun rider privilegiano chi è spesso presente e rapido, creando così un incentivo a essere disponibili e lavorare molto rapidamente, anche mettendo a rischio la propria sicurezza.
Essere considerati lavoratori autonomi comporta per i rider non aver diritto a ferie e malattia; e devono inoltre procurarsi da soli i mezzi con cui lavorare, come le loro biciclette o i loro scooter, e provvedere alla loro manutenzione. La società, infine, può decidere di interrompere il rapporto di lavoro in qualsiasi momento senza fornire giustificazioni. Le ultime tre sentenze dei tribunali sono state contraddittorie nello stabilire il rapporto di lavoro: per quello di Torino sono autonomi con alcune tutele, per Palermo dipendenti con diritto di essere assunti a tempo indeterminato, per Firenze totalmente autonomi.
Una diatriba che, volgendo lo sguardo al passato, dura da 35 anni quando a Milano negli anni '80 il tribunale del capoluogo lombardo si espresse in favore del rapporto subordinato per i “pony express” (antesignani dei rider), sentenza mai applicata del tutto. Poi è arrivato Di Maio che quando era Ministro del Lavoro annunciò in pompa magna che nel “Decreto dignità” i rider avrebbero trovato le risposta alle loro richieste. Naturalmente anche in questo caso le promesse sono rimaste lettera morta.
Togliere questo inquadramento che li relega nella fittizia categoria degli autonomi, assumendo quella di subordinati è un passo essenziale per rivendicare successivamente un contratto nazionale. Questo è uno dei principali obiettivi per cui si battono i rider, che non hanno nessuna intenzione di riconoscere l'accordo firmato alcuni mesi fa dal sindacato fascista Ugl che, oltre a rappresentare pochissimi lavoratori, lascia le cose allo stato attuale, fornendo una copertura ai padroni delle piattaforme digitali.
Lo sciopero è stato promosso dalla rete RiderXiDiritti ed è stato appoggiato da molti sindacati. Sia Cgil, Cisl e Uil che organizzazioni non confederali come SiCobas, ADL cobas, Usb hanno partecipato alle iniziative che si sono tenute in 30 città. Tra le più partecipate le “biciclettate”, i presidi, le manifestazioni davanti ai Mc Donald (tra i maggiori committenti delle piattaforme) di Milano, Torino, Bologna, Trieste. Alte adesioni anche al centro-sud, in particolare a Roma, Napoli e Palermo dove le consegne si sono fermate quasi del tutto.
Lo sciopero dei rider, quello della filiera Amazon, le iniziative dei lavoratori che rischiano il posto per la chiusura delle loro aziende, ci mostrano che le lotte vanno avanti senza sosta anche in tempo di Covid e di limitazioni, comprese quelle alle manifestazioni operaie, nonostante il governo del banchiere massone Draghi ci ordini che “l'unità è un dovere”.
Al presidio di venerdì 26 è esplosa sotto il Mise tutta la rabbia operaia delle fabbriche Whirlpool, Jabil, ex Embraco, aerospazio, Ast Terni, Jindal Piombino, Bosch Bari, Stellantis, Sirti, fabbriche che vivono da anni uno stato di crisi senza ricevere da questo come dai precedenti governi interventi capaci di tutelare l'occupazione e rilanciare queste aziende che rischiano il ridimensionamento o addirittura la chiusura. Si tratta di vertenze e crisi, denunciano i sindacalisti e gli operai, che continuano a rimanere irrisolte.
Nell'ultimo fine settimana sono scesi in piazza anche le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo per avere ristori e sostegni per una categoria che fino adesso ha ricevuto solo elemosine. Si tratta di un settore dove, contrariamente a quello che molti credono quando guardano al ristrettissimo Olimpo di star e celebrità, regnano la precarietà, pessime condizioni di lavoro e paghe di fame. I manifestanti delle numerose iniziative di lotta chiedono “reddito, diritti, dignità”. A Venezia in 300 si sono radunati sull'isola del Tronchetto per raggiungere in corteo il Ponte della Vittoria e occuparlo. A Torino hanno occupato il ponte Umberto I denunciando: "Dal governo solo elemosina". Le loro manifestazioni hanno interessato moltissime città della penisola dal Nord al Sud, e nella Capitale ovunque cartelli e slogan di protesta in particolare contro contro il ministro PD dei Beni Culturali, Dario Franceschini.
In programma anche una manifestazione degli operai della Whirlpool davanti al Mise visto che il ministro leghista Giorgetti non ha dato risposte sulla chiusura dello stabilimento di Napoli. Il 26 marzo c'è stato lo sciopero dei docenti e del personale della scuola indetto dai Cobas.
In queste lotte abbiamo visto con estremo piacere tanti giovani, sia di origine italiana che provenienti da altri Paesi, combattivi e decisi. Come ha detto un nostro compagno presente alla manifestazione di Piacenza in solidarietà ai lavoratori e sindacalisti colpiti dalla repressione governativa: “è scesa in piazza una nuova generazione operaia che non ha paura della lotta di classe”.

31 marzo 2021