Appello sui fatti di Piacenza
In pericolo il diritto di sciopero, la libertà di organizzazione sindacale e i diritti degli immigrati

Pubblichiamo l’appello diffuso a seguito delle note vicende della TNT-FedEx di Piacenza. Per firmare, inviare l’adesione all’indirizzo di posta elettronica: appellosicobas@gmail.com
 
Il 28 gennaio scorso a Piacenza i lavoratori della TNT (appena incorporata dalla multinazionale della logistica FedEx) sono scesi in sciopero per opporsi ai licenziamenti preannunciati dall’azienda in tutta Europa.
Lo sciopero, indetto dal Si Cobas e durato 13 giorni, si è concluso con un accordo sindacale siglato in prefettura il 9 febbraio.
La vertenza - un normale seppur aspro scontro sindacale - ha avuto dei seguiti repressivi di estrema gravità, già preannunciati, il 1° febbraio, da un intervento brutale delle forze dell’ordine che, per sciogliere un “assembramento” di lavoratori, hanno fatto uso di gas lacrimogeni.
Dopo lo sciopero e l’intervenuto accordo tra le parti, infatti, la Procura della Repubblica di Piacenza ha aperto un procedimento penale contro 29 lavoratori (quasi tutti di origine straniera) per i delitti di violenza privata, invasione di terreni e violenza a pubblico ufficiale nel corso del quale, il 10 marzo, sono state applicate sette misure cautelari (due arresti domiciliari e cinque divieti di dimora), effettuate numerose perquisizioni domiciliari con sequestri di cellulari e computer e comunicati sei avvisi di revoca di permessi di soggiorno.
Nella formulazione dei capi di imputazione la Procura si è spinta a sostenere che la vertenza in cui sono avvenuti i fatti contestati è “fuori di qualsiasi lecita rivendicazione di tipo sindacale, di qualsiasi vertenza o relazione industriale”.
L’impostazione accusatoria non ha retto al controllo del riesame che ha annullato pressoché in toto i provvedimenti cautelari. Ma le misure originariamente disposte e le loro motivazioni segnalano una escalation dell’azione repressiva in atto contro i lavoratori e le lavoratrici della logistica impegnati in dure vertenze sindacali a tutela del posto di lavoro e delle relative condizioni (ben 400 sono gli operai e le operaie indagati solo a Modena).
Ad essere in pericolo sono lo stesso esercizio del diritto di sciopero e la libera organizzazione sindacale, che non possono certo essere soggette a valutazioni di merito dell’autorità giudiziaria.
Altrettanto grave è il ricorso alla legislazione speciale sull’immigrazione per restringere e violare i diritti delle persone immigrate (giudicate essenziali “risorse” per l’economia nazionale, ma che si vorrebbero ridurre alla condizione di “paria”).
Questo inasprimento repressivo si inserisce in un processo di criminalizzare del conflitto sociale in atto nel Paese (basti pensare alle ricorrenti misure contro esponenti dei movimenti ambientalisti, dai No Tav ai No Tap, o alla campagna contro le ONG schierate a tutela dei migranti, ripetutamente sottoposte a perquisizioni e sequestri di chiaro carattere intimidatorio).
Come cittadini e come giuristi facciamo appello a tutte le persone che hanno a cuore la difesa dei diritti e delle libertà fondamentali affinché esprimano la loro preoccupazione e protesta.
 
 
Tra i primi firmatari figurano Luigi Ferrajoli - giurista, Tomaso Montanari storico dell’arte, Università per stranieri di Siena, Livio Pepino - già magistrato, direttore Edizioni Gruppo Abele, l'Associazione Nazionale Giuristi Democratici, Lorenzo Trucco - presidente ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione), Gianfranco Schiavone - presidente Consorzio italiano di Solidarietà.
Seguono decine e decine di firme di giuristi, professori universitari, avvocati, magistrati, intellettuali, vignettisti, associazioni e partiti politici.

7 aprile 2021