Per il boicottaggio delle navi cariche di armi da guerra contro lo Yemen
I portuali di Genova accusati di “Associazione per delinquere”
Perquisiti cinque membri del Collettivo autonomo lavoratori portuali

 
Cinque operai del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali di Genova sono stati iscritti nel registro degli indagati da parte della Procura della Repubblica di Genova per associazione a delinquere finalizzata a reati che vanno dalla resistenza all’accensione di fumogeni al lancio di oggetti pericolosi e, perfino, all’attentato alla sicurezza dei trasporti.
All’alba dello scorso 24 febbraio sia le loro abitazioni sia il loro luogo di lavoro sono stati perquisiti dalla polizia che ha sequestrato telefoni, tablet e computer per trovare, a loro dire, conferma di atti che, peraltro, sono sotto gli occhi di tutti e che i compagni del Collettivo non hanno certo nascosto, come le manifestazioni, i presidi e le azioni di boicottaggio al porto contro le navi della flotta Bahri, che regolarmente transita per Genova trasportando armi dall'Europa e dagli Stati Uniti per rifornire l’Arabia Saudita nella guerra in Yemen, che da anni massacra la popolazione civile.
Di queste azioni il nostro giornale si è già occupato (si vedano i n. 21 e 25 del 2019 de Il Bolscevico ) e a suo tempo è stato messo in evidenza il carattere politico, sindacale che tali manifestazioni hanno avuto, con il sostegno aperto di numerose istanze, associazioni, partiti e organizzazioni religiose, tanto che è opportuno ricordare che a sostegno delle azioni di boicottaggio e di protesta contro il traffico marittimo delle armi dirette in Arabia Saudita si mosse anche il papa in persona: “Paesi cristiani, europei – affermò nel marzo 2019 Francesco in occasione della prima azione di boicottaggio nel porto di Genova - che parlano di pace e vivono delle armi. Ipocrisia si chiama questa. In un porto è arrivata una nave piena di armi che doveva andare nello Yemen, e noi sappiamo cosa succede nello Yemen. I lavoratori del porto hanno detto no. Sono stati bravi! Un caso, ma ci insegna come si deve andare avanti ”.
Voler fermare le navi con forniture militari dirette in Arabia Saudita, armi già usate in terribili e sanguinose stragi di civili, non è un crimine, è semmai un atto criminale voltare le spalle e far finta di niente.
Ai magistrati e alle forze di polizia in generale, e in particolare a coloro che all'interno di tali strutture sono responsabili dell'inchiesta contro i cinque operai, bisogna affermare con chiarezza che il ripudio della guerra è alla base dell'articolo 11 della Costituzione, che esprimere tale ripudio è un diritto tutelato dall'articolo 21 della stessa carta costituzionale, e che talvolta nella storia le leggi possono, e addirittura debbono, essere violate in nome di un principio più alto: per fare un solo esempio, se i magistrati e gli appartenenti ai corpi di polizia – ossia le stesse, identiche persone che un decennio più tardi, nel 1948, avrebbero giurato l'osservanza delle norme ispirate ai principi della vigente Costituzione - avessero nel 1938 e 1939 violato o quantomeno disapplicato le leggi razziali fasciste che prevedevano la sistematica schedatura degli ebrei italiani, quante vite di nostri concittadini sarebbero state risparmiate dalla barbarie nazifascista da tali doverose violazioni e disapplicazioni?
I lavoratori genovesi, pertanto, si ispirano a principi che il movimento operaio ha elaborato nel corso di oltre un secolo e mezzo di vita, e che prevedono con decisione anche la violazione delle leggi dello Stato borghese, quando ciò è necessario per la salvaguardia delle vite di bambini, di donne e di civili innocenti.
Il PMLI e Il Bolscevico pertanto condannano senza mezzi termini la vessatoria iniziativa giudiziaria contro gli operai genovesi, che non hanno fatto altro che mobilitarsi, peraltro pacificamente, contro le guerre che gli imperialisti conducono ai quattro angoli del mondo ai danni di Paesi oppressi e resi terra di conquista per scorribande militari, economiche e finanziarie.
E allo stesso tempo si uniscono alle decine di organizzazioni della società civile che hanno già espresso la massima solidarietà militante ai cinque portuali inquisiti, incoraggiandoli a proseguire nella stessa direzione sin qui perseguita, senza fare un solo passo indietro e soprattutto senza farsi intimidire dalle tigri di carta giudiziarie e poliziesche dello Stato borghese.

7 aprile 2021