Roma
Protesta sotto Montecitorio dei lavoratori agricoli esclusi dai Sostegni

I vari decreti legati alla crisi pandemica, che siano del governo Conte II che di quello guidato dal banchiere massone Draghi, hanno sempre messo in prima fila gli interessi delle aziende e del capitalismo, elargendo a pioggia miliardi di euro, concedendo agevolazioni fiscali, condoni, esenzioni, prestiti a fondo perduto. Un fiume di denaro spesso intercettato anche da soggetti economici e finanziari che in realtà non ne avevano bisogno.
Il discorso si fa totalmente diverso quando si tratta dei dipendenti, autonomi, artigiani. In questo caso il governo si “dimentica” spesso di varie categorie e c'è bisogno di alzare la voce da parte dei lavoratori e dei sindacati per ottenere la proroga del blocco (parziale) dei licenziamenti, l'allungamento della cassa integrazione, interventi per salvare posti di lavoro e piccole attività.
Uno di questi casi emblematici è rappresentato dai lavoratori agricoli che sono stati esclusi dal decreto Sostegni del governo in carica. Una beffa e una presa in giro per chi è stato costretto ad andare a lavorare in qualsiasi condizione, considerato come “essenziale” perché al cibo non si può rinunciare. Non è un caso se proprio nel settore agricolo si sono sviluppati in tutta Italia violenti focolai di infezioni da Covid-19.
I vari decreti hanno escluso i lavoratori agricoli da ogni provvedimento di ristoro, non è stato fatto nulla per loro. Come denuncia Giovanni Mininni, segretario generale Flai Cgil “circa 6-700 mila lavoratori sono esclusi dall’ammortizzatore sociale del nostro settore – la disoccupazione agricola – per una norma che in pandemia non ha senso. Per i lavoratori stagionali per accedere alla disoccupazione serve aver lavorato 102 giorni nell’ultimo biennio”.
Ma per molti comparti completamente bloccati, come i florovivaisti o gli agriturismi nel 2020 i giorni sono troppo pochi. Nella stessa situazione si trovano i lavoratori cosiddetti fragili, quelli con problemi di salute, che, anche a causa della mancata firma di un protocollo di sicurezza, hanno smesso completamente di lavorare. Per tutte queste categorie Flai Cgil, Fai Cisl e Uila chiedono di trascinare le giornate di lavoro del 2019 nel 2020 consentendo l’accesso alla disoccupazione, altrimenti chi meno ha lavorato sarà anche più penalizzato.
Per far sentire le proprie rivendicazioni i sindacati confederali hanno organizzato mercoledì 31 marzo un presidio davanti la Camera, a Montecitorio. Flai, Fai e Uila hanno posto quali punti essenziali anche la richiesta di riconoscere la “clausola sulla condizionalità sociale” nella Politica agricola comune (PAC), affinché i contributi europei vadano solo a chi rispetta i contratti di lavoro e le leggi sociali, l’introduzione del bonus per gli stagionali dell’agricoltura e la sua compatibilità con il reddito di emergenza; il riconoscimento di una cassa integrazione stabile per i pescatori.
Tra i temi sollevati anche la richiesta di regolarizzazione delle migliaia di braccianti migranti le cui domande sono bloccate nelle prefetture e la contrarietà a qualsiasi tentativo di semplificare ancora di più l’uso dei voucher in agricoltura con gravi ricadute sulle tutele e i diritti dei lavoratori. “Non consentiremo in alcun modo che tornino i voucher in agricoltura: la precarietà va ridotta, non aumentata”, ha affermato Giovanni Mininni della Flai Cgil.
Dopo il presidio di protesta i sindacati sono stati ricevuti da alcuni rappresentanti delle Commissione agricoltura e Bilancio e Lavoro di Camera e Senato. Sono stati anche convocati dal Ministro delle politiche agricole Patuanelli. Intanto Cgil-Cisl-Uil hanno annunciato che sabato 10 aprile i lavoratori agricoli manifesteranno in tutte le piazze d'Italia, sotto le prefetture.
 

7 aprile 2021