Lo denuncia il Comitato Calabresi per la salute pubblica
“In Calabria si muore di malasanità”
Protesta davanti al ministero della Salute a Roma

 
Dal corrispondente dell’Organizzazione della provincia di Reggio Calabria del PMLI
Nonostante la Calabria si trovi in zona arancione, l’emergenza sanitaria causata dal coronavirus, sembra peggiorare di giorno in giorno.
Tra le provincie più colpite c’è quella di Cosenza, dove si registrano le maggiori criticità. Il numero di contagi e decessi giornalieri continua ad aumentare e le strutture sanitarie ormai sature, sono al collasso. Le ambulanze che trasportano gli ammalati Covid, sono costrette ad aspettare ore prima di entrare al pronto soccorso dell’ospedale “Annunziata”, intasato dai pazienti in fila; in molti casi si muore ancor prima di essere ricoverati. Medici e infermieri sono allo stremo perché costretti a turni di lavoro massacranti e a operare in prima linea senza dispositivi di protezione adeguati.
La campagna vaccinale degli anziani e dei soggetti affetti da gravi patologie, messa in piedi dal commissario ad acta Guido Longo con il benestare del presidente facente funzioni della regione Calabria, il fascio-leghista Nino Spirlì, si è rivelata un fallimento totale. Non solo procede a rilento, ma per ricevere una dose di vaccino si è costretti a dei veri e propri viaggi della speranza a centinaia di chilometri di distanza dalle proprie abitazioni. E se i vaccini non bastano, si rischia di tornare a casa con un nulla di fatto.
In questo situazione vergognosa, di assoluta emergenza sanitaria e incertezza per il futuro, le associazioni e i comitati di calabresi si stanno mobilitando per chiedere al governo del banchiere massone Mario Draghi risposte concrete.
Venerdì 16 aprile è andato in scena un sit-in di protesta proprio davanti la sede del ministero della Salute a Roma. Numerosi gli striscioni preparati dai manifestanti, con in testa le donne. In alcuni c’era scritto: “Sanità pubblica per tutti”, “Costretti ad emigrare per curarsi” e ancora, “Cariati ospedale subito”.
Nella mattinata, una delegazione è stata ricevuta dal capo della segreteria tecnica del ministro Speranza e dal capo del sottosegretario Sileri. Presente anche la deputata cosentina Anna Laura Orrico del M5S. L’incontro è durato circa un’ora e si è rivelato tanto inconcludente quanto deludente. “Il governo, nonostante abbia a disposizione tutti gli strumenti - dichiarano gli attivisti - continua sostanzialmente a ignorare il dramma che stanno vivendo due milioni di calabresi. Al tavolo siamo riusciti ad avere garanzie circa l’immediato inserimento nella struttura commissariale di 37 tecnici e due sub commissari, già nominati, come previsto dal Decreto Calabria. Inoltre arriveranno 60 milioni ogni anno fino al 2023. Misure che dovevano essere implementate mesi fa. Nessuna soluzione radicale quindi, nessuna proposta di ristrutturazione del servizio sanitario pubblico”.
Insomma, ormai non c’è più da meravigliarsi. Con il passaggio alla seconda repubblica capitalista e neofascista e con l’ingresso dell’Italia nell’Ue imperialista, i governi di “centro-destra” e “centro-sinistra” seguendo la legge economica del massimo profitto, hanno di fatto smantellato e militarizzato il SSN. Non a caso, nell’ultimo decennio, sono stati tagliati quasi 40 miliardi di euro alla sanità pubblica per favorire il business dei pescecani privati.
A farne maggiormente le spese è stato il Sud Italia, e in particolare la Calabria dove gli inutili commissariamenti hanno portato alla chiusura selvaggia di numerosi ospedali pubblici con conseguente riduzione dei posti letto, delle terapie intensive e dimezzamento del personale medico e paramedico. Se a questo si aggiunge l’infiltrazione della ‘ndrangheta, sin dai tempi dell’omicidio Fortugno, allora non è difficile capire perché in Calabria si continua a morire di malasanità.

21 aprile 2021