1° Maggio contro il governo del banchiere massone Draghi e il capitalismo
Per il socialismo e il potere politico del proletariato, e per difendere i diritti e gli interessi delle masse lavoratrici, popolari, femminili e giovanili

di Andrea Cammilli *
Quest'anno la Giornata Internazionale dei lavoratori cade nel mezzo di una pandemia iniziata più di un anno fa e di cui ancora non si intravede la fine e, per quanto riguarda il nostro Paese, pochi mesi dopo l'insediamento di un nuovo governo, guidato del banchiere massone Mario Draghi. Dobbiamo analizzare questi avvenimenti utilizzando lo spirito originario del Primo Maggio, rigettando i tentativi di chi vuole strumentalizzare questa Giornata per avallare la tesi del “patto sociale” tra le classi in nome di un “fronte comune” contro il virus e sostenere come l'appoggio al governo sia necessario e inevitabile.
Il Primo Maggio inizialmente fu istituito per rivendicare la giornata lavorativa di 8 ore, scegliendo questa data in ricordo degli operai trucidati dalla polizia e dal potere borghese a Chicago mentre stavano manifestando per estendere questo diritto a tutti gli Stati Uniti. Ben presto però tale data, istituita ufficialmente dalla Seconda Internazionale, assunse un preciso carattere militante e di classe, un appuntamento in cui il proletariato di tutto il mondo e le organizzazioni sindacali e partitiche del movimento operaio, oltre a rivendicazioni immediate, mettevano in discussione il capitalismo e si battevano per l'emancipazione dei lavoratori e per il socialismo. Questo è lo spirito con cui intendiamo celebrarlo e con il quale guardiamo l'attualità dei nostri giorni.
 

Coronavirus e incapacità del capitalismo
La pandemia ha messo a nudo quanto sia necessario spazzare via un sistema economico, politico, sociale, giuridico e morale che si è dimostrato del tutto fallimentare anche sul piano sanitario. Di fronte all'espansione del virus in tutto il mondo e oltre tre milioni di morti, i sistemi sanitari sempre più privatizzati e ridotti in mezzi e personale si sono dimostrati impotenti, facilitando e amplificando gli effetti del Coronavirus. Abbiamo assistito perfino alla mancanza dei più elementari dispositivi di protezione. Solo in Italia, ad oggi, più di 120mila morti, centinaia di lavoratori della sanità caduti sul lavoro, anziani e disabili decimati nelle RSA e nelle case di cura a causa del Covid-19.
Adesso vediamo le case farmaceutiche che non rispettano le consegne dei vaccini. Prima hanno promesso tempi rapidi e dosi a volontà, perché i loro interessi erano rivolti al rialzo delle proprie quotazioni in borsa e ad accaparrarsi commesse miliardarie. Poi hanno centellinato i vaccini distribuendoli in maniera insufficiente e diseguale, indirizzando i loro prodotti verso i Paesi disposti a pagare di più. Vaccini finanziati dai soldi pubblici e, per quanto riguarda l'Unione Europea, prenotati con contratti accomodanti che non prevedono alcuna penale verso le inadempienze delle multinazionali del farmaco.
A 15 mesi dall'inizio la pandemia è ancora lontana dall'essere risolta o quantomeno ridimensionata e nel frattempo aumentano le contraddizioni del capitalismo all'interno dei vari Paesi e a livello internazionale. Invece della collaborazione prevale il “nazionalismo vaccinale”, regnano la diffidenza e la competizione tra la case farmaceutiche e gliStati, specie tra le maggiori potenze imperialiste come Usa, Cina, Russia e Unione Europea. Non c'è da meravigliarsi, nel capitalismo il motore che fa muovere tutto è la ricerca del massimo profitto per cui, anche quando c'è di mezzo la salute, prima viene l'interesse del capitale, delle aziende, anteposto a quello collettivo.
 

Aumentano diseguaglianze e povertà
Un virus che ha aumentato le diseguaglianze, gettando nella povertà milioni di persone che vivevano sulla soglia della sopravvivenza ed erano già impoverite dalla crisi globale del capitalismo e avvantaggiando i ricchi (660 miliardari in più al mondo nel 2020 secondo la rivista Forbes ). I dati del rapporto Oxam (un'associazione no profit) rivelano che mentre la pandemia innescava la più grave crisi occupazionale degli ultimi 90 anni, lasciando centinaia di milioni di persone disoccupate o sotto-occupate, le 10 persone più ricche del mondo "hanno visto la loro ricchezza aumentare di 540 miliardi di dollari da marzo 2020". Cifra più che sufficiente a pagare il vaccino per tutti gli abitanti del pianeta e ad assicurare un sostegno a tutti quelli che si sono impoveriti a causa del virus.
In Italia, rispetto all'anno precedente, nel 2020 i poveri sono aumentati di un milione, i più colpiti in assoluto sono i nuclei familiari che vivono con il salario di un operaio, o lavoratori cosiddetti “assimilati”. L’incidenza passa dal 10,2 al 13,3%, la crisi ha colpito anche i lavoratori autonomi (dal 5,2% al 7,6%). Nonostante il tanto decantato “blocco” dei licenziamenti, è bastato non rinnovare i contratti a termine, a cui si sono aggiunte le cessazioni di attività, per perdere in un solo anno quasi 450mila posti di lavoro; a farne le spese sopratutto i giovani e le donne. Particolarmente drammatiche le conseguenze per le lavoratrici, tanto che nel solo mese di dicembre 2020 a fronte di 101mila posti di lavoro persi ben 99mila erano occupati da donne. Questo perché nel capitalismo le donne sono impiegate più degli uomini in lavori precari, familiari o per i quali è più facile licenziare, e appena si sviluppa una crisi economica sono rispedite tra le mura domestiche.
Non dobbiamo dimenticare le rappresaglie padronali e aziendali attraverso multe, sospensioni e licenziamenti, nei confronti di chi, attivisti sindacali, Rls/Rsu/Rsa, hanno alzato la testa per informare, denunciare, lottare per la salute e la sicurezza nell’interesse generale dell’intera collettività. Oltre che nelle strutture sanitarie e di cura il virus ha colpito molto nelle fabbriche, nei depositi, negli uffici, in tutti i luoghi di lavoro, specie dove lo sfruttamento è ai massimi livelli. Le lavoratrici e i lavoratori dei mattatoi, dei magazzini della logistica, quelli impiegati nell'agroalimentare, del commercio, delle aziende manifatturiere sono quelli che hanno registrato più infezioni.
 

No al patto sociale del banchiere massone Draghi
La proposta che hanno fatto le istituzioni e i governanti borghesi è stata quella di “stringersi tutti in un abbraccio fraterno”, di annullare le differenze, di remare tutti in un'unica direzione. Per Giuseppe Conte eravamo “tutti sulla stessa barca”, per Mario Draghi “l'unità è un dovere”, il concetto è lo stesso: il proletariato e le masse popolari devono aiutare la borghesia a salvare il capitalismo a tirarsi fuori dalla crisi. La classe operaia, i lavoratori e le masse popolari non ci guadagnano nulla da questa proposta tanto meno dal cambio di governo anzi, siamo passati dalla padella alla brace.
“Il nuovo governo, che succede a quello del trasformista liberale Giuseppe Conte, affossato da Italia Viva di Matteo Renzi, è una disgustosa ammucchiata dei partiti della destra e della ‘sinistra’ borghesi attorno al banchiere massone Mario Draghi. Esso è il risultato di un golpe bianco del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il quale senza consultare i partiti del parlamento ha assegnato, attraverso Draghi, il potere politico direttamente alla grande finanza e all'Ue imperialista. Un avvenimento che non ha precedenti, nemmeno nei governi Ciampi e Monti”. Così denuncia il documento del Comitato centrale del PMLI.
Per capire chi sostiene il banchiere massone Draghi basti vedere l'esultanza di Confindustria, di quasi tutti i partiti parlamentari, da LeU a PD, M5S, PD, IV, Forza Italia e Lega, delle massime istituzioni dell'UE imperialista, il rialzo delle Borse e il calo dello spread . Dietro la cortina fumogena delle vuote frasi di circostanza, in parlamento Draghi ha giurato fedeltà alla Nato e alla UE e sul lavoro ha annunciato che a un certo punto “verrà meno il divieto di licenziamento”, che possono essere colpiti “anche i lavoratori con contratti a tempo indeterminato” e che “sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche”, lasciando intendere che centinaia di migliaia di lavoratori finiranno sul lastrico.
A questa chiamata all'unità nazionale hanno purtroppo risposto favorevolmente anche i maggiori sindacati italiani. La Cgil, assieme a Cisl e Uil dopo il Conte 2, ha dato il suo appoggio incondizionato anche a Draghi. Landini, pur non avendo neppure la scusante di “fermare le destre” in quanto adesso sono al governo con Draghi, ha difeso a spada tratta l'esecutivo guidato da colui che ha contribuito a svendere il patrimonio industriale pubblico italiano, e da presidente della BCE a strangolare la Grecia, “invitato” il nostro Paese a tagliare la sanità e la spesa pubblica, aumentare l'età pensionabile, eliminare l'articolo 18 e altri diritti dei lavoratori, a introdurre il pareggio in bilancio in Costituzione.
Praticamente una cambiale in bianco concessa dai vertici sindacali confederali, nonostante essi stessi riconoscano che gran parte delle risorse del Piano nazionale di rinascita e resilienza (Pnrr) non saranno utilizzate per finanziare sanità, scuola, trasporti e risolvere tutti gli altri problemi strutturali emersi durante la pandemia, ma saranno indirizzate a sostegno dei grandi gruppi industriali del Nord che sono parte integrante delle filiere produttive europee.
Una linea corporativa e cogestionaria gravissima, che recentemente è stata messa in pratica da Cgil-Cisl-Uil attraverso la firma del “patto per l'innovazione del lavoro pubblico e della coesione sociale”, con i confederali a dare il sostegno al ministro Brunetta e al governo nell'opera di privatizzazione e aziendalizzazione della Pubblica amministrazione, favorendo anche in questo settore l'introduzione ancora più massiccia della flessibilità, della meritocrazia e del precariato, in cambio dell'esclusività della rappresentanza nella contrattazione.
 

Serve una nuova rappresentanza sindacale
Nonostante il collaborazionismo di Cgil, Cisl e Uil i lavoratori e gli altri sindacati non sono stati con le mani in mano a guardare. Prima gli scioperi spontanei a inizio pandemia per avere maggiore sicurezza e protezione sui luoghi di lavoro, poi le iniziative di lotta dei rider, dei driver, dei facchini, dei lavoratori agricoli e di tutti coloro che anziché fermarsi sono stati spremuti ancor di più per accrescere il profitto padronale. E ancora i picchetti, le occupazioni e le mobilitazioni per salvare i posti di lavoro nelle aziende a rischio chiusura, le battaglie dei lavoratori più sfruttati, spesso immigrati, per ottenere condizioni più dignitose, le lotte dei lavoratori della sanità e della scuola per ottenere maggiore sicurezza e nuove assunzioni.
Per gli operai e i sindacati più combattivi e coraggiosi il nuovo governo non ha mostrato la stessa faccia dialogante e benevola rivolta verso Cgil-Cil-Uil. Bensì i manganelli, la violenza poliziesca, le indagini della magistratura e le perquisizioni come quella sperimentata dai portuali di Genova che bloccavano il traffico di armi verso lo Yemen, dai lavoratori della Fedex-Tnt di Piacenza in lotta contro i licenziamenti, così come la repressione verso il presidio permanente degli operai della Texprint di Prato in lotta contro lo sfruttamento schiavistico, a cui hanno risposto con due grandi e combattive manifestazioni nella città emiliana e in quella toscana, indette dal SiCobas. Battaglie e vertenze di rilevanza nazionale a cui il PMLI ha dato e darà tutto il suo sostegno.
A tal proposito rileviamo con piacere che si sta facendo sempre più strada la necessità di una nuova rappresentanza sindacale che vada a superare l'attuale monopolio confederale e l'alternativa dei sindacati di base che, nonostante la loro buona volontà, per le poche forze di cui dispongono, non può incidere su larga scala nell'intero Paese e in tutti i settori. Le iniziative che vanno in questo senso sono ammirevoli e noi le sosteniamo, a partire da quella promossa dall'Assemblea nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi.
Ma non sono risolutive se non ci si pone l'obiettivo dello scioglimento di tutti gli attuali sindacati, a cominciare dalla CGIL, dalla CISL e dalla UIL, e la costituzione di un unico sindacato basato sulla democrazia diretta e sul potere sindacale e contrattuale delle Assemblee generali dei lavoratori e dei pensionati. Speriamo che sopratutto le operaie e gli operai coscienti, più avanzati e combattivi, acquisiscano questa consapevolezza e s'impegnino a realizzare questo obiettivo strategico sul nevralgico fronte sindacale.
 

Fronte unito antidraghiano
Per i marxisti-leninisti non ci potrà mai essere l'unità tra le masse popolari e il governo Draghi del capitalismo, della grande finanza e dell'UE imperialista, tra il proletariato e la borghesia, tra oppressori e oppressi, tra sfruttatori e sfruttati. L'opposizione del PMLI al governo Draghi non potrà che essere netta, intransigente, senza esclusione di colpi, sconti e soste. Ma da sola non basta per rendere dura e difficile la vita a questo governo. Occorre costruire il più rapidamente possibile un largo fronte unito di tutte le forze politiche, sindacali, sociali, culturali, religiose antidraghiane.
Pertanto il PMLI lancia cinque calorosissimi appelli: “Noi ci auguriamo che questi cinque appelli siano raccolti dagli interessati: Partiti con la bandiera rossa e la falce e martello; il proletariato; le anticapitaliste e gli anticapitalisti; le ragazze e i ragazzi di sinistra dei movimenti popolari; le intellettuali e gli intellettuali democratici antidraghiani”. Perché come ricorda il documento del Comitato Centrale del PMLI sul nuovo governo: “L'Italia di Draghi, del capitalismo e della dittatura della borghesia non è la nostra Italia”.
 

Difendere gli interessi dei lavoratori e delle masse
Se il proletariato e le masse lavoratrici e popolari non hanno nulla da guadagnare dall'avvento del governo Draghi, la risposta dev’essere quella della lotta, dell'opposizione dura su tutti i fronti, anche perché all'orizzonte si aprono scenari ancora più drammatici. Nonostante il governo spanda a piene mani ottimismo, invitando ad avere fiducia in una ripresa economica, in una rapida campagna vaccinale, in un “Paese migliore e più giusto” la crisi colpirà ancora più duramente.
La ristrutturazione del capitalismo italiano, sostenuta con i soldi del recovery plan , comporterà la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro. Come già annunciato da Draghi saranno lasciate morire le aziende zombie e sostenute solamente quelle con un futuro, rimodulati gli ammortizzatori sociali con un loro ampliamento ma ridotti sia economicamente che come durata, tantissimi lavoratori saranno costretti a vivere con poco più di un'elemosina o ad accettare i lavori più precari.
Occorre invece che la maggioranza delle risorse del Recovery plan sia concentrato sul Sud d'Italia con queste priorità: lavoro, sanità e scuola rispettando la parità di genere. Occorre bloccare permanentemente i licenziamenti, dare il salario pieno per la cassa integrazione, proseguire con la cassa integrazione Covid finché dura la pandemia, ripristinare l'articolo 18 estendendolo anche alle aziende con meno di 15 dipendenti, dare 1.200 euro al mese ai senza reddito e ammortizzatori, “ristori” adeguati, assicurare il diritto di sciopero e di manifestazione durante la pandemia e abrogare i decreti sicurezza.
Sul piano strettamente sanitario, oltre all'assunzione massiccia e immediata di personale, rivendichiamo vaccini universali e gratuiti, la licenza obbligatoria dei farmaci per ragione di salute pubblica, e che i brevetti finanziati con i soldi dei cittadini siano pubblici. È necessario nazionalizzare le industrie farmaceutiche, sottrarre al mercato privato la ricerca e le scoperte scientifiche in campo biomedico, vietandone la commercializzazione e la brevettabilità e impegnandovi adeguate risorse e strutture pubbliche per assicurare l’accesso gratuito per tutti alle cure che ne derivano. Il popolo non può dipendere dai privati per i vaccini, le medicine e la cura.
 

L'obiettivo del socialismo e del potere politico del proletariato
Tutte queste battaglie sono indispensabili per difendere i diritti e gli interessi delle masse lavoratrici, popolari, femminili e giovanili, e anche per difendere i diritti democratici conquistati dal movimento operaio e popolare del nostro Paese, ma da sole non possono cambiare radicalmente le cose. Preferiamo la democrazia e il parlamento borghesi, anche se attualmente il PMLI tatticamente non è presente in esso, alla dittatura aperta della grande finanza, ma non difendiamo certo questo sistema né ci appiattiamo sulla Costituzione borghese italiana.
Come ci ha ricordato il nostro Segretario generale, compagno Giovanni Scuderi, in occasione del 44° Anniversario della fondazione del PMLI: “La storia politica, governativa, parlamentare e sociale dall’Unità d’Italia ad oggi dimostra che senza il potere politico il proletariato non ha niente, e che tutto ciò che riesce a strappare al capitalismo, ai suoi governi e alle sue istituzioni, attraverso dure lotte, pagate spesso col sangue, sono solo delle effimere conquiste parziali e incomplete. Briciole, rispetto quello che gli spetta di diritto. È quindi necessario che il proletariato si ponga il problema della conquista del potere politico”, la questione chiave per la creazione di una nuova società senza più sfruttatori e oppressori.
Su questo tema centrale, come ha insistito il Segretario generale del PMLI, “bisognerebbe aprire una grande discussione all’interno del proletariato e delle sue organizzazioni politiche, sindacali e culturali e fra di esse. Si aprano le menti, si scruti attentamente la situazione presente, si guardi con lungimiranza il futuro, si abbandonino settarismi, pregiudizi e preclusioni, si dica tutto quello che abbiamo in testa a cuore aperto, per trovare una intesa e costituire un’alleanza, un fronte unito, per aprire la via alla conquista del potere politico da parte del proletariato”.
Fin dalla sua fondazione Il PMLI lavora con perseveranza, tenacia ed entusiasmo per creare le condizioni soggettive necessarie per il passaggio dal capitalismo al socialismo per via rivoluzionaria. Non stancandosi di invitare tutti coloro, di ambo i sessi e di qualsiasi orientamento sessuale, che vogliono il socialismo di creare le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, cioè le Assemblee popolari e i Comitati popolari basati sulla democrazia diretta.
L'Italia futura che da sempre hanno in mente i marxisti-leninisti è quella che vede il dominio del proletariato e del socialismo, la cancellazione di ogni tipo di disuguaglianza e l'inizio della soppressione delle classi che avverrà nel comunismo, la fine della disoccupazione e della povertà, il lavoro per tutti, il benessere del popolo, piena libertà e democrazia per il popolo. In sostanza una nuova economia e un nuovo Stato modellati secondo gli interessi del proletariato e delle masse lavoratrici e in grado di affrontare qualsiasi emergenza, a partire da quella sanitaria.
Buon Primo Maggio a tutte le lavoratrici e lavoratori che, nonostante le difficoltà legate alla pandemia, lottano per difendere i propri diritti, la propria salute e i propri redditi. In particolare ai più giovani, alle donne, ai migranti e a chi subisce i maggiori soprusi e discriminazioni, che alzano la testa e si battono per la propria dignità contro i loro sfruttatori.
Buon Primo Maggio alla classe operaia e a tutti proletari che ogni giorno, in Italia e nel mondo, fronteggiano la borghesia e i loro governi che per salvaguardare il profitto capitalistico non si fanno scrupoli di licenziare, impoverire e affamare i lavoratori e le masse popolari.
Uniamoci contro il governo del banchiere massone Draghi, espressione della capitalismo, della grande finanza e dell'Unione Europea imperialista.
Uniamo le forze contro il capitalismo, mettendo all'ordine del giorno il suo abbattimento e l'instaurazione del socialismo e del potere politico del proletariato.
Viva la classe operaia e le lavoratrici e i lavoratori!
Viva la lotta di classe!
Viva il Primo Maggio!
 
* Responsabile della Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI

28 aprile 2021