Alla ricerca di nuovi mercati la Global Britain sfida il socialimperialismo cinese
Londra spiega la sua flotta nell'Indo-Pacifico

 
La Marina militare della Cina celebrava il 2 maggio il successo della prima esercitazione che si era appena conclusa nel Mar Cinese Meridionale del gruppo da battaglia della nuova portaerei Shandong, la prima di produzione cinese. Una esercitazione per dimostrare la capacità della macchina militare di Pechino di salvaguardare la sovranità, la sicurezza e gli interessi di sviluppo nazionali, sostenevano al ministero della Difesa. Nelle stesse acque arriverà tra non molto la portaerei Queen Elizabeth, la più grande nave inglese di sempre, e la sua flotta di battaglia composto da altre sei unità da guerra e un sottomarino nucleare che costituiscono "la più massiccia concentrazione di potere marittimo a muoversi dal Regno Unito da una generazione", dai tempi della guerra nelle isole Malvine del 1982 rivendicate dall'Argentina, secondo il ministro della Difesa inglese Ben Wallace. Senza giri di parole il ministro della guerra di Londra dichiarava che "quando la nostra flotta salperà, farà volare la bandiera della Global Britain, proiettando la nostra influenza, testimoniando il nostro potere, unendoci ai nostri amici e riaffermando il nostro impegno a rispondere alle sfide".
L'imperialismo inglese, ora che ha tagliato il cordone ombelicale con la Ue e ha le mani libere di agire per conto proprio per dirla col premier Boris Johnson, fa rullare i tamburi di guerra e spedisce la sua flotta nell'Indo-Pacifico a sfidare a fianco dell'alleato Usa il socialimperialismo cinese, alla ricerca di nuovi mercati, a rilanciare le sue ambizioni di potenza mondiale sotto il vessillo dell'idea della Global Britain. Per "rivestire un ruolo attivo nel plasmare il sistema internazionale del 21esimo secolo”, sosteneva il ministro Wallace, a cominciare proprio dalle regioni asiatiche dove l'imperialismo americano si sta attrezzando alla sfida diretta col socialimperialismo cinese e dove Londra punta a entrare nell'accordo Quad, il patto anticinese tra Stati Uniti, India, Australia e Giappone rilanciato da Biden.
Il programma di riarmo di Pechino vara ogni anno un nuovo numero di mezzi militari superiori a tutto l'arsenale di Londra quindi alla formazione britannica, cui si aggiungerà una fregata olandese, è affidato un mero segnale diplomatico e politico comunque importante del rinato attivismo dell'imperialismo inglese nell'area definita il “motore della crescita” globale.
Il programma di viaggio della Queen Elizabeth prevede nei prossimi sei mesi una quarantina di tappe dall'India alla Corea del Sud, passando per Singapore, Giappone, Indonesia e Vietnam, nei paesi coi quali Londra pensa di concludere nuovi affari per compensare le perdite della Brexit e nuovi accordi politici per aver un ruolo nei mari dell'Indo-Pacifico con quei paesi disposti come una cintura di contenimento dell'espansionismo cinese.
Sotto il governo Johnson la politica estera e militare dell'imperialismo britannico dopo la Brexit ha rispolverato le vecchie ambizioni coloniali che guardavano al continente asiatico. Senza dimenticare comunque altre aree come il Mediterraneo, dove si svolgeranno le prime importanti esercitazioni militari con la portaerei francese Charles De Gaulle e mezzi militari di Usa, Canada, Danimarca, Grecia, Israele, Emirati Arabi e Italia, esercitazioni Nato nel Mediterraneo orientale e nel Mar Nero sotto il naso della Russia.
La Russia è definita “il più grave pericolo per la nostra sicurezza”, la Cina “la più grande minaccia statuale” alla sicurezza economica britannica nel documento pubblicato lo scorso 16 marzo titolato “Global Britain in a Competitive Age”, la revisione strategica integrata di sicurezza, difesa, sviluppo e politica estera voluto da Boris Johnson e dal quale discende il successivo piano specifico della riorganizzazione delle forze militari convenzionali e nucleari britanniche. Quelle forze ammodernate con una riduzione di circa 10mila uomini ma con consistenti aumenti delle spese militari per lo sviluppo e l'integrazione di nuove tecnologie in aree che comprendono “lo spazio, le armi ad energia diretta e i missili ipersonici”, perché spiegava Johnson “dobbiamo preservare il nostro stato di superpotenza scientifica e tecnologica”. La “guerra fredda” contro il socialimperialismo cinese si gioca non solo sul fronte economico e politico ma sempre più anche sul fronte militare.

5 maggio 2021