Ancora morti sul lavoro nell'Italia del banchiere massone Draghi
È inderogabile da parte dei sindacati confederali aprire una vertenza nazionale su morti bianche e sicurezza sul lavoro
Le tragiche notizie delle morti sul lavoro negli ultimi dieci giorni mostrano un'Italia dove morire è facile, mentre la tanto invocata "sicurezza sul lavoro" viene in tanti casi sistematicamente evitata perché considerata un costo dall'"etica capitalista" del massimo profitto. Le undici morti bianche salite tristemente alla cronaca si aggiungono alle oltre cento vittime dall'inizio dell'anno e ai bollettini quotidiani delle morti per Covid.
Tutto ciò ci fa capire che questi lutti sono i frutti avvelenati di un sistema malato, che ha messo al bando i diritti dei lavoratori e la loro sicurezza e nel momento del dolore piange false lacrime di coccodrillo per darsi un contegno. I comportamenti di circostanza sono tipici dei vari governi liberisti degli ultimi anni, e non fa eccezione il governo attuale del banchiere massone Draghi. Draghi è stato ed è un tipico esponente della finanza iperliberista europea e italiana, un presidente del Consiglio non eletto che difficilmente potrà sanare la deregolamentazione del lavoro in Italia di cui, indubbiamente, anche lui è responsabile. Non dobbiamo quindi aspettarci niente di sostanziale da questo governo, ma invece dovremmo aspettarci, o meglio, esigere qualcosa di effettivamente significativo da parte dei sindacati in generale e da quelli confederali in particolare.
Le morti sul lavoro richiedono un vero intervento sindacale nei singoli posti di lavoro e anche a livello nazionale. Bisogna denunciare il sostegno dato da Cgil,Cisl e Uil al governo del banchiere massone Draghi e richiamarli ai loro doveri impellenti e primari. In questo caso è urgente una vertenza nazionale sulle morti bianche e sulla sicurezza, per rendere coscienti tutti i lavoratori che questa è una battaglia inderogabile e che richiede impegno, partecipazione e un lavoro capillare nei posti di lavoro. Negli ultimi anni tanti lavoratori sono morti sull'altare del profitto capitalistico e i sindacati hanno sempre promesso di fermare questo stillicidio. Ma, come ben vediamo, la strage continua e ciò dimostra che sostanzialmente si è fatto ben poco per rimuovere le cause degli incidenti sul lavoro e delle conseguenti morti. La solidarietà ai parenti delle vittime non basta più. Non si deve più morire di lavoro.
La pandemia Covid 19 ha rallentato e problematizzato l'attività sindacale, ma il problema delle morti bianche non può attendere e come il lavoro in presenza nelle fabbriche e nei posti di lavoro continua, anche l'attività sindacale deve tenere il passo e fare di più per fronteggiare i problemi della sicurezza, degli infortuni e delle morti bianche. Una funzione d'avanguardia in questo campo spetta senz'altro ai sindacalisti marxisti-leninisti, ovunque collocati, specialmente in Cgil nella corrente interna “il Sindacato è un'altra Cosa” (SaC) e nel "Fronte dei lavoratori combattivi".
Non bisogna fare sconti né ai padroni che risparmiano sulla sicurezza né ai sindacalisti che vivono ancora negli equilibri della concertazione e neanche ai governi della provvidenza,come quello del banchiere massone Draghi. Urge sempre l'esigenza della ripresa del conflitto sociale generalizzato come metodo efficace e naturale per affrontare e risolvere le controversie che fermentano nel mondo del lavoro.
La morte drammatica di questi lavoratori chiama in causa tutti coloro che sentono e vedono la drammaticità del momento e vogliono fare in modo che esista effettivamente il diritto al lavoro e il diritto alla vita nei posti di lavoro.
 
Alberto Signifredi, simpatizzante di Parma del PMLI

12 maggio 2021