Fronte unito del G7 dei ministri degli esteri contro Cina e Russia
Ma rimane aperto il negoziato con Pechino e Mosca per la lotta al cambiamento climatico

 
Il vertice di Bruxelles dei ministri degli esteri dell'Alleanza atlantica dello scorso 23 marzo registrava il ricompattamento dei paesi imperialisti occidentali dietro il capofila dell'imperialismo americano Biden e prendeva misure contro i due principali concorrenti mondiali, l'imperialismo russo e quello cinese. Alcuni dei ministri partecipanti, con l'aggiunta del Giappone, si sono ritrovati a Londra dal 3 al 5 maggio per il loro primo incontro faccia a faccia dal 2019 nel gruppo del G7 e riprendevano in fotocopia il documento finale del precedente incontro in sede Nato per confermare la loro ritrovata unità imperialista contro Cina e Russia. Pur lasciando aperto il negoziato con Pechino e Mosca per la lotta al cambiamento climatico, sulla scia della farsesca Conferenza internazionale sul clima dei distruttori dell'ambiente promossa da Biden.
Alla riunione dei ministri degli Esteri del G7, oltre ai membri permanenti del gruppo formato da Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone e dal rappresentante della UE, partecipavano su invito rappresentanti di India, Australia, Sud Africa, Corea del Sud, e il presidente e il segretario generale del l'Associazione delle nazioni del Sudest asiatico (ASEAN) interessati da incontri e eventi paralleli alle sedute ufficiali. Dal 1997 al 2014 agli incontri collaterali partecipava anche la Russia tanto che il forum politico era stato codificato come G8 ma la nuova tattica dell'imperialismo americano contro la rivale imperialista messa in campo dall'allora presidente Obama, a partire dal soffiare sul fuoco della crisi e della guerra in Ucraina, portò prima alla sospensione della partecipazione russa ai forum annuali e infine alla decisione di Mosca dell'abbandono definitivo nel 2017. L'esclusione della Russia e l'invito al gruppo degli alleati asiatici sono la registrazione delle attuali priorità in politica estera dell'imperialismo americano.
Il documento finale dell'incontro diffuso il 5 maggio inizia evidenziando il "momento critico" che stiamo attraversando determinato dal fatto che "la democrazia è sotto pressione a livello globale; la pandemia continua a porre gravi sfide globali; le nuove minacce tecnologiche stanno montando; e gli effetti catastrofici del cambiamento climatico stanno aumentando". La distruzione dell'ambiente che tra l'altro è una delle cause principali della nascita della pandemia viene per ultima, preceduta dai pericoli per la democrazia, leggi del primato dei paesi imperialisti occidentali messi sotto pressione dalla concorrenza e dallo sviluppo tecnologico di Cina e Russia. Per le Sette economie in declino il libero mercato sarebbe in pericolo solo perché la loro supremazia è stata scardinata dalla crescita delle concorrenti, anzitutto di Pechino, usando le stesse regole da loro codificate e da loro adoperate finora a discapito dei paesi più deboli e poveri.
Il documento nella parte che ripercorre le situazioni di crisi nel mondo lascia fuori solo l'America Latina e i due poli e si concentra nella fascia che va dai confini europei della Russia e dal Mediterraneo al Mar Cinese Meridionale e alla penisola coreana. Il primo attacco è alla Russia, con i ministri "profondamente preoccupati che continui il modello negativo del comportamento irresponsabile e destabilizzante" dei concorrenti imperialisti del Cremlino dalla repressione interna alla crisi ucraina, dall'appoggio al dittatore Lukashenko in Bielorussia agli attacchi informatici e alle presunte interferenze nelle campagne elettorali dei loro paesi. Dal cuore dell'Europa i Sette passavano alla regione dell'Indo-Pacifico, una regione da mantenere "libera e aperta" non certo dai regimi dittatoriali e dai governi borghesi amici quanto dai pericoli rappresentati da Pechino con le "minacce" contro Taiwan, la militarizzazione dei Mar Cinese Orientale e Meridionale, la repressione a Hong Kong e all'interno nello Xinjiang e in Tibet.
Nel salutare i rappresentanti dei paesi ospiti, i Sette chiudevano il comunicato invitandoli di nuovo al vertice dei capi di Stato e di governo del G7 che chiuderà il periodo di presidenza britannica dall'11 al 13 giugno a Carbis Bay, in Cornovaglia, e estendevano l'invito ai paesi africani. Sarà anche il primo vertice in presenza del nuovo presidente americano Biden che comunque ha già esordito in quello in videoconferenza del 19 febbraio scorso.

12 maggio 2021