Lo certifica l'Istat
Persi 900 mila posti di lavoro dall'inizio della pandemia
Donne e giovani i più colpiti

La recente rilevazione dell'Istat mostra come i dati sull'occupazione permangono drammatici. Una fotografia impietosa che contrasta nettamente con le promesse e l'ottimismo sparso a piene mani dal banchiere massone Draghi e dai suoi ministri. Mentre il capo del governo, dal G20 sul turismo invitava a “prenotare le vacanze”, i numeri ci dicevano che da febbraio 2020, cioè l'ultimo mese prima dell'inizio della pandemia, a marzo 2020, sono stati persi oltre 900mila posti di lavoro.
Un dato che l'Istat è costretta ad ammettere, anche se il suo ultimo report mensile ci indica un relativo andamento positivo. Il sito dell'istituto di statistica presenta la sua analisi cercando di puntare sulle buone notizie, perciò mette in rilievo il fatto che nel mese di marzo 2021, rispetto a febbraio, si registra una crescita dell’occupazione dello 0,2%, pari a 34mila unità in più.
Emergono comunque delle differenziazioni che ci indicano come questo lieve aumento coinvolge gli uomini, i dipendenti a termine, gli autonomi e tutte le classi d’età ad eccezione dei 35-49enni che, invece, diminuiscono così come le donne e i dipendenti permanenti. Il tasso di occupazione sale al 56,6% (+0,1 punti). Che le donne e i giovani siano i più colpiti dalla crisi occupazionale è oramai un dato di fatto, così come l'aumento dei contratti a termine, che tra l'altro sfuggono tranquillamente al blocco dei licenziamenti.
Basta poi dilatare i periodi che subito la tendenza s'inverte. Nel primo trimestre del 2021, rispetto all'ultimo del 2020, il livello dell’occupazione è inferiore dell’1,1%, con una diminuzione di 254mila unità. Nel trimestre aumentano sia le persone in cerca di occupazione (+2,4%, pari a +59mila) sia gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+1,0%, pari a +134mila unità).
Le analisi dell'Istat parlano chiaro e ci mostrano che i meno tutelati, come al solito, sono quelli più colpiti: ”rispetto a febbraio 2020, ultimo mese prima della pandemia, gli occupati sono quasi 900 mila in meno e il tasso di occupazione è più basso di 2 punti percentuali. Nello stesso periodo, l’occupazione è diminuita per tutti i gruppi di popolazione, ma il calo risulta più marcato tra i dipendenti a termine (-9,4%), gli autonomi (-6,6%) e i lavoratori più giovani (-6,5% tra gli under 35)”.
Sempre rispetto a febbraio 2020, nonostante il numero di disoccupati risulti stabile, il tasso di disoccupazione aumenta di 0,4 punti e il numero di inattivi, cioè coloro che non cercano un lavoro perché il contesto li scoraggia, è ancora superiore di oltre 650 mila unità, con il tasso di inattività più alto di 2 punti”. I dati, raccolti con la nuova metodologia di calcolo europea arrivano così a contare 945mila posti persi in poco più di un anno.
Se invece prendiamo come riferimento un anno esatto l’emorragia risulta più limitata: -565mila. Gli indipendenti diminuiscono del 4,2% (-212mila), i dipendenti a termine del 3,8% (-103mila), ma anche i dipendenti permanenti calano dell’1,7% (-250mila) nonostante il blocco dei licenziamenti. La diminuzione, scrive l’Istat, coinvolge uomini e donne e tutte le classi d’età. “Ma le donne sono le più colpite: tra marzo 2020 e marzo 2021 le occupate sono calate di 377mila unità contro i 188mila occupati uomini in meno”, praticamente il doppio.

12 maggio 2021