Col decreto Semplificazioni: liberalizzazione degli appalti, riduzione dei diritti dei lavoratori, meno sicurezza nei cantieri, via le tutele per il territorio e il patrimonio culturale

Il 28 maggio il Consiglio dei ministri ha varato la prima delle “riforme” che accompagnano il Piano nazionale di ripresa e resilienza da 235 miliardi, il cosiddetto decreto Semplificazioni che fissa la struttura di gestione del piano, la cosiddetta governance del PNRR, e stabilisce tutta una serie di norme ultraliberiste per “semplificare”, cioè abbattere, le procedure ordinarie di approvazione, attuazione e controllo delle opere, al fine di accelerare al massimo la loro realizzazione secondo i tempi strettissimi stabiliti per l'erogazione dei fondi del Next Generation Ue (NG-Ue).
La governance è rigidamente accentrata a livello politico in una cabina di regia presieduta da Draghi, con la partecipazione di volta in volta dei ministri e sottosegretari interessati alle materie trattate e degli eventuali rappresentanti regionali. La cabina di regia si avvarrà di una segreteria tecnica per tenere i collegamenti con il Cdm, il parlamento e la Conferenza delle Regioni, mentre il terzo livello della governance sarà in mano al ministro dell'Economia, Franco, con le funzioni di monitoraggio e rendicontazione del piano. Oltre alla struttura accentrata nelle mani del premier, ben oltre la pur marcata centralizzazione autoritaria rimproverata a Conte, l'aspetto più eclatante sono i poteri sostitutivi attribuiti alla presidenza del Consiglio, che può intervenire in qualunque momento e in qualunque fase dei progetti per esautorare e commissariare con un preavviso di 30 giorni i responsabili delle opere a qualsiasi livello “nel caso in cui sia a rischio il conseguimento degli obiettivi intermedi e finali del PNRR”.
Per quanto riguarda la parte delle “semplificazioni”, tutte le opere del PNRR che riguardano la transizione ecologica e quella digitale, nonché le grandi opere infrastrutturali finanziate con il fondo complementare da 30 miliardi (non soggette perciò ai tempi stretti del NG-Eu), vengono considerate “strategiche” e quindi fortemente svincolate dalle procedure di controllo ordinarie e non bloccabili da eventuali procedimenti giudiziari. Vengono più che dimezzati i tempi per la Valutazione di impatto ambientale (Via), che è affidata a una speciale commissione istituita dal ministro della Transizione ecologica. Viene generalizzato e potenziato il meccanismo del silenzio-assenso e dell'autocertificazione. E per aggirare i vincoli paesaggistici ed archeologici è istituita una Soprintendenza unica speciale facente capo al ministero della Cultura con potere decisivo superiore alle Soprintendenze regionali e locali. Ma che in ogni caso non avrà alcun potere decisionale riguardo alle aree adiacenti a quelle vincolate.
 

Un'altra capitolazione dei sindacati confederali a Draghi
Particolarmente pesante è poi l'intervento del decreto in materia di appalti e subappalti, che punta a far tornare il settore delle costruzioni indietro agli anni '50 del secolo scorso per quanto riguarda i diritti dei lavoratori e la sicurezza nei cantieri. O quantomeno alla famigerata Legge-obiettivo dei tempi di Berlusconi e del ministro Lunardi.
Vengono infatti prorogate a tutto il 2023 tutte le deroghe al codice degli appalti decise dal precedente governo col decreto Semplificazioni dello scorso luglio. Viene generalizzato a tutte le opere del PNRR il sistema degli appalti integrati, cioè la progettazione e realizzazione dell'opera da parte della stessa ditta privata, bypassando così gli uffici tecnici delle amministrazioni pubbliche (con la scusa purtroppo fondata della loro inefficienza, causata però dai tagli al personale e perdita di competenze degli ultimo decenni). Ed è stata alzata la soglia per gli affidamenti diretti senza bando di gara. Inoltre, per quanto riguarda i subappalti, che favoriscono le infiltrazioni mafiose e lo sfruttamento dei lavoratori e abbassano la sicurezza nei cantieri, c'è l'innalzamento provvisorio al 50% della quota affidabile in subappalto (che era già stata aumentata dal 30% al 40% dal governo Conte 2); mentre dal 1° novembre sarà abolita ogni limitazione, in accordo anche con una direttiva europea che vuol favorire la liberalizzazione del mercato.
Inizialmente la bozza di decreto prevedeva la liberalizzazione completa dei subappalti fin da subito, come voleva Salvini che da tempo chiede anche l'azzeramento del codice degli appalti. E per di più era previsto anche l'affidamento al massimo ribasso, un sistema definito “criminogeno” anche dall'ex presidente dall'Autorità anticorruzione (Anac), Cantone. I vertici sindacali avevano minacciato lo sciopero se queste misure dal sapore provocatorio non venivano ritirate, proprio in un momento in cui si assiste ad un aumento impressionante dei morti sul lavoro. “Non può essere che solo un anno fa tutti riconoscevano il valore essenziale del lavoro e delle persone per uscire dalla pandemia e adesso si possono tranquillamente sbloccare i licenziamenti e aprire alla liberalizzazione degli appalti”, aveva tuonato Landini, aggiungendo che “se (il governo, ndr) non cambia direzione ragioneremo su tutte le forme di mobilitazione necessarie, nessuna esclusa”. Salvo poi, dopo un frettoloso vertice con Draghi, fare dietro-front e accettare come “un risultato positivo” il compromesso della cancellazione del massimo ribasso e del rinvio di qualche mese della liberalizzazione completa dei subappalti.
Per cui è legittimo il sospetto che tutta la vicenda non sia stata altro che una sapiente sceneggiata di Draghi, che ha alzato la posta all'inizio per poi rinunciare al massimo ribasso solo per coprire il cedimento e la resa dei vertici sindacali su tutte le altre nefandezze del decreto.
 
Ecco una sintesi delle misure ultraliberiste del decreto:

Appalti e subappalti
Cancellata l'assegnazione al massimo ribasso e rinviata al 1° novembre la liberalizzazione completa dei subappalti, resta l'innalzamento della quota di lavori assegnabili in subappalto dal 40% al 50%, con la “promessa” ai sindacati della riduzione e riorganizzazione delle stazioni appaltanti e dell'equiparazione contrattuale e di sicurezza dei lavoratori delle aziende in subappalto a quelli dell'azienda assegnataria. Il resto è rimandato alla riforma del codice degli appalti da approvare con legge delega entro l'anno.
Intanto vengono prorogate al 30 giugno 2023 tutte le deroghe al codice degli appalti decise nel decreto semplificazioni del luglio 2020, tra cui la limitazione del danno erariale e dell'abuso di ufficio, l'obbligo della stazione appaltante di consegnare i lavori entro sei mesi dall'aggiudicazione, l'appalto integrato, ecc. La soglia minima per l'affidamento diretto senza gara sale da 75 mila a 139 mila euro.

Poteri sostitutivi
Trascorsi 30 giorni dalla diffida per ritardo rispetto agli obiettivi del PNRR, il governo può spostare il progetto ad altra amministrazione o ad un commissario straordinario. La diffida arriverà dal premier nel caso di Regioni ed Enti locali, o dal ministro competente nel caso delle amministrazioni centrali. Vige il meccanismo del silenzio-assenso, che dovrà essere certificato dall'amministrazione, o perfino autocertificato dal privato in caso di ulteriore ritardo della stessa.
Infine, in questa procedura speciale, è sempre possibile al Presidente del Consiglio, su proposta della segreteria tecnica installata a Palazzo Chigi, di portare la questione all’esame del Consiglio dei ministri e superare qualunque forma di dissenso o di inerzia o di diniego che ostacolassero la realizzazione del progetto. Entro novanta giorni dalla decisione del Cdm, la stazione appaltante deve poi affidare l’opera e anche in questo caso il presidente del Consiglio, in caso di inerzia, può esercitare i poteri sostitutivi.

Opere complesse e di impatto rilevante
È istituita una corsia preferenziale di “semplificazione delle procedure per le opere di impatto rilevante”. Si tratta di una decina di grandi opere per oltre 20 miliardi, molte già commissariate, tra cui l'Alta velocità Salerno-Reggio Calabria e quella in Sicilia, il potenziamento della linea Verona-Brennero e la diga foranea di Genova da quasi 1 miliardo. L'obiettivo è aggirare tutti gli ostacoli, come il dibattito pubblico obbligatorio in caso di infrastrutture invasive, gli organi collegiali e le assemblee elettive. I tempi sono contingentati per tutti i passaggi (valutazione del Consiglio superiore dei lavori pubblici, parere paesaggistico della Conferenza dei servizi semplificata, tempi di “attraversamento” da un'amministrazione all'altra ridotti, ecc.).
Ci sarà un Comitato speciale dei lavori pubblici, voluto dal ministro Giovannini, che interviene in caso di dissensi, anche in deroga a leggi, e che in massimo 45 giorni deve dare via libera, all'opera, sennò vale il silenzio-assenso. E' sempre possibile far valere comunque i poteri sostitutivi del presidente del Consiglio per sbloccare ogni impasse. È previsto anche un sistema di penali per il ritardato adempimento (1 per mille al giorno calcolato sulle conseguenze economiche fino al 20% dell'ammontare dell'opera), e di “premi di accelerazione” per ogni giorno di anticipo sul termine contrattuale.

Digitalizzazione
Sono dimezzati da 6 a 3 mesi i tempi per l'avvio degli scavi della banda larga. Previste multe da 10 a 100 mila euro per gli amministratori e funzionari che ostacolano la digitalizzazione nella Pa prevista dall'agenda europea.

Zone economiche speciali (Zes)
Fino al 31 dicembre 2026, nelle Zes (tutte le regioni del Sud, isole comprese, più l'Umbria) i commissari straordinari potranno assumere le funzioni di stazione appaltante e operare in deroga alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici, nonché delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea. Il Dl prevede poi che “i progetti inerenti alle attività economiche ovvero l’insediamento di attività industriali, produttive e logistiche all’interno delle Zes” usufruiscono di un'autorizzazione unica.

Opere di edilizia
C'è l'allargamento del superbonus edilizio del 110%, sismabonus e fotovoltaico anche a società e aziende e altri enti pubblici o privati, con la facilitazione delle procedure equiparate a interventi di manutenzione ordinaria: basterà la dichiarazione di inizio lavori. Nei centri storici sono consentite le demolizioni e ricostruzioni anche con “ampliamenti fuori sagoma o innalzamento dell’altezza”, e senza più l’obbligo di rispettare le distanze minime dagli altri edifici.

Valutazione di impatto ambientale (Via)
Per abbattere i tempi delle Valutazioni di impatto ambientale, dall'attuale massimo di 360 giorni a 130 giorni, sarà nominata dal ministro della Transizione ecologica Cingolani una speciale commissione di 40 membri a tempo pieno e in carica per 5 anni che dovrà valutare gli interventi del PNRR, compresi quelli contenuti nel fondo complementare da 30 miliardi per le grandi opere infrastrutturali, e del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC).
I pareri della commissione arriveranno direttamente in Conferenza dei servizi, la cui decisione definitiva “ha effetto variante degli strumenti urbanistici vigenti”: vale a dire basta ad aggirare Consigli comunali e regionali. Il rappresentante del ministero della Cultura potrà esprimere solo pareri consultivi per le installazioni, anche invasive, nelle aree adiacenti a quelle attualmente vincolate.
Ci saranno speciali procedure semplificate per gli impianti produzione di energia da fonti rinnovabili, infrastrutture energetiche, impianti di accumulo e fotovoltaici, nonché per il repowering (ripotenziamento) di quelli esistenti. E così per i processi di recupero dei rifiuti (end of waste ), che sarà devoluto alle Regioni per la gioia della Lega, che potrà gestire i rifiuti anche per la produzione di energia termica (leggi inceneritori), o per favorire certi industriali “amici” nello smaltimento dei rifiuti pericolosi.
Tempi dimezzati anche per la riconversione dei siti industriali da destinare ai progetti del Recovery Plan, e in questo quadro andranno avanti progetti come inceneritori, grandi gasdotti, riconversione di raffinerie, idrogeno blu; progetti spesso già presentati da grandi gruppi come Eni, Enel e Snam sotto il capello delle “rinnovabili”. Le Regioni dovranno indicare le “aree idonee” agli impianti in 10 giorni, che godranno della “variante agli strumenti urbanistici”. La Soprintendenza potrà dare solo parere non vincolante.

Soprintendenza unica
Viene istituita una Soprintendenza unica speciale presso il ministero della Cultura allo scopo di subordinare la tutela dei beni culturali e paesaggistici all'attuazione veloce delle opere del PNIEC e del PNRR. Sarà “un ufficio di livello dirigenziale straordinario” operativo fino al 31 dicembre 2026, che si avvarrà anche di “esperti” esterni alla Pa, cioè consulenti privati. La struttura potrà avvalersi, per l’attività istruttoria, delle Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio e potrà sostituirsi a queste, “in caso di necessità e per assicurare la tempestiva attuazione del Pnrr”. È poi prevista la partecipazione del ministero della Cultura al procedimento unico per gli impianti di rinnovabili localizzati in aree sottoposte a tutela o contigue. In quest'ultimo caso il dicastero si esprime nella Conferenza dei servizi con “parere obbligatorio non vincolante”.
Il professore Tomaso Montanari, in un articolo su Il Fatto Quotidiano del 31 maggio, ha così denunciato la gravità di questo provvedimento: “Nella semplificazione 'variante Draghi', la tutela del patrimonio culturale viene letteralmente massacrata: si crea il monstrum giuridico di una controllabile Soprintendenza speciale incardinata a Roma che tratterà tutti i progetti del Pnrr che riguardano più di una soprintendenza (ma che potrà avocare anche gli altri), anche avvalendosi di 'esperti' esterni (leggi: cavalli di Troia); il 'dissenso' delle soprintendenze verrà 'risolto' direttamente dal Consiglio dei Ministri... nei fatti, l’articolo 9 della Costituzione è sostanzialmente sospeso per le opere del Pnrr”.
Per protestare contro lo sblocco dei licenziamenti e il nuovo codice degli appalti l'USB Lavoro Privato ha indetto 8 ore di sciopero nazionale articolato a livello provinciale, con manifestazioni davanti alle sedi di Confindustria e alle prefetture. Occorre rilanciare e allargare simili iniziative e chiedere con forza la proclamazione di uno sciopero generale, per stoppare le “riforme” ultraliberiste del banchiere massone Draghi e buttare giù il suo governo del capitalismo, della grande finanza e della Ue imperialista.

2 giugno 2021