Lo certifica la Banca d'Italia
Il 60% delle famiglie fatica ad arrivare a fine mese

 
L'impoverimento progressivo del nostro Paese è sotto gli occhi di tutti. È sufficiente recarsi nelle periferie delle grandi città per percepire che il disagio economico – e conseguentemente sociale - si estende a macchia d'olio, riducendo i poveri in condizioni sempre più miserevoli, ma anche risucchiando una fetta sempre più larga del piccola borghesia nel grande insieme di coloro che faticano ad arrivare alla fine del mese.
La crisi del capitalismo del 2008 e quella dovuta al Covid hanno solo accelerato questo processo, proprio del nostro sistema economico ingiusto e ineguale.
Oggi però, oltre ai report delle associazioni caritatevoli, dei sindacati, e alle denunce di altre organizzazioni competenti in materia, anche i dati contenuti nella quarta edizione dell’Indagine straordinaria sulle famiglie italiane della Banca d’Italia fotografano un Paese che nella realtà è ben lontano da quello rappresentato dalle favolette raccontate ai media dai politicanti borghesi in camicia nera.
Il dato, allarmante, dice che “oltre il 60% dei nuclei familiari dichiara di avere difficoltà economiche ad arrivare alla fine del mese”, 10 punti percentuali in più rispetto al periodo precedente la pandemia; l'incidenza dell'incremento raddoppia (20%) per quei nuclei nel quale colui o colei che provvedono al mantenimento dell'intera famiglia è un lavoratore autonomo.
Negli ultimi 12 mesi per il 40% delle famiglie il reddito non è stato neanche sufficiente per coprire le spese di prima necessità come generi alimentari e bollette, e di queste la metà non disporrebbe di risorse finanziarie proprie per far fronte ai consumi essenziali nemmeno per un mese se dovesse trovarsi improvvisamente senza reddito.
Oltre l’80% a causa dell'impoverimento, sono state costrette a ridurre le spese per viaggi, alberghi, bar e ristoranti, vestiti e servizi di cura alla persona, rispetto a prima della pandemia ma, mentre per i nuclei più abbienti la contrazione è dovuta principalmente alla paura del contagio e alle misure di contenimento, per le famiglie più povere essa dipende esclusivamente dalle minori entrate.
L'ampliamento della forbice è evidenziato anche in un altro passaggio, nel quale si evidenzia come “il 45 per cento dei nuclei familiari prevede che nei prossimi dodici mesi spenderà meno del proprio reddito annuo”; in un momento di così grande difficoltà infatti le intenzioni di risparmio sono diffuse sia tra le famiglie che arrivano facilmente alla fine del mese sia tra quelle che dichiarano di avere maggiori difficoltà economiche.
L'intento è quello di racimolare un gruzzoletto tale da poter superare con meno ansia altre crisi – che come sappiamo sono insite e ricorrenti nel capitalismo -, e soprattutto andare oltre a quella che stiamo tutt'ora vivendo, il cui protrarsi da oltre un anno è causa della malagestione della pandemia e dell'assoluta assenza di tutte quelle misure che avrebbero potuto mitigarne gli effetti e accorciarne la durata, su tutti la campagna vaccinale e il potenziamento delle strutture ospedaliere e degli organici di medici e infermieri.
L’indagine si sofferma anche sulla didattica a distanza e le sue ricadute che “se non affrontate tempestivamente, potrebbero rivelarsi durature”. Secondo lo studio infatti la Dad, da un lato ha reso più rilevante per i processi educativi il contesto socio-economico delle famiglie, aumentando presumibilmente i divari negli apprendimenti e il rischio di dispersione scolastica, mentre dall’altro ha ampliato i divari di genere nel mondo del lavoro a discapito ancora una volta delle donne poiché sono proprio loro che hanno aumentato maggiormente il tempo dedicato ai carichi domestici durante la pandemia, in particolare nel Meridione.
Serve dunque una svolta che fermi questo inarrestabile tracollo economico che colpisce le fasce più deboli della popolazione; per noi il miglioramento, per quanto possibile nel capitalismo, delle condizioni economiche e di vita, lavoro, studio e salute delle masse, va raggiunto innanzitutto con una tassazione più equa e progressiva di imposte dirette – cioè sul reddito -, fondata sul principio ''più si ha, più si paga” che significa più tasse per i ricchi, i padroni e i borghesi e meno tasse per i lavoratori dipendenti, i pensionati e nessuna tassa per i più poveri. Ecco perché occorre immediatamente una patrimoniale sui redditi dei più ricchi.
Come si è potuto leggere in passato su “Il Bolscevico”, ricordando Lenin, occorre: “La completa abolizione di tutte le imposte indirette e la loro sostituzione con un'imposta progressiva sul reddito, vera e non fittizia (...) senza intaccare le basi del capitalismo, procurerà subito un enorme sollievo ai nove decimi della popolazione" (Lenin ).
Eppure in tutt'altro modo – e cioè consegnandoli nelle mani delle aziende e in particolare delle grandi imprese – il governo Draghi intende utilizzare i fondi del PNRR, anziché impiegarli in politiche occupazionali espansive ed in aiuti diretti alle famiglie ed ai singoli che si trovano in condizioni di estrema difficoltà.
Ma d'altra parte, come ci si poteva aspettare altro dal governo di un banchiere massone che non rappresenta un popolo, bensì gli interessi della grande finanza europea e mondiale e della borghesia monopolistica italiana?

2 giugno 2021