Il G7 imperialista stipula un programma globale per contenere l'influenza del socialimperialismo cinese nel mondo
Il G7 offre briciole sui vaccini ai paesi poveri e non toglie i brevetti
Proteste degli ambientalisti contro il G7

Il primo vertice del G7 a cui partecipava per il presidente americano Joe Biden doveva avere il segno del ritorno dell'America alla guida del mondo da una posizione di forza, alla testa dell'imperialismo occidentale allineato nella lotta contro il cambiamento climatico e nella cooperazione sui vaccini ma soprattutto compatto nell'affrontare a tutto campo l'ascesa incontenibile della principale concorrente imperialista, la Cina di Xi Jinping.
Il fronte unito imperialista auspicato da Biden si è realizzato, almeno a parole, nell'incontro a Carbis Bay, in Cornovaglia, dall'11 al 13 giugno tra i leader dei 7 paesi più industrializzati del mondo occidentale (Gran Bretagna, Francia, Italia, Germania, Usa, Canada e Giappone), assieme alla rappresentante della Commissione europea e agli invitati Australia, Corea del Sud, Sudafrica e India.
Praticamente in quasi tutti i punti del consueto prolisso e roboante comunicato finale del vertice ci sono aspetti che hanno a che fare con Pechino fino alla proposta di Biden, tutta da costruire, di una sorta di Via della Seta occidentale, dipinta come più democratica e inclusiva, contrapposta a quella cinese che ha già realizzato strade, porti e reti di telecomunicazione all’estero, da Pechino all'Europa con propaggini in Africa. Il G7 imperialista, sulla spinta degli Usa che tentano di ribaltare una situazione che li vede in declino, stipula un programma globale per contenere l'influenza del socialimperialismo cinese nel mondo. Che nelle intenzioni della Casa Bianca sarà completato e rafforzato dall'intesa tra Usa e Ue a Bruxelles su commercio e digitale, mirata a contrastare l'ascesa della Cina, messa all'ordine del giorno nell'incontro del 14 giugno assieme alla chiusura della guerra dei dazi accesa da Trump.
Il successo del vertice era sottolineato da Boris Johnson, il padrone di casa che lodava "il fantastico livello di armonia" tra i sette leader, un giudizio forse condizionato dall'euforia di aver appena firmato nel bilaterale con Biden la Nuova Carta Atlantica che conferma quel legame di piena armonia tra Londra e Washington instaurato con Trump. Cambia l'inquilino alla Casa Bianca ma tutto va bene per Johnson che tenta di rilanciare le ambizioni globali dell'imperialismo inglese e gli resta il problema di non rimanere isolato dopo l'addio alla Ue, con la quale ha tra l'altro riaperto lo scontro sugli accordi che lui stesso ha firmato.
"Abbiamo dimostrato al mondo che esiste un’alternativa democratica all’influenza cinese" sottolineava Joe Biden per dare ancora più splendore a quello che presentava come un grande successo per l’America, l'aver messo per iscritto un attacco a tutto campo la Cina sugli stessi temi generali usati pari pari nella campagna di propaganda già dall'amministrazione Trump, dalla denuncia della repressione delle minoranze nello Xinjiang e degli oppositori all'accelerazione dei tempi di inglobamento di Hong Kong alla richiesta di una nuova indagine sulle origini e lo sviluppo del Covid-19 libera dalle censure di Pechino e delle coperture del compiacente Oms. Argomenti sui quali i socialimperialisti cinesi sono palesemente dalla parte del torto ma che l'imperialismo americano usa strumentalmente per i suoi attacchi.
Di maggiore consistenza si presenta il contrattacco alla nuova Via della Seta cinese. Secondo Biden sarà la ripresa economica americana a fare da locomotiva per un rilancio "robusto e inclusivo" dell'economia mondiale mentre la Cina penserebbe solo ai propri interessi. Un piano per gli investimenti in infrastrutture che parte da quello americano varato con un dotazione di 2 mila miliardi di dollari e chiamato Build Back Better for the World (B3W), per “ricostruire un mondo migliore” ossia sotto la tutela dell'imperialismo americano. E gli alleati del G7 lo seguono in questa iniziativa, spiegavano alla Casa Bianca, "per soddisfare le enormi esigenze di infrastrutture dei Paesi a basso e medio reddito”, fornendo loro una “alternativa positiva alla Cina”. Ma siccome per mandare avanti l'iniziativa non bastano le credenziali di una guida da parte delle "principali democrazie” e dei loro "valori”, peraltro palesemente false e contraddette dalla costante e feroce politica di rapina delle risorse dei paesi in via di sviluppo da parte dei ricchi paesi imperialisti, ci vogliono partnership mirate ad “aiutare a coprire il fabbisogno di infrastrutture nei Paesi in via di Sviluppo, per un valore di oltre 40 mila miliardi di dollari", un capitale per dare il via all'iniziativa che i paesi del G7 pensano di ricavare “mobilitando capitali del settore privato in quattro aree di interesse - clima, salute, tecnologia digitale e uguaglianza di genere - con investimenti provenienti dalle rispettive istituzioni finanziarie per lo sviluppo”, tipo la Banca Mondiale e il Fondo monetario internazionale. Che con lo strumento del debito già strozzano i paesi meno sviluppati.
Entusiastico il sostegno a questa linea da parte del banchiere massone Draghi che ha ribadito solennemente, come già fece al suo insediamento parlamentare, che la sua Italia poggia convintamente sulle due gambe, dell'atlantismo e dell'imperialismo Ue.
Al progetto alternativo del G7 i socialimperialisti cinesi hanno gioco facile a rispondere sprezzantemente che "un piccolo gruppo di paesi non detta legge al mondo", la legge imperialista la detta il più forte, se non ancora la Cina, che è salita al 17,7% del Pil mondiale e seconda solo agli Usa scesi al 24,8%, non certo i membri del G7 che 40 anni fa rappresentavano il 70% del Pil mondiale e oggi solo il 40%.
Una parte della controffensiva anticinese i paesi imperialisti occidentali vorrebbero giocarla nel settore sanitario e si presentano come munifici donatori di dosi di vaccini ai paesi poveri. Ne daremo un miliardo, annunciava pomposamente Johnson, dei quali la metà messi a disposizione dagli Usa. Alla vigilia del vertice era stato Biden il primo ad annunciare la donazione di 500 milioni di dosi in due anni del vaccino Pfizer ai Paesi più poveri con a fianco l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla. che come gli altri padroni e amministratori delle multinazionali farmaceutiche sta scalando le classifiche dei più ricchi con un reddito spinto alle stelle dalla crescita esponenziale dei profitti. La pandemia per questi vampiri capitalisti è una manna dal cielo. L'offerta di Biden era un'elemosina e tale è rimasta, seppur raddoppiata dagli altri partner del G7, dato che il fabbisogno è di 11 miliardi. Vorrà dire che l’obiettivo di immunizzare il pianeta slitterà al 2022 e forse oltre, replicava il "generoso" Biden. Il G7 offre briciole sui vaccini ai paesi poveri e non toglie i brevetti, come richiedono da tempo le forze democratiche e antimperialiste del mondo intero. Non ha pensato nemmeno a togliere intanto i blocchi alle esportazioni e lasciato via libera alle multinazionali farmaceutiche a vendere le dosi ai paesi poveri a prezzi fino al doppio di quelli negoziati dalla Ue.
La farsa sulle donazioni dei vaccini si è ripetuta sulla tassazione dei profitti delle imprese transnazionali che il G7 finanziario indicava come minimo al 15%, un livello ridicolo di imposizione fiscale rispetto alla media delle imposte di molti paesi e a quanto viene rapinato a un operaio. Si è ripetuta sul clima dove il G7 ha promesso che il 2021 rappresenterà "il momento di svolta per il pianeta", ha sottoscritto l'impegno a azzerare le emissioni al più tardi nel 2050 e a fare tutto il possibile per mantenere l'aumento della temperatura al di sotto di 1,5 gradi e promesso di stanziare 100 miliardi a favore dei paesi più poveri affinché riducano le loro emissioni nocive. Magari era meglio che loro che sono tra i maggiori inquinatori del pianeta avessero deciso misure concrete e non promesse per ridurre le loro emissioni o a mettere fine all'uso del carbone, come richiesto dalle associazioni ambientaliste che denunciavano la farsa dell'aiuto ai pesi poveri: l'obiettivo dei 100 miliardi all'anno era stato stabilito già nel 2009 e mai raggiunto.
La denuncia delle associazioni ambientaliste è rimbalzata nelle manifestazioni di protesta che hanno accompagnato il vertice, nella città di St. Ives, vicino a Carbis Bay, promossa dal movimento Extinction Rebellion e a Falmouth dove sfilavano molti giovani del movimento "Fridays For Future". I manifestanti chiedevano fatti e non parole e denunciavano che secondo il report Fossil Fuel Financing report, pubblicato da una rete di ONG, nei 5 anni dall’adozione dell’accordo di Parigi, le più grandi 60 banche del mondo hanno finanziato con oltre 3,8 trilioni di dollari l’industria dei combustibili fossili in piena contrapposizione rispetto all’obiettivo dichiarato dell’Accordo di ridurre rapidamente le emissioni di carbonio e limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°.
Ecco dove porta il sistema imperialista: da una parte, alla devastazione, saccheggio e al surriscaldamento del pianeta e, dall'altra, all'ulteriore impoverimento e sterminio dei paesi e popoli più poveri mentre l'imperialismo occidentale a guida Usa moltiplica le contraddizioni e i pericoli di guerra commerciale, economica, politica e militare col rivale socialimperialismo cinese per il dominio assoluto del mondo.

16 giugno 2021