Al carcere di S. Maria Capua Vetere
“Orribile mattanza” dei detenuti
Emesse 52 misure cautelari
Contestati i reati di tortura, maltrattamenti e lesioni

Redazione di Napoli
Detenuti presi a manganellate, spinti e strattonati, pestati in ogni parte del corpo, costretti a strisciare o stare faccia al muro, rasatura di barba e capelli picchiati, violentemente senza alcun ritegno o pietà da parte della polizia penitenziaria, disposta a gruppi di decine. E ancora, frasi da rabbrividire: “è il capolinea, vi uccidiamo”, “li abbattiamo come vitelli”, “domiamo questo bestiame”, “va ristabilita la legalità a Santa Maria” come emerge dalla documentazione acquisita dagli inquirenti. È questo il resoconto minimo che traspare nell’ordinanza di custodia cautelare, ma soprattutto dalle immagini acquisite dal giornale on line “Domani”, della giornata del 6 aprile 2020, dove i detenuti sono stati fatti passare – per circa 4 ore - sotto delle vere e proprie “forche caudine”, una sorta di corridoio umano con gli agenti penitenziari disposti uno di fronte all’altro in assetto anti sommossa, manganelli in mano e caschi in testa.
Il Giudice per le indagini preliminari, Sergio Enea – che nell’ordinanza parla di “orribile mattanza, violenze, intimidazioni e umiliazioni senz’altro indegne di un paese civile” -, ha disposto otto misure cautelari in carcere, diciotto agli arresti domiciliari, ventitré sospesi dal lavoro e tre con la misura dell’obbligo di dimora; agli interrogatori di garanzia i poliziotti invece di rispondere in ordine alle gravi accuse mosse dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, si sono trincerati in un agghiacciante silenzio, appellandosi alla “facoltà di non rispondere”. A questo provvedimento è seguita la decisione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) di sospendere ben 77 agenti preventivamente cominciando dai massimi funzionari dell’amministrazione penitenziaria in Campania, ovvero il comandante del nucleo traduzioni e piantonamenti, Pasquale Colucci, l’ex comandante dell’istituto penitenziario di Santa Maria Capua Vetere “Francesco Uccella”, Gaetano Manganelli, e il provveditore delle carceri campane Antonio Fullone. “Hanno falsificato verbali, relazioni e finanche foto con gli oggetti che i detenuti avrebbero utilizzato per offendere: bastoni, mazze di ferro e fantomatiche ciotole piene di olio bollente da versare sugli agenti: tutto falso”. I reati contestati sono gravissimi e vanno dal delitto di tortura fino ai maltrattamenti, dalle lesioni aggravate alla falsificazione documentale, dal falso ideologico al depistaggio aggravato all’alterazione di documenti. Si parla, secondo le indagini, di quasi 300 detenuti malmenati, sottoposti a perquisizioni personali arbitrarie e abusi di autorità appartenenti ad otto sezioni della casa circondariale sammaritana.
Chiaramente l’azione degli agenti penitenziari non è stata mossa da un improvviso attacco di follia collettiva premeditata, ma da una azione preordinata tesa a reprimere alcune rivolte e proteste che si erano manifestante all’inizio del 2020 da parte dei detenuti per la situazione carceraria che si sta vivendo. Nulla di così grave, secondo gli inquirenti, tal da far chiamare in causa opportunisticamente questioni di “ordine pubblico”, ma semplici manifestazioni di dissenso che però non sono andate giù ai vertici della polizia penitenziaria
Un detenuto di origine algerina, Hakimi Lamine, muore il 4 maggio dopo essere stato pestato il 6 aprile, con frattura del naso non curata; un detenuto parla di perquisizioni umilianti anche delle agenti donne della polizia, fino “a mettermi un manganello nell’ani per verificare se avevo o meno un telefonino”; un altro detenuto afferrato per il collo della tuta e colpito in pieno viso con schiaffi e pugni. Con una unica convergenza sicura da parte dei testimoni nelle loro dichiarazioni: che esiste una “squadretta” governata da un capetto della polizia penitenziaria, tale “penna bianca”, pronto ai pestaggi soprattutto a coloro che varcano per la prima volta il carcere, quasi a dare un triste quanto agghiacciante “benvenuto”. Particolati confermati da Vincenzo Cacace, l’ex detenuto che si vede in carrozzina essere picchiato selvaggiamente dalla polizia penitenziaria senza possibilità minima di potersi difendere: “Secondo me erano drogati, volevano toglierci la dignità. Ci hanno massacrato, hanno ammazzato un ragazzo. Hanno abusato di un detenuto”, tirando in ballo anche la direttrice Elisabetta Palmieri presente ai fatti con in pugno un manganello. “Mi hanno distrutto, mentalmente mi hanno ucciso – continua Cacace che ha in evidenza un occhio ferito dalle manganellate -. Sono loro i malavitosi perché vogliono comandare in carcere. Noi dobbiamo pagare, è giusto ma non dobbiamo pagare con la nostra vita. Voglio denunciarli perché voglio i danni morali”.
Forte l’intervento dell’ex magistrato anticamorra Paolo Mancuso (attuale presidente metropolitano del PD): “quello che è successo a Santa Maria Capua Vetere è tortura, non c’è dubbio: dal video emergono fasi anche non brevi che contemplano il reato di tortura. Credo che non ci sia essere umano che non possa condannare tutto questo: situazione inconcepibile, il corpo di un detenuto o di un fermato è intoccabile sotto qualunque articolazione dello Stato si trovi”. Ferma anche la posizione di Emilio Fartorello del Sappe: “A Santa Maria Capua Vetere la situazione è sfuggita di mano come a Bolzaneto 2001”.
Al vaglio degli inquirenti anche le dichiarazioni della direttrice Elisabetta Palmieri, chiamata in causa dai detenuti, che risponde: “Non c'ero in quei giorni, ero assente per gravi problemi di salute. Come sia potuto accadere? Le motivazioni possono essere tante; c'era stata comunque una protesta molto, molto forte, il giorno prima da parte dei detenuti alla notizia del primo caso Covid. Si erano impossessati di alcune sezioni e anche barricati all'interno. Ma non si può rispondere con la violenza. Non sono giustificate quelle immagini e sono agghiaccianti”.
 

7 luglio 2021