Sotto la presidenza di Blinken e Di Maio
La coalizione internazionale imperialista rilancia la guerra allo Stato islamico
Lo Stato islamico reagisce attaccando Di Maio e promettendo di conquistare Roma. Il guerrafondaio Draghi esprime "pieno sostegno e profonda solidarietà" al ministro degli esteri
L'Italia imperialista di Draghi ha messo a rischio la sicurezza del popolo italiano

 
"L’Italia ospita e co-presiede con gli Stati Uniti oggi, 28 giugno, a Roma la Ministeriale plenaria della Coalizione Globale anti-Daesh/ISIS. È un appuntamento molto importante per gli 83 membri della Coalizione, che per oltre la metà saranno presenti a livello di Ministro, trascorsi più di due anni dall’ultima riunione in formato completo. Si tratta anche di un riconoscimento degli sforzi del nostro Paese nel contrasto al gruppo terroristico, sia in ambito militare che civile", annunciava sventolando i gagliardetti dell'imperialismo italiano il comunicato pubblicato sul sito del Maeci in occasione del vertice romano della coalizione internazionale imperialista che rilancia la guerra allo Stato islamico, tenuto sotto la presidenza del segretario di stato americano Antony Blinken e del ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio, fresco reduce della visita in Mali e Niger. La tribuna del vertice era una occasione importante per Di Maio e il governo imperialista di Draghi per mettersi in vetrina e vantarsi di avere un ruolo di primo piano in quella che altro non è che una vera e propria guerra con migliaia di morti in Siria e Iraq, in gran parte civili, e che mette a rischio la sicurezza del popolo italiano. E quando è arrivata la prevedibile reazione dello Stato islamico, che ha attaccato Di Maio e promesso di conquistare Roma, si sono moltiplicati gli strepiti dell'imperialismo italiano contro il pericolo del "terrorismo" come si trattasse di una situazione incomprensibile e immotivata e non generata direttamente dalla guerra condotta dalla coalizione imperialista nei paesi mediorientali e dalla sua volontà di allargarla all'Africa dietro il pretesto di bloccare i flussi migratori.
Il rilancio della guerra imperialista allo Stato islamico deciso al vertice di Roma passa dall'ingresso di nuovi membri soprattutto africani, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo e Mauritania oltre allo Yemen, e dalla presenza come osservatori di Burkina Faso, Ghana, Mozambico, a segnare le direttrici dei nuovi interventi, dato che "la Coalizione globale anti- Daesh/ISIS intende impegnarsi in maniera efficace nel continente africano"; una volta consolidati quelli tradizionali, affidati tra l'altro al maggiore coinvolgimento in Iraq deciso dalla Nato e dalla UE attraverso la missione EUAM Iraq e alle Forze democratiche siriane (SDF) nel nord-est della Siria.
La Coalizione punta alla "sconfitta duratura di Daesh" nelle aree della Siria e dell'Iraq dove si era costituito lo Stato islamico, "per impedire al nucleo Daesh/ISIS in Iraq e Siria, e alle loro reti affiliate in tutto il mondo, di ricostituire un’enclave territoriale e di continuare a minacciare le nostre nazioni", senza perdere d'occhio, "anche su impulso italiano" si compiace il comunicato della Farnesina, le minacce di "organizzazioni affiliate a Daesh in altre aree, in particolar modo nel Sahel e in diverse regioni del continente africano", nelle terre di partenza di flussi migratori, che metterebbero a rischio anche la sicurezza della regione mediterranea. Guerra allo Stato islamico, al terrorismo, e guerra ai migranti trovano una unione nei piani della Coalizione, sotto la spinta in particolare dell'imperialismo italiano che col governo Draghi ha riaffermato il ferreo impegno atlantista e una vocazione guerrafondaia verso la “regione mediterranea” allargata al Medio Oriente e al Sahel.
"L’Isis è vivo, ci sono almeno 10mila miliziani ancora attivi in Siria e Iraq" e fanno proseliti, avvertiva Blinken, a ben 4 anni dall'annuncio del governo iracheno di fine 2017 della sconfitta dello Stato Islamico, della sua cancellazione territoriale sotto le bombe della coalizione imperialista che hanno seppellito miliziani antimperialisti e civili dalla siriana Raqqa all'irachena Mosul. Proprio nella settimana precedente il vertice di Roma si è registrato un attacco coi razzi contro la centrale elettrica irachena di Samarra, a nord di Baghdad, e la pubblicazione in rete di un lungo audio del portavoce Abu Hamza al Quraishi che incitava i “soldati del califfato” in Iraq, Siria e nel resto del mondo a liberare i militanti prigionieri.
A Blinken che invitava i partner della Coalizione Globale per la lotta a Daesh a proseguire la lotta "agli elementi residui in Iraq e Siria" per impedire la ripresa della guerra antimperialista faceva eco Di Maio che annunciava l'impegno dell'imperialismo italiano di mantenere intanto oltre 800 uomini dislocati tra Iraq e Kuwait per aiutare il governo di Baghdad a diventare capace di affrontare autonomamente la minaccia terrorista e un aumento della "nostra partecipazione alla missione Nato in Iraq pronti ad assumerne il comando dopo il turno assicurato dalla Danimarca".
“Nella lotta al terrorismo internazionale nessuno può farcela da solo, per questo la cooperazione con gli Stati Uniti è strategica e l’Italia svolge un ruolo di primo piano in questa coalizione”, dichiarava il ministro M5S, che annunciava: "pur in un contesto finanziario gravato dall’impatto della pandemia" un aumento delle spese fino a un totale di "oltre 13 milioni di euro per iniziative in Iraq e 11 milioni e mezzo di euro per interventi nel Nord-Est della Siria" per "consolidare i risultati ottenuti e restringere gli spazi di reclutamento di Daesh". Il finanziamento per i progetti guerrafondai dell'imperialismo italiano non devono mancare neanche durante le emergenze della crisi pandemica e sociale.
Ma l'imperialismo italiano non si accontenta di essere fra i protagonisti in Iraq, lo vuole essere anche in Africa. Blinken sosteneva che "stabilizzare i territori a rischio" in Africa, ossia riprendere il pieno controllo militare perduto dai governi locali delle aree dove sono presenti militanti antimperialisti, permetterebbe di fermare i flussi migratori verso l’Europa, "una priorità che coincide con quella degli Stati Uniti". "Abbiamo proposto di istituire un gruppo di lavoro focalizzato sull'Africa e in particolare sull'area del Sahel", annunciava Di Maio alla fine del vertice, "il continente africano, appunto dal Sahel e fino al Mozambico e il Corno d'Africa, è il nuovo allarmante scenario di proliferazione delle cellule terroristiche legate allo Stato Islamico", in quella regione dipinta come uno "snodo centrale del commercio di armi e uomini verso il nostro continente", come un pericolo da affrontare militarmente senza indugi. Anche al rischio di esporre il popolo italiano ai contraccolpi di una guerra che non è affatto nel suo interesse.
Il settimanale online al-Naba, la rivista ufficiale dell'Isis, in un articolo dell'8 luglio che analizzava il rilancio della guerra da parte del vertice romano della coalizione imperialista, denunciava vari aspetti fra i quali il nuovo schieramento delle truppe americane e occidentali in Iraq, col potenziamento sul territorio curdo, e l'allargamento all'Africa fino al Mozambico, con una missione d'addestramento europea. E sottolineava che "le preoccupazioni dell’Europa crociata non sono infondate e le paure della Roma crociata sono giustificate, perché sono state e sono ancora nella lista dei bersagli più importanti per i mujaheddin. Perché questa è la promessa che Dio Onnipotente ha fatto ai suoi fedeli servitori che sono sicuri della sua realizzazione. L’aspettano con grande pazienza e hanno fatto preparativi sin dall’inizio della loro guerra santa in Iraq“, per chiudere affermando riguardo alla "Roma crociata" che "la prenderemo, ne siamo sicuri. I giorni della battaglia stanno arrivando e saranno felici coloro che hanno proseguito la lotta".
Secondo i servizi italiani si tratterebbe di una affermazione generale ma non un diretto appello alla mobilitazione immediata. Una posizione che cerca di sminuire i rischi e fornisce a Di Maio il via libera alla guida della guerra allo Stato islamico. Il ministro degli Esteri incassava la solidarietà dal Partito Democratico di Enrico Letta al collega presidente M5S della Camera Roberto Fico secondo il quale "l'impegno centrale del nostro Paese nella lotta al terrorismo dell'Isis è un punto saldo e indiscutibile" e da tutta la destra, da Salvini a Meloni e Brunetta. E soprattutto incassava "pieno sostegno e profonda solidarietà" dal guerrafondaio Draghi che ribadiva come "il governo resta impegnato nel contrasto al terrorismo". Forte di questa compattezza istituzionale, assicurava che l'imperialismo italiano era deciso ad "andare avanti" anche "sul lato militare" nella lotta al terrorismo infischiandosi di mettere così a grave rischio la sicurezza del popolo italiano.


14 luglio 2021