Elezioni presidenziali in Perù
Il riformista Castillo batte la destra Fujimori

 
Al ballottaggio del 6 giugno il candidato riformista Pedro Castillo di Perù Libre, che già era risultato in testa al primo turno dell'11 aprile, ha battuto di stretta misura la candidata della destra Keiko Fujimori di Fuerza Popular, figlia e erede politica dell’ex dittatore Alberto che oggi sconta una condanna a 25 anni di prigione. A dire Bloccata dalla indagine sulla denuncia di brogli da parte della candidata della destra - e fa fede il comunicato del 14 giugno dell'Ufficio nazionale dei processi elettorali (ONPE) che sulla base del 99,935% dei verbali elettorali registrati assegnava alla formazione Peru Libre di Castillo quasi 8.8 milioni di voti, pari al 50,14%, contro il 49,86% della Fujimori, candidata di Fuerza Popular- la formalizzazione dei risultati è avvenuta un mese dopo. Il distacco dello 0,28%, corrisponde a circa 45 mila voti.
I primi risultati parziali resi noti dall'Ufficio elettorale assegnavano un leggerissimo vantaggio alla candidata della destra che sperava di consolidare il risultato coi voti dall'estero, un bacino di consensi storicamente legato a Fujimori. La conquista della poltrona presidenziale fino al 2026 era essenziale per Keiko Fujimori, che aveva avuto una dispensa speciale dal tribunale per poter estendere la sua campagna elettorale fuori da Lima dato che rischia una pesantissima condanna nel processo dove è accusata di riciclaggio per 17 milioni di dollari. Castillo contava invece sul voto delle aree rurali, dove lo scrutinio andava a rilento; contava sui consensi che dovevano arrivare dalle zone più povere del paese a cui era diretta in particolare la sua campagna elettorale all'insegna della promessa di "Mai più poveri in un paese ricco". Il sorpasso si è verificato, come registrato ma non proclamato dopo otto giorni dall'Ufficio elettorale, in una situazione comunque ancora complessa e segnata se non altro da una crescita della diserzione delle urne con i votanti passati dai 25 milioni del primo turno di aprile ai nemmeno 19 milioni del ballottaggio.
Pedro Castillo è passato in pochi mesi da maestro di scuola a leader del partito Perù Libre che è appoggiato da Cuba. Si autodefinisce marxista e ha promesso di cambiare la Costituzione e attuare riforme radicali che però oscillano tra la nazionalizzazione delle imprese non totalmente applicabile se deve andare di pari passo al rispetto della proprietà privata "se genera benefici per il popolo". Ha annunciato una politica protezionista ma che garantisca almeno il 20% dei profitti alle imprese transnazionali.
Alla prova dei fatti, se confermato nella carica presidenziale, dovrà risolvere i problemi delle masse popolari peruviane che stanno in numeri quali il 20% dei bambini e degli adolescenti costretto a lavorare, poiché sui 32,5 milioni di abitanti quasi un terzo si trova al di sotto della soglia della povertà; una povertà che cresce anche per gli effetti della pandemia che ha un dato significativo: il Perù ha registrato finora oltre 180mila vittime che lo hanno portato al primo posto al mondo per numero di morti (5.484) ogni milione di abitanti.
 

21 luglio 2021