Contributi
Afghanistan, talebani e piagnistei occidentali

di Niccolò - Modena
Negli scorsi giorni, la destituzione del governo filo-imperialista di Kabul da parte dei talebani ha scosso la comunità internazionale: l’Occidente piagnucola, non riesce a superare la propria sconfitta.
La destra reazionaria urla alla vergogna, incolpa di “aver lasciato donne e bambini in mano ai 'tagliagole islamici'”. La sinistra anticomunista e globalista frigna, parlando di “corridoi umanitari”.
Il Partito marxista-leninista italiano, l’unica forza comunista contro il revisionismo e il riformismo borghese dilagato nella “sinistra” occidentale, ha subito dichiarato - senza se e senza ma - la propria posizione sull’argomento. Nel comunicato dell'Ufficio stampa del PMLI di lunedì 16 agosto, intitolato “La conquista di Kabul è una vittoria anti-imperialista dei talebani”, si legge: «Il PMLI saluta e appoggia la conquista di Kabul e del potere politico da parte dei talebani, dopo venti anni di guerriglia. Una smagliante vittoria antimperialista e una bruciante e storica sconfitta dell'imperialismo americano e dei suoi alleati, fra cui l'Italia [..].
La fuga ignominiosa del presidente fantoccio Ghani, abbandonato persino dal suo esercito, è una chiara dimostrazione che tutto quello che avevano creato gli occupanti imperialisti era fondato sulla sabbia e non veva alcuna base popolare. Sorprende perciò, ma fino a un certo punto, il piagnisteo de 'il manifesto' trotzkista che inizialmente non ha digerito la vittoria dei talebani. Al quotidiano sedicente comunista gli sfugge completamente l'elemento principale dell'antimperialismo dei talebani. [...] Naturalmente c'è un abisso tra il PMLI e l'ideologia, la strategia, il programma, i metodi di lotta e la politica antifemminile dei talebani. Ma ciò non può e non deve costituire un ostacolo all'appoggio militante al governo antimperialista talebano. Speriamo che questo atteggiamento venga condiviso da tutte le forze antimperialiste italiane [...] L'Afghanistan appartiene al popolo afghano, non all'imperialismo di qualsiasi paese, compreso la Cina e la Russia, che già operano per prendere il posto dell'imperialismo americano e dei suoi alleati. Il PMLI chiede al governo del banchiere massone Draghi di riconoscere il governo talebano. In ogni caso lo diffida a compiere azioni militari, economiche, commerciale e diplomatiche contro la nuova realtà governativa afghana, che potrebbero causare ritorsioni di stampo terroristico che pagherebbe col sangue il popolo italiano».
È successivo l’oscuramento vergognoso e reazionario del post della pagina Facebook del PMLI, dov’era stato pubblicato il comunicato. L’oscuramento del comunicato dev’essere interpretato come la reazione del potere dei media verso chi dice la verità sulla situazione, il clima storico e politico dell’Afghanistan, complesso e fondamentalmente raccontato in carattere e prospettiva imperialista.
Si tratta della storia di un popolo oppresso, di invasioni imperialiste e di sfrenata resistenza.
Alla fine degli anni Settanta, il PDPA (Partito Democratico Popolare afgano) depose il dittatore Daoud Khan, con la guida di Mohammed Taraki. Presto, l’Afghanistan socialista chiese aiuti all’Unione Sovietica caduta nel revisionismo e nel social-imperialismo, la quale negò qualunque tipo di sostegno. Infatti, in Afghanistan era già nata una guerra con degli jihadisti, finanziata e supportata dalla CIA e dalla borghesia nazionale ed estera.
Amin, vicepresidente della nazione, uccise Taraki nel settembre del 1979: poco dopo, anch’egli fu ucciso dall’Armata Rossa, che entrò in Afghanistan con intenti imperialisti: i comandi sovietici iniziarono a compiere razzie verso le popolazioni del luogo. Venne così instaurato il governo revisionista, filo-socialimperialista e riformista di Babrak Karmal. Da lì, iniziò una forte tensione militare.
Il paese, diviso tra milizie imperialiste (sovietiche e statunitensi), ebbe una forte risposta da parte del popolo che, in maggioranza di fede islamica, iniziò a supportare alcuni movimenti dell’opposizione politica islamica nella nazione.
Nel 1989, i sovietici si ritirarono e fu successivo anche il ritiro delle forze armate occidentali. L’Afghanistan piombò in una guerra civile tra i combattenti islamici. Nacquero così, nel 1992, i talebani. Rispetto ad altri gruppi, ebbero un forte consenso popolare. Nel 1998, i talebani conquistarono quasi tutto il paese, e diventarono l’unico gruppo in difesa del popolo afgano.
Dopo l’11 settembre 2001, la controffensiva statunitense portò alla nuova invasione del paese: la guerra tra talebani e imperialisti è così iniziata.
Una guerra dove giovani hanno pagato col sangue le violenze perpetrate dagli americani contro il popolo afgano e gli altri popoli oppressi dall’imperialismo occidentale. Stabilizzato nei centri più abitati della nazione, nacque il governo fantoccio neofascista degli americani. Nelle periferie e nelle zone rurali, abitate dalla classe contadina, i talebani erano ancora attivi. Oggi, dopo anni di lotta politica del popolo afgano, i talebani sono riusciti ad abbattere l’imperialismo e i suoi alleati, ed hanno istituito l’emirato religioso.
In questo clima di caotiche e spesso retoriche risposte in merito all’argomento Afghanistan da parte del movimento comunista internazionale, bisogna chiarire chi ha ipoteticamente ragione tra le fazioni. La risposta è una, secca e semplice: il popolo. Un popolo schiacciato dalle guerre e dalla sete di potere. I talebani sono l’unica forza a poter rappresentare l’antimperialismo, ma non per questo i comunisti devono sostenere la dottrina islamica: in un paese dove il movimento operaio e contadino è fortemente disorganizzato, se non inesistente, i talebani possono essere utili per sradicare le potenze reazionarie trapiantate nella nazione a scopo imperialista. Ora l’obiettivo è un altro: organizzare il proletariato afgano, costituire l’avanguardia politica del popolo e vincere la lotta di classe!

1 settembre 2021