Ecco la “lezione” che traggono gli imperialisti europei dall'Afghanistan
Borrell: “La Ue deve essere in grado di intervenire per proteggere i nostri interessi con una Forza di primo intervento”
Dopo il ritiro dall'Afghanistan Mattarella invoca l'esercito europeo

 
L'Unione europea deve imparare dall'esperienza dell'Afghanistan, prendere atto anzitutto che gli interessi imperialisti di Usa e Ue a volte non coincidono e organizzarsi per agire per conto proprio, pur mantenendo saldo il legame transatlantico. Questo il succo di una fitta serie di dichiarazioni e interviste del vicepresidente della Commissione e alto rappresentante della politica estera dell’Unione europea, il socialista spagnolo Josep Borrell che auspica la creazione di una forza d’intervento rapido europea, formata dal gruppo di paesi che ci stanno senza attendere l'unanimità, composta da almeno cinquemila soldati da impiegare nelle future crisi e utilizzabile a tambur battente, senza dover ricorrere a consultazioni più o meno lunghe tra i 26 partner.
"Ognuno dei Paesi Ue presenti in Afghanistan si è mobilitato attorno all’aeroporto di Kabul in queste settimane. Hanno cooperato fra loro e hanno condiviso le capacità di trasporto. Ma come europei non siamo stati in grado di mandare seimila soldati attorno all’aeroporto per proteggere la zona. Gli americani ci sono riusciti, noi no", registrava Borrell nell'intervista al Corriere della Sera del 30 agosto a supporto della sua proposta di creare quella che chiama una “Initial Entry Force ” europea, perché "la Ue dev’essere in grado di intervenire per proteggere i propri interessi" anche "quando gli americani non vogliono essere coinvolti". "Gli Stati Uniti non sono più disposti a combattere le guerre degli altri. È così.", continuava il rappresentante Ue, "come europei, dobbiamo usare questa crisi per imparare a lavorare di più insieme. E per rafforzare l’idea dell’autonomia strategica. Dovremmo essere in grado di muoverci anche da soli". Ovviamente senza strappi con gli Usa e la Nato, anzi "rafforzando la relazione transatlantica, rendendola più equilibrata". Ossia, spiegava, "la rivalità fra gli Stati Uniti e la Cina definirà il ventunesimo secolo. Ma il mondo non è bipolare, è sempre più multipolare e la Ue deve essere uno dei poli. Saremo sempre più vicini all’America che alla Cina, ma questo non significa che dobbiamo essere sempre e sistematicamente allineati con gli Stati Uniti, perché abbiamo interessi differenti in alcune aree. Esattamente come loro. Per questo l’autonomia strategica non è affatto contro l’alleanza transatlantica, per serve per avere la nostra propria visione degli affari internazionali e la nostra capacità di agire: insieme con partner come gli Stati Uniti quando possibile e da soli quando necessario".
Nella successiva intervista pubblicata l'1 settembre sul New York Times Borrell sottolineava che i paesi europei della Nato si sono trovati totalmente dipendenti dalle decisioni statunitensi, su cui non hanno avuto alcun peso. "L’America di Joe Biden non è diventata isolazionista", non segue il principio prima l'America del predecessore Trump, precisava ma non "sarà più il gendarme del mondo", o meglio non è in grado di farlo, perché "la potenza degli anni novanta ha ridimensionato le sue ambizioni e ha ridefinito quelli che considera i suoi interessi strategici". Proprio in quei giorni Biden riceveva il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj per rilanciare la guerra locale e la crisi contro la Russia di Putin nel cuore dell'Europa. "Cosa farà Biden se Putin minaccerà l’Ucraina, come già accaduto la scorsa primavera? Anche l’Europa vorrebbe saperlo", chiosava Borrell.
Alla riunione dei ministri della Difesa dell’Unione Europea del 2 settembre a Lubiana, in Slovenia, Borrell ribadiva che "se vogliamo essere in grado di agire in modo autonomo e non dipendere dalle scelte degli altri, anche se questi altri sono nostri amici e alleati, allora dobbiamo sviluppare le nostre capacità”, raccogliendo anzitutto l'appoggio del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel: “l’Ue e i suoi Stati membri devono avere un peso maggiore nel mondo, per difendere i nostri interessi e valori. Il caotico ritiro dall’Afghanistan ci costringe ad accelerare il nostro pensiero su un piano di difesa europea”.
Non ha certamente nessun problema il presidente francese Macron che spinge da anni per l'autonomia strategica e di conseguenza militare della Ue e che già il 28 agosto al Journal du Dimanche aveva dichiarato che “l’Europa della difesa e dell’autonomia strategica deve nascere ora!”. Magari con passi concreti a partire dall'1 gennaio quando la Francia assumerà la presidenza semestrale di turno dell’Unione europea. Può tirarsi dietro l'imperialismo italiano col quale entro l'anno dovrebbe chiudere il protocollo chiamato il Trattato del Quirinale che salderà l'asse tra Parigi e Roma e che tra le altre serve alle due potenze imperialiste per bilanciare il peso e il potere di Berlino nella Ue. Sia l'Italia che la Germania finora hanno accompagnato i primi passi della difesa europea con la premura di non irritare la Casa Bianca. A fine settembre le elezioni tedesche determineranno chi sarà il successore della Merkel e dei suoi sedici anni di governo, quasi tutti in coalizione coi socialidemocratici della Spd che sembrano in vantaggio nei sondaggi e può darsi che nulla cambi nella politica di Berlino.
Intanto Borrell incassava l'impegno dei 26 per definire entro novembre la bozza del piano di revisione della strategia globale della Ue e il via libera dalla Casa Bianca che invitava l’Unione Europea e la Nato a coordinarsi per “evitare duplicazioni e potenziali sprechi di risorse scarse”.
Se la fuga degli Usa da Kabul avrà un impatto questa volta effettivo sulle aspirazioni autonome dell'imperialismo europeo saranno i fatti a dimostrarlo. Finora sono finiti al macero tutti i progetti annunciati, da quello di dar vita ad un corpo d'intervento con 60 mila uomini dispiegabile entro 60 giorni avanzato dall'Ue a 15 nel vertice di Helsinki del 1999 alla costituzione degli Gruppi di battaglia europei pensati nel 2007 a seguito della guerra dei Balcani. Certo pesava non poco il recaltricante Regno Unito, che metteva avanti gli interessi imperialisti nazionali e i privilegi del legame con Washington, di cui la Ue si è liberata con la Brexit. Nel maggio scorso quattordici Stati europei, a partire da Francia, Germania e Italia avevano già presentato la proposta di dotare l’Ue di una capacità di intervento rapido, pensando a impegni militari magari in Africa, dalla Libia alla nuova frontiera della "guerra al terrorismo" nel Sahel. Dopo la serie di fallimenti potrebbe essere questa la volta buona, almeno secondo il francese Thierry Breton, commissario Ue per il mercato interno, dato che l'Ue avrebbe “imparato a proprie spese” dalla crisi in Afghanistan la necessità di costruire le proprie capacità di difesa, che la difesa comune “non è più facoltativa” e che l'Ue deve diventare in grado di gestire missioni militari in “piena autonomia”.
Detto con altre parole è lo stesso concetto espresso dal presidente italiano Sergio Mattarella che apriva il 30 agosto i lavori del seminario di Federalisti Europei a Ventotene con queste parole: "L'Afghanistan ha messo in evidenza la scarsa capacità di incidere dell'Ue. È indispensabile assicurare subito gli strumenti di politica estera e di difesa comune. La Nato è importante ma oggi è richiesto che l'Unione Europea abbia una maggiore capacità di presenza nella politica estera e di difesa. Occorre quindi che l'Unione si doti sollecitamente di strumenti efficaci e reali". Concetti che ripeteva il 4 settembre dalla tribuna virtuale del forum Ambrosetti di Cernobbio per ribadire che "serve una politica estera e di sicurezza comune", perché "l'Europa non può permettersi di essere assente da scenari ed eventi le cui conseguenze si ribaltano sui Paesi che la compongono e dalla definizione delle regole che presiedono alle relazioni internazionali". Una spinta convinta a Draghi affinché si muova anche verso la rapida costituzione di un esercito Ue al servizio degli imperialisti europei.

8 settembre 2021