No alla sospensione da lavoro e stipendio per chi non ha il Green pass

Abbiamo già preso tempestivamente una netta posizione di condanna sulla necessità del green pass - come stabilito dal decreto legge n. 111 del 6 agosto 2021 emanato dal governo Draghi - per poter accedere a una serie di servizi, come bar e ristoranti al chiuso, musei, palestre, piscine e altro. Tali obblighi venivano quindi estesi, a partire dal 1° settembre, anche agli spostamenti a lunga percorrenza su treni, navi, traghetti interregionali e aerei per ciò che riguarda i servizi, e a tutto il personale della scuola, docente e non docente e agli studenti universitari, per ciò che riguarda le persone.
Le alternative all'avvenuta vaccinazione sono il certificato di avvenuta guarigione dal Covid o il tampone (molecolare o antigenico rapido) nelle precedenti 48 ore, con costi, in quest'ultimo caso, a carico dell'interessato.
Era chiarissimo già il 6 agosto, e ancora di più il 1° settembre, che la strategia del governo Draghi era quella di imporre - di fatto, anche se non di diritto - l'obbligatorietà del vaccino, la cui obbligatorietà per legge comporterebbe un ricorso alla giustizia da parte di coloro che potrebbero subire eventuali effetti collaterali dovuti alla vaccinazione.
I primi giorni di settembre centinaia di docenti universitari, una cinquantina dei quali sono professori di materie giuridiche, hanno sottoscritto un appello nel quale, tra l'altro, si mettevano in rilievo i profili di incostituzionalità dell'obbligatorietà del green pass.
Molti tra noi – si legge nell'appello - hanno liberamente scelto di sottoporsi alla vaccinazione anti-Covid-19, convinti della sua sicurezza ed efficacia. Tutti noi, però, reputiamo ingiusta e illegittima la discriminazione introdotta ai danni di una minoranza, in quanto in contrasto con i dettami della Costituzione (art. 32: 'Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana') e con quanto stabilito dal Regolamento UE 953/2021, che chiarisce che 'è necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono state vaccinate' per diversi motivi o 'che hanno scelto di non essere vaccinate' ”.
Nella situazione attuale – prosegue l'appello, mettendo in luce le implicazioni che riguardano il diritto costituzionale all'istruzione - o si subisce il green pass, oppure si viene esclusi dalla possibilità di frequentare le aule universitarie e, nel caso dei docenti, si è sospesi dall’insegnamento: tutto questo viola quei diritti di studio e formazione che sono garantiti dalla Costituzione e rappresenta un pericoloso precedente ”.
In sostanza, la 'tessera verde' – conclude l'autorevole documento, evidenziando le implicazioni giuridiche su un ampio complesso di diritti costituzionalmente garantiti - suddivide infatti la società italiana in cittadini di serie A, che continuano a godere dei propri diritti, e cittadini di serie B, che vedono invece compressi quei diritti fondamentali garantiti loro dalla Costituzione (eguaglianza, libertà personale, lavoro, studio, libertà di associazione, libertà di circolazione, libertà di opinione) ”.
Nonostante tale appello, il governo Draghi ha emanato il 21 settembre scorso il decreto legge n. 127, il quale rincara la dose, prescrivendo che dal 15 ottobre al 31 dicembre 2021 tutti i lavoratori del settore pubblico e privato - sia dipendenti sia parasubordinati sia autonomi sia professionisti iscritti agli albi - dovranno dotarsi del green pass, che viene rilasciato dal Ministero della Salute a seguito o di vaccinazione con entrambe le dosi, ove previste, per la durata del certificato di 12 mesi, o di certificato di guarigione dal Covid con durata di 9 mesi, o, infine, dell'effettuazione di un tampone con esito negativo valido per 48 o 72 ore, a seconda che esso sia antigenico o molecolare.
I dubbi su tale ultima normativa sono stati sin da subito molteplici, sia nella comunità scientifica sia tra i giuristi.
Da un punto di vista scientifico, non si comprende perché quest'ultimo decreto legge preveda che l’immunità acquisita col vaccino duri di più di quella naturale, in quanto è accertato scientificamente che è vero l'opposto, inoltre desta perplessità quanto disposto dall’articolo 5 del decreto legge, che consente il rilascio del green pass anche ai vaccinati risultati positivi dopo la vaccinazione.
Ma i dubbi maggiori, che si aggiungono alle citate riflessioni dei docenti universitari, sono di carattere giuridico.
L'articolo 77 della Costituzione prevede che “in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge ”, ossia presupposto fondamentale per l'emanazione di un decreto legge è, oltre alla necessità, l'urgenza: eppure le disposizioni del decreto legge n. 127 che impongono l'obbligatorietà del green pass ai lavoratori entreranno concretamente in vigore a partire dal 15 ottobre 2021, ossia quasi un mese più tardi rispetto alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta lo stesso 21 settembre: ciò vanifica, se non il presupposto della necessità, sicuramente quello dell'urgenza. Sia il Parlamento in sede di conversione del decreto legge sia il Presidente della Repubblica in sede di promulgazione della legge di conversione, ove essa avvenga, sia, infine, la Corte costituzionale, ove investita di tale questione, potranno tenere conto di tale gravissimo rilievo di carenza assoluta dell'urgenza.
Non si tratta di un bizantinismo giuridico, perché le conseguenze di questo sciagurato decreto legge per la vita dei lavoratori rischiano di essere pesantissime.
Per i dipendenti pubblici e privati, infatti, nel caso in cui il lavoratore “comunichi di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o qualora risulti privo della predetta certificazione al momento dell'accesso al luogo di lavoro ” (sesto comma dell'articolo 1 del decreto legge), esso verrà considerato assente ingiustificato dal posto di lavoro, con la conseguenza che per per tali giorni “non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento ” (sesto comma dell'articolo 3).
Il settimo, ottavo e nono comma dell'articolo 1 del decreto legge prevedono che i controlli spetteranno ai datori di lavoro o loro delegati, ai quali si applicherà – in caso di inosservanza – la sanzione amministrativa da euro 600 ad euro 1.500, sanzione che si riduce da 400 a 1.000 euro per i lavoratori.
Per le aziende del settore privato con meno di quindici dipendenti la situazione per i lavoratori si fa oltremodo gravosa, in quanto dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata l'imprenditore potrà sostituire il lavoratore senza green pass con un altro lavoratore, sospendendo il dipendente per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta.
Per ciò che riguarda i lavoratori parasubordinati, autonomi e professionisti iscritti agli albi, anche essi dovranno munirsi di green pass per poter lavorare al pubblico, con la conseguenza che il cliente potrà chiedere l'esibizione del green pass all'idraulico, al muratore o al meccanico, e l'assistito potrà chiederlo al legale quando si reca presso il suo studio professionale, disposizioni che francamente lasciano senza parole.
Oltre al rilievo di criticità costituzionale del decreto legge nel suo complesso legato all'urgenza, come si è visto sopra, la materia e il dettato della normativa, ossia l'estensione del green pass a tutto il mondo del lavoro, fanno sorgere seri dubbi di natura costituzionale proprio per l'assoluta centralità che ha il lavoro, in ogni sua accezione e declinazione, ha nella nostra Costituzione a partire dalle sue disposizioni fondamentali.
Aila faccia dell'articolo 1 della Costituzione il governo Draghi con un semplice decreto legge ha subordinato il diritto al lavoro al possesso di un lasciapassare sanitario, vanificando così e svilendo il principio fondante della Repubblica.
L’articolo 3 della Costituzione, poi, stabilisce il principio di uguaglianza tra tutti i cittadini e precisa che tale uguaglianza non debba tollerare, tra l'altro, distinzione “di condizioni personali e sociali ”: eppure la situazione giuridica nella quale si trovano persone vaccinate, sottoposte a tampone e guarite devono essere considerate altrettante “condizioni personali ”, che sono fonte di discriminazione nel momento in cui a soggetti che si trovino al di fuori di tali categorie si impedisca di lavorare e si neghi la retribuzione.
Anche l’articolo 4 della Costituzione tratta espressamente del lavoro, in quanto almeno a parole “riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto ”, ma l’obbligo burocratico del green pass, pretendendo il quale viene minacciata la sospensione della retribuzione, vanifica il diritto al lavoro e lo sottomette al diritto alla salute, che peraltro il green pass in quanto tale non salvaguarda.
Anche il recentissimo regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Unione europea n. 2021/953 del 14 giugno 2021 affronta espressamente il tema delle vaccinazioni e del diritto, per chi non intende vaccinarsi, a non essere discriminato: “è necessario – dispone la considerazione preliminare n. (36) della citata fonte giuridica comunitaria, come rettificata nella Gazzetta ufficiale europea del 15 giugno 2021 - evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l'opportunità di essere vaccinate o hanno scelto di non essere vaccinate. Pertanto il possesso di un certificato di vaccinazione, o di un certificato di vaccinazione che attesti l'uso di uno specifico vaccino anti COVID-19, non dovrebbe costituire una condizione preliminare per l'esercizio del diritto di libera circolazione o per l'utilizzo di servizi di trasporto passeggeri transfrontalieri quali linee aeree, treni, pullman, traghetti o qualsiasi altro mezzo di trasporto. Inoltre, il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati ”. Pur trattando del tema della circolazione delle persone, si sancisce chiaramente il divieto di discriminazione nei confronti delle persone che “hanno scelto di non essere vaccinate ” e si stabilisce che il testo normativo commentato “non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati ”: tali disposizioni dell'Unione europea confliggono in modo evidente con l'imposizione del green pass in ambito lavorativo, e non solo, voluto dal governo Draghi, disposizione burocratica che costituisce un vero e proprio ricatto vaccinale che pesa sulla vita delle persone, persino nel fondamentale diritto al lavoro, e che si trasforma, di fatto in un'imposizione che equivale a un vero e proprio obbligo.
Nonostante tali pesanti dubbi circa la costituzionalità di tale normativa, il governo Draghi ha tenuto bordone al padronato che, per bocca del presidente di Confindustria Bonomi, ha reclamato ormai da tempo l'obbligo del green pass nelle fabbriche e in tutti i luoghi di lavoro, per nulla ostacolato dai sindacati confederati, che, di fatto, hanno dato il via libera al green pass obbligatorio nei luoghi di lavoro.
Il green pass non può e non deve essere obbligatorio per l'esercizio dei diritti fondamentali, e se ciò vale per la mobilità e l'istruzione, diritti costituzionalmente garantiti, a maggior ragione vale per il lavoro la cui tutela costituzionale, come si è visto, è assolutamente primaria, né è ammissibile che siano introdotte sanzioni di alcun genere nei confronti dei lavoratori che siano restii a vaccinarsi per timore, diffidenza o indecisione, i quali semmai devono persuadersi spontaneamente con una doverosa opera di chiarimento e di persuasione da parte delle istituzioni, soprattutto quelle sanitarie, non certo con la forza, i ricatti, le minacce e le sanzioni.
Lo Stato deve semmai farsi carico di fornire tamponi gratuiti ai lavoratori che non si sono ancora vaccinati o che non intendono vaccinarsi per scelta.
Il governo del banchiere massone Draghi si vanta di aver finora evitato l'imposizione dell'obbligo vaccinale in Italia, ma lo fa con ipocrisia e sapendo di mentire, perché nei fatti, con l'introduzione del green pass in ogni aspetto della vita sociale, egli ha introdotto un obbligo vaccinale mascherato.
 

6 ottobre 2021