Alla Pre-Cop26 dei giovani sferzante intervento della giovane militante svedese
Greta: “Dai leader mondiali solo bla bla bla sul clima”
Applausi e cori di approvazione dentro e fuori la sala
L'ugandese Vanessa: “L'Africa è la più bassa per emissioni eppure paga pesantemente la crisi”

Milano ha ospitato la Pre-Cop26, una kermesse alla quale una cinquantina di ministri dell'ambiente di Paesi membri dell'ONU hanno partecipato per preparare l'aggiornamento degli impegni di decarbonizzazione dei singoli Stati nell'ambito dell'accordo di Parigi. Piani che poi dovranno essere discussi e, sulla carta, adottati formalmente alla Cop26 di Glasgow fra qualche mese.
Si tratta dell'ennesimo incontro di “alto profilo”, come riportato da quasi tutti i quotidiani internazionali, che si ripete continuamente di anno in anno, senza però mai incidere in maniera efficace sulle scelte politiche in campo ambientale e industriale dei Paesi coinvolti, a partire da quelli che inquinano di più.
Ormai è “naturale”, frutto dell'esperienza, che la fiducia che le giovani e i giovani, così come le associazioni ambientaliste di tutto il mondo ebbero nel 2015 quando la Cop21 parigina fu dipinta come una svolta epocale capace di dare una risposta efficace al problema del riscaldamento globale, si sia pressoché esaurita.
Allora, tutti tranne pochissimi, fra i quali Il Bolscevico ben cosciente dei fatti e del contesto economico e sociale di fondo, ne magnificarono impegni e efficacia, rivelatisi poi una bolla di sapone.
Oggi sono in molti coloro che hanno ben chiaro il ruolo da “venditori di fumo” dei leader mondiali al servizio delle multinazionali e del grande capitale, pur non avendo ancora individuato quale contraddizione principale da risolvere al più presto, le questioni del sistema economico e del potere politico, dai quali poi deriva tutto il resto.
 

Il ministro Cingolan apre il Vertice
La Pre-Cop è stata preceduta dalla Youth4Climate, un'assemblea di tre giorni nella quale 400 giovani provenienti dai 197 Paesi dell'ONU, hanno discusso con esperti e scienziati sugli aspetti della crisi climatica, per poi presentare le loro proposte alla Pre-Cop stessa.
Ad aprire la conferenza è stato il Ministro di casa della “Finzione” Ecologica, Roberto Cingolani, pesantemente criticato dal movimento Fridays for Future Italia e dagli ambientalisti (tacciati recentemente di essere dei “radical chic e oltranzisti – peggio dell'emergenza climatica”) che l'hanno accusato di “lavorare per interessi diversi da quelli della scienza”, anche alla luce dei suoi rilanci sulle trivelle, sugli inceneritori e sul nucleare.
Il suo intervento, iniziato con strumentali aperture ad “ascoltare le ragioni del movimento”, ha richiamato all'unione per “trattare il cambiamento e le disuguaglianze sociali globali insieme”, e si è chiuso con la sferzata paternalistica che di fatto accusa gli attivisti di non avere proposte: “Spero che oltre a protestare, estremamente utile, ci aiuterete ad identificare soluzioni visionarie”.
Ore più tardi, dichiarerà anche in maniera menzognera quanto provocatoria: “Io e Greta diciamo le stesse cose”.
 

Lo sferzante intervento di Greta Thunberg
Proprio davanti a Cingolani e a tutti gli altri ministri, tecnici e scienziati, Greta Thunberg, leader e fondatrice del movimento Fridays for future, ha pronunciato un intervento incisivo e duro, che raccoglie bene il sentimento di centinaia di migliaia di giovani in tutto il mondo.
“Dobbiamo trovare una transizione senza traumi – ha detto la giovane attivista svedese – perché non c'è il piano B, non c'è il piano bla bla bla. Non stiamo parlando di un costoso e corretto green washing bla bla bla, green economy bla bla bla, emissioni zero al 2050 bla bla bla. Non si può andare avanti col bla bla bla. È tutto quello che sentiamo dai nostri cosiddetti leader politici. Parole che sembrano bellissime ma per ora non hanno portato ad alcuna azione”.
Bugiardi e falsi, dunque, i governanti imperialisti: “I nostri leader non agiscono volutamente e questo è un tradimento. Non possono dire che lo fanno, perché continuano ad aprire miniere di carbone e a sfruttare giacimenti senza aumentare i fondi ai paesi vulnerabili”.
Una sferzata anche alla sedicente “democrazia rappresentativa” che non porta da nessuna parte: “Selezionano giovani come noi facendo finta di ascoltarci, ma non è vero. È chiaro che non ci stanno ascoltando, non ci hanno mai ascoltati”.
Infine, molto importante in prospettiva affinché tutto il movimento maturi una consapevolezza realmente anticapitalista che consentirebbe un passaggio strategico di enorme importanza a tutto il movimento, la riflessione della Thunberg secondo la quale “La crisi climatica è sintomo di una crisi di più ampio respiro, la crisi sociale della ineguaglianza che viene dal colonialismo. Una crisi che nasce dall'idea che alcune persone valgono più di altre e quindi hanno il diritto di sfruttare e derubare altri della loro terra e risorse”.
L'intervento si è chiuso con la vasta platea che applaudendo ha risposto agli slogan lanciati in chiusura da Greta, “Cosa vogliamo? Giustizia climatica. Quando la vogliamo? Ora.” Anche all'esterno della sala centinaia di attivisti hanno applaudito con entusiasmo.
Insomma, un insieme di critiche che ben definiscono nella sostanza le ragioni della crisi climatica e economica mondiale, che rappresentano nei fatti una dura accusa al capitalismo e alle sue dinamiche di produzione, di accaparramento delle ricchezze, di sfruttamento dell'uomo e dell'ambiente, di lobby al potere ben rappresentate dai “cosiddetti” leader politici che se ne infischiano delle condizioni disastrose delle masse popolari di tutto il mondo.
Un'analisi di un quadro al quale manca solo di attribuire il nome che merita – capitalismo, appunto – combattendolo e opponendogli un sistema diverso, basato su altri principi e altri valori che possa essere la base economica e sociale per rispettare sia l'uomo che l'ambiente. Per noi questo sistema esiste, e si chiama socialismo.
 

Dall'Uganda la voce in difesa dei Paesi poveri
Dopo la Thunberg, ha preso la parola Vanessa Nakate, 24enne attivista ugandese e fondatrice del movimento Rise Up, una piattaforma per gli attivisti africani per il clima, che ha portato in assemblea la voce dei paesi più poveri, di un continente – l'Africa – ma non solo, che vive in perenne crisi economica e climatica, le cui condizioni si aggravano ogni giorno di più.
Vanessa ha ribadito un concetto noto, quello cioè che vede l'Africa responsabile in proiezione storica di appena il 3% del totale delle emissioni globali ma, nonostante ciò, subisce gli impatti più forti della crisi come uragani di crescente intensità, inondazioni e siccità.
“Le persone – ha detto Vanessa – stanno morendo, ma tante altre hanno perso i loro beni di sostentamento, e hanno avuto in cambio solo dolore, agonia, sofferenza, fame e morte”.
Oltre all'Africa, la denuncia dell'attivista ha riguardato anche le isole caraibiche e del Pacifico che sono ormai divenute inabitabili e il Bangladesh, dal quale sei milioni di persone hanno dovuto migrare a causa dei cambiamenti climatici, e ben 40 milioni lo faranno entro il 2050 a causa dell'innalzamento dei mari che farà scomparire il 70 per cento delle coste attuali.
“Non ci si può adattare alla perdita delle culture, delle tradizioni, della storia, alla fame. E non ci si può adattare all'estinzione.”.
L'ultimo appello è stato rivolto ai “leader”, ai quali sono stati chiesti con forza fondi ai Paesi più vulnerabili, per far fronte ai danni che ci sono già e a quelli che non sono più evitabili; fondi extra dei Paesi più ricchi e inquinanti che non devono essere “prestiti” che si aggiungerebbero ai debiti enormi già esistenti, ma contributi a fondo perduto.
Una richiesta sacrosanta, che rispetta il principio più volte enunciato ma disapplicato al pari degli altri del “chi inquina paga”, e che si sfila dalla logica del debito che strangola e opprime da sempre i Paesi poveri rendendoli schiavi e subalterni agli imperialismi e alle razzie di ogni sorta.
“È tempo di misurare i costi e è tempo per chi inquina di pagare, di mantenere le proprie promesse. Non vogliamo promesse vuote, summit vuoti, conferenze vuote. È ora di mostrarci i soldi e di non dimenticare le comunità e le aree più colpite”.
 

Legare la lotta per il clima a quella contro il capitalismo per il socialismo
Tutto vero. Ecco perché l'urgenza nel risolvere definitivamente la crisi climatica, causa parziale di quella economica, ci impone di rinnovare il nostro appello alle giovani e ai giovani attivisti del Fridays for future e alle ambientaliste e agli ambientalisti che hanno compreso la necessità di cambiare radicalmente un sistema sbagliato e ingiusto. È irrimandabile infatti iniziare a legare la battaglia in difesa dell'ambiente e contro il riscaldamento climatico globale a quella più vasta contro il capitalismo per il socialismo.
Una svolta urgente, che devono compiere soprattutto i ragazzi e le ragazze progressiste per aprire anche una grande discussione sul futuro dell'Italia, un Paese che, come il mondo, prendendo in prestito le parole di Mao pronunciate nel 1957 davanti agli studenti cinesi a Mosca: “è vostro, come è nostro, ma in ultima analisi è vostro. Voi giovani pieni di vigore e vitalità, siete nel fiore della vita, come il sole alle otto o alle nove del mattino. Le nostre speranze sono riposte in voi.(...) il mondo vi appartiene ”.

6 ottobre 2021