Il G20 imperialista non riconosce il governo afghano
Aiuti “umanitari” per tenere un piede in quel Paese
Per Draghi: “Questo G20 è un successo, la prima risposta multilaterale alla crisi”

 
I primi colloqui ufficiali tra gli Stati Uniti e i rappresentanti del governo afghano che si sono svolti a Doha, in Qatar, che ospitò le delegazioni per la trattativa per l'accodo di pace del 29 febbraio 2020, si sono chiusi dopo due giorni, l'11 ottobre, con l'intesa sulla fornitura da parte di Washington di aiuti "umanitari" ma senza riconoscimento formale dell’esecutivo costituito a Kabul dai talebani dopo la cacciata del governo fantoccio e degli occupanti imperialisti. Sulla stessa traccia si è tenuta la successiva riunione straordinaria sull'Afghanistan del G20 annunciata da settimane, voluta dalla presidenza di turno italiana e svolta infine il 12 ottobre in videoconferenza e senza due attori principali, il presidente russo Putin e quello cinese Xi Jinping.
Prima delle conclusioni dei lavori e la conferenza stampa del coordinatore di turno Mario Draghi la Casa Bianca diffondeva le dichiarazioni del presidente Joe Biden, secondo cui “gli Stati Uniti restano impegnati a lavorare con la comunità internazionale per affrontare la situazione in Afghanistan e sostenere la popolazione afghana”. Dopo averla bombardata per 20 anni. Così come i paesi imperialisti della Ue, coprotagonisti dell'invasione, dell'occupazione militare e delle stragi di civili che al vertice tramite l'intervento della presidente della Commissione Ursula von der Leyen annunciavano l’impegno a fornire altri aiuti economici per circa 1 miliardo di dollari "per il popolo afghano e per i Paesi limitrofi che hanno fornito i primi aiuti”. "Il popolo afghano non deve pagare il prezzo delle azioni dei Talebani", spiegava la von der Leyen, per giustificare un aiuto "umanitario" che non compensa comunque il popolo afghano dei crimini commessi dagli eserciti imperialisti occupanti, che tenta di presentare una separazione netta tra popolo afghano e talebani quando è proprio il legame della resistenza guidata dai talebani con le masse popolari afghane che ha permesso la cacciata degli occupanti imperialisti. Che appunto con gli aiuti “umanitari” tentano di tenere un piede in quel Paese invece di compiere il primo e necessario passo, ossia il riconoscimento del governo afghano.
Il G20 imperialista invece svicola e con Draghi si arrampica sugli specchi per sostenere che “i contatti con i talebani sono indispensabili”, perchè “è molto difficile capire come poter aiutare il popolo afghano, in un paese enorme, senza il coinvolgimento del governo talebano” ma tuttavia “questo non significa riconoscerli, ciò avverrà solo quando la comunità internazionale dirà che sono stati fatti dei progressi su libertà, diritti umani, condizione delle donne". Pur cacciati a pedate da Kabul gli imperialisti Usa e europei vorrebbero ancora dettare le loro condizioni.
L'accordo su questi punti, sulla "grande disponibilità ad agire e una convergenza di vedute sulla necessità di affrontare l’emergenza umanitaria" diventano anzi il motivo per il quale Draghi in conferenza stampa dichiarava che il G20 è stato “un successo”, pur in assenza dei leader di Russia e Cina formalmente per altri impegni.
Il G20 straordinario sull'Afghanistan "lo considero un successo, è stata la prima occasione in cui i leader hanno dato una risposta multilaterale alla crisi afghana, una delle prime affermazioni di multilateralismo che c'è stata quest'anno. Il multilateralismo sta ritornando, con fatica, ma sta tornando come schema di lavoro dei Paesi più importanti", sottolineava Draghi. Per dire che grazie alla spinta dell'imperialismo italiano i maggiori protagonisti imperialisti avrebbero ripreso a lavorare assieme dopo gli strappi causati dalla decisione unilaterale degli Usa del ritiro dall'Afghanistan e la creazione di una alleanza militare privilegiata con Gran Bretagna e Australia nella regione asiatica per fronteggiare il nemico principale, la Cina di Xi. E per dare risalto alla sua iniziativa e al credito internazionale di cui gode e che lo pone tra i principali leader imperialisti nel mondo, certamente nella Ue imperialista dove il motore dell'asse franco-tedesco al momento è meno efficace, senza la Merkel e ancora per un po' di tempo senza un suo successore a Berlino e con un Macron a fine mandato a Parigi.

20 ottobre 2021