Risoluzione della Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI sul discorso del Segretario generale del Partito alla Commemorazione di Mao
Scuderi si supera nell’analisi di classe e sul revisionismo

La Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI risponde con entusiasmo proletario rivoluzionario all’importante discorso del compagno Giovanni Scuderi in occasione del 45° della scomparsa fisica di Mao. Già perché il pensiero di questo Maestro del proletariato internazionale risplende ancora in tutti i paesi del mondo, irradiando il pensiero marxista-leninista con maggiore intensità in alcuni paesi e meno in altri; ma è presente come occasione di approfondimento, di applicazione creativa nei vari territori, di guida per l’azione dei diversi Partiti che si richiamano al marxismo-leninismo, incluso quello nostro che da più di 50 anni ne ricorda l’importanza al proletariato e alle masse popolari se vogliono cambiare faccia all’economia e alla politica interna, distruggere il capitalismo e virare dritti verso il socialismo.
Un discorso che porta con sé diversi tratti inediti, probabilmente per la prima volta visualizzati dal Segretario generale (si pensi alla teoria dei tre mondi di Mao o all’importanza delle Dichiarazioni di Mosca sul fronte della lotta contro il revisionismo) e che vengono offerti succosamente alla nostra lettura.
La lezione sul revisionismo noi marxisti-leninisti napoletani l'abbiamo imparata all’indomani della fine del PCI e dalla creazione ad arte da parte della borghesia dei vari mostriciattoli anticomunisti; in quei giorni muovevamo i primi passi che ci porteranno alla fondazione della Cellula nel 1993 e al suo consolidamento nel 1994 con l’entrata di diversi militanti e l’acquisizione di non pochi simpatizzanti stretti. Il compagno Scuderi ricorda come questi diversi partiti neorevisionisti e trotzkisti, i cui capofila sono stati prima Bertinotti e poi Rizzo, non riescono oggi a candidarsi non avendo più i numeri per presentare una lista unica alle elezioni, com’è accaduto a Napoli alle ultime comunali: “Il revisionismo è un mostro, che, se non si uccide appena viene allo scoperto, divora boccone dopo boccone i partiti comunisti e i paesi socialisti, come dimostra la storia dell'allora movimento comunista internazionale. Chi non si oppone ai revisionisti, chi lascia correre, chi non dà loro importanza è destinato prima o poi a soccombere, a distruggere quello che in buona fede ha creato, salvo che non sia un revisionista mascherato ”.
La costruzione del Partito che dovrà guidare la classe operaia e il proletariato alla vittoria, per il socialismo, deve essere costruita come una lunga marcia verso il Sol dell’avvenire, senza fretta, prendendo esempio dallo scempio proprio dei partiti neorevisionisti, che hanno puntato sullo sterile e mero elettoralismo, senza formare i propri militanti, tanto che dalle decine di sedi che avevano oggi sono totalmente liquefatti. PRC, PdCI e oggi PCI e PC di Rizzo a Napoli sono al lumicino e non si vedono quasi mai ai cortei o in appoggio alle lotte operaie e di massa.
La formazione del militante è presente, invece, nel PMLI che chiede di studiare, collettivamente e individualmente, il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, di ristudiarlo e di sedimentare, in ultimo, i principi che sono alla base del socialismo e del comunismo scientifici, nonché la loro applicazione nella realtà. Certo non c’è ancora una scuola di formazione, semmai estiva, che si dedichi alla questione della militanza rivoluzionaria; certo che il numero dei militanti deve aumentare e il PMLI deve vedere la rivoluzione filtrata attraverso il Fronte Unito; ma come ha detto Mao nel novembre del 1957, ben riportato da Scuderi: “Il fattore decisivo non è la quantità dell'acciaio, ma anzitutto la volontà del popolo. È sempre stato così, in tutto il corso della storia. È sempre successo che il debole ha sconfitto il forte e che la gente senza armi ha sconfitto gli uomini armati. Un tempo i bolscevichi non avevano neanche un fucile che è uno. I compagni sovietici mi hanno detto che al momento della rivoluzione di febbraio il partito aveva solo 40.000 membri ”. E ancora, per dirlo con le parole di Stalin: “Bisogna ricordare una volta per sempre che la forza e il peso specifico di un partito, soprattutto di un Partito comunista, non dipendono tanto dal numero degli iscritti, quanto dalla loro qualità, dalla loro fermezza, dalla loro devozione alla causa del proletariato ” (“I compiti immediati del comunismo nella Georgia e nella Transcaucasia”, Rapporto all'assemblea generale dell'organizzazione di Tiflis del PC della Georgia, 5 luglio 1921).
Di qui la necessità di riunire sotto la bandiera rossa i partiti che hanno anche la falce e il martello e cominciare un dibattito sull’Italia attuale e quella che verrà in futuro. Sulla necessità del socialismo in Italia ci stiamo lavorando dal 1967, pur sapendo che il Partito da solo, anche se avesse migliaia di membri e un rapporto con centinaia di migliaia di proletari e di elementi rivoluzionari delle masse, non potrebbe mai realizzarlo. Per questo non ci siamo mai stancati di invitare tutte le forze anticapitaliste a unirsi per combattere il capitalismo e conquistare il socialismo.
Il PMLI è il frutto fedele della vittoria in Italia contro il revisionismo moderno e il neorevisionismo contemporaneo, queste due ondate che erano state chiamate dalla borghesia per allontanare la classe operaia, il proletariato e le masse popolari dal socialismo e dal comunismo sostituendole con diverse teorie-fantoccio, tutte anticomuniste e che non hanno torto un capello al capitalismo, anzi lo hanno rafforzato. La Cellula ritiene che il rapporto teorico, pratico e numero si è quasi capovolto e che è oggi il PMLI a dettare la linea vincente spesso seguita da altri partiti nel mondo: si può rammentare la questione sulla vittoria antimperialista talebana, laddove il PMLI aveva una posizione netta e chiara fin da subito, altri Partiti ancora si dovevano pronunciare o rimanevano al palo.
Da Bertinotti a livello nazionale fino al novello amico dei fascisti Bassolino a livello locale, i vecchi dirigenti del PCI revisionista riciclatisi nelle varie compagini falsamente comuniste cui si sono richiamati dalla metà degli anni ’90 hanno continuato la loro squallida opera di distruzione di qualsiasi riferimento al marxismo-leninismo, soprattutto tra i giovani. Assume importanza, pertanto, il richiamo di Scuderi alle Dichiarazioni di Mosca del 1957 e del 1960 dove si afferma: “per la prima volta si prospetta la necessità di costituire nuovi partiti marxisti-leninisti nel seguente passaggio del punto 12: ‘Se il gruppo dirigente del partito adotta una linea non rivoluzionaria e fa del partito un partito riformista, allora i marxisti-leninisti dentro o fuori del partito si metteranno al suo posto per condurre il popolo a fare la rivoluzione’”. Così hanno fatto i primi quattro pionieri del Partito che coraggiosamente hanno rotto con il vecchio Pcd’I m-l di Dinucci per poi cominciare la Lunga marcia verso la costruzione del PMLI fondato nel 1977. “Come tutte le erbacce, una volta estirpata serve a fertilizzare la terra. Il materialismo non può crescere senza criticare l'idealismo. La dialettica non può svilupparsi senza criticare la metafisica. Non ci può essere uno sviluppo creativo del marxismo-leninismo se non c'è critica al revisionismo moderno e al dogmatismo moderno. La storia dimostra che ogni progresso del marxismo-leninismo va conquistato con la lotta contro ideologie opposte. Tante volte il compagno Mao ci ha detto che i partiti rivoluzionari e i popoli rivoluzionari hanno bisogno di un'educazione continua tramite esempi positivi e negativi e tramite lotte per sviluppare la grande maturità indispensabile per raggiungere la vittoria. Noi comunisti cinesi abbiamo avuto Marx, Engels, Lenin e Stalin come maestri positivi. Ma abbiamo avuto anche maestri negativi come per esempio Chang Kai-shek, gli imperialisti giapponesi, gli imperialisti Usa e quelle persone all'interno del nostro partito che hanno seguito la linea dell'opportunismo di 'sinistra' o di destra. La rivoluzione cinese non avrebbe avuto successo se avesse avuto solo maestri positivi e non anche maestri negativi”.
Nell’epoca della decomunistizzazione delle masse e di ripresa dell’ardua lotta tra il materialismo e l’idealismo, queste parole suonano come musica per le orecchie dei veri comunisti. È chiaro che servirebbe una Internazionale marxista-leninista di tutti i partiti fratelli per serrare le file e attuare i reali principi del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, ma viviamo in un’epoca retrodatata ad una fase “premarxista” a causa dei danni effettuati dalla teppaglia revisionista e neorevisionista.
Quanto è importante il richiamo del Segretario generale sullo studio? Tantissimo! Tra l’altro è una pratica bellissima aprire un’opera marxista-leninista e scoprire ogni volta un segmento nuovo della lettura che semmai è sfuggita in precedenza e che potrebbe servirci nel lavoro quotidiano politico, sindacale, di massa. Se non siamo ancora fortificati in quella città, siamo soli o con pochi simpatizzanti, questa potrebbe essere l’occasione per studiare e capire il nodo fondamentale, la contraddizione principale del nostro quartiere o della nostra città e fare leva sul marxismo-leninismo-pensiero di Mao per risolvere quella contraddizione a favore delle masse. Lo studio, pertanto, deve seguire come un’ombra il marxista-leninista: esso è sorgente essenziale per poterci muovere come pesci nell’acqua, tra le larghe masse popolari. E allora Mao ci dice: “dobbiamo studiare il marxismo-leninismo: se non c’è abbastanza tempo dobbiamo farlo saltar fuori ”. Noi marxisti-leninisti partenopei siamo abitudinari nel leggere la sera “Il Bolscevico”, o alcune pagine delle opere dei Maestri finché la concentrazione ci assiste, di scambiarci anche articoli di altra fattura compilati da esperti che si richiamano al comunismo per verificarne la fattura e per farci una opinione sul grado di coscienza tra i comunisti in città, soprattutto tra coloro che non hanno più collocazione in un partito.
Non esistono “cani sciolti”, altrimenti Marx ed Engels avrebbero scritto “il Manifesto dei comunisti”, invece hanno aggiunto una parola significativa, ossia “Partito” per dare struttura scientifica ai sogni e alle speranze prima e ai bisogni e ai beni comuni poi del proletariato e delle masse. Mao dice ancora che non basta solo studiare le opere marxiste-leniniste, ma - riferito ai quadri dirigenti! - di intendersi un po' anche delle altre discipline, come il giornalismo, l’arte, la letteratura, ecc.
Non finiremo mai di ringraziare Scuderi e i fondatori del PMLI per il coraggio con cui hanno smascherato il pensiero di Gramsci, considerato a livello mondiale come la stella polare dei progressisti. Fin da quello che noi compagni napoletani consideriamo l’atto di nascita dei marxisti-leninisti in Italia ossia i memorabili articoli apparsi, il 31 dicembre 1962, col titolo “Le divergenze tra il compagno Togliatti e noi”, comparso sul “Quotidiano del popolo”; il secondo, del febbraio 1963, che ha per titolo “Ancora sulle divergenze tra il compagno Togliatti e noi” ed è comparso su “Bandiera rossa”, non abbiamo più avuto dubbi sulla doppiezza di Togliatti; basti pensare alla vergognosa legislazione sull’amnistia ai fascisti quando egli era ministro della Giustizia tra le tante ignominie che sporcano il suo lurido nome di revisionista lacchè del capitalismo. Maschera che si leva, come giustamente ricorda Scuderi, definitivamente all’VIII Congresso del PCI tenutosi nel dicembre 1956, non a caso nello stesso anno del XX Congresso del PCUS, dove dichiarerà ufficialmente che la Costituzione del 1948 costituiva l'Alfa e l'Omega, cioè l'inizio e la fine, del programma del Partito. Spazzati via Bordiga - da Lenin - e Togliatti - da Mao - non rimaneva altro che affrontare la questione Gramsci: “è un pensiero revisionista, non manifestamente tale e perciò non facilmente individuabile, specie nei Quaderni del carcere, se non si ha un'alta conoscenza del marxismo-leninismo e delle divergenze all'interno del movimento comunista internazionale ai tempi di Gramsci”, ricorda Scuderi. D’altronde il capo dei revisionisti del PCC, Deng Xiaoping, prima di dimettersi definitivamente, riesumato dopo la morte di Mao Gramsci, affermerà senza pudore che nell'antologia degli scritti gramsciani pubblicata nel 1992, “Gramsci fu il teorico della rivoluzione proletaria e del marxismo-leninismo in Italia”. Trattasi di un falso storico e come dimostrato da Scuderi, Gramsci era completamento contaminato dall’idealismo; si pensi alla scarsa conoscenza della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre che attaccò in un fondo giornalistico dal titolo “La rivoluzione contro Il Capitale”, apparso su “l’Avanti!” nel 24 novembre 1918 definendo i rivoluzionari bolscevichi addirittura come “non marxisti”: “La rivoluzione dei bolscevichi è materiata di ideologia più che di fatti [...] essa è la rivoluzione contro il Capitale di Carlo Marx. Il Capitale di Marx era, in Russia, il libro dei borghesi, più che dei proletari. Era la dimostrazione critica della fatale necessità che in Russia si formasse una borghesia, si iniziasse un'era capitalistica, si instaurasse una civiltà di tipo occidentale prima che il proletariato potesse neppure pensare alla sua riscossa, alle sue rivendicazioni di classe, alla sua rivoluzione. I fatti hanno superato le ideologie. I fatti hanno fatto scoppiare gli schemi critici entro i quali la storia della Russia avrebbe dovuto svolgersi secondo i canoni del materialismo storico [...] se i bolscevichi rinnegano alcune affermazioni del Capitale, non ne rinnegano il pensiero immanente, vivificatore. Essi non sono «marxisti», ecco tutto; non hanno compilato sulle opere del Maestro una dottrina esteriore di affermazioni dogmatiche e indiscutibili. Vivono il pensiero marxista, quello che non muore mai, che è la continuazione del pensiero idealistico italiano e tedesco, che in Marx si era contaminato di incrostazioni positivistiche e naturalistiche”.
D’altronde da tempo Gramsci aveva virato verso altri lidi e non accettato il leninismo: “la ricerca di Gramsci (fin dalla famosa lettera del 14 ottobre 1926 al Comitato centrale del Partito comunista russo) si indirizzò alla determinazione di un'altra idea di ortodossia, che poi era un tentativo di ricostruzione, sin dalle fondamenta, del marxismo teorico, diverso e opposto rispetto a quello che oramai prevaleva nel comunismo internazionale a opera di Stalin e, in tale periodo in tutte le organizzazioni (compresa quella italiana) dominate dal Komintern. […] Questo tratto originale trovò un indice riassuntivo in una formula, filosofia della praxis”.
Che dire, in ultimo del magnifico scritto del compagno Scuderi? Che va studiato subito e divorato, sedimentato ed espresso in piazza con il volantinaggio, soprattutto durante le manifestazioni più importanti.
W il nostro Segretario generale Giovanni Scuderi!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!

 

La Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI

3 novembre 2021