La ricerca della Fondazione Di Vittorio e i dati Ocse assegnano al nostro Paese il record negativo europeo
Nel 2020 in Italia i salari sono calati del 7,2%
I disoccupati aumentano dell'1,7% . Tre milioni di precari con contratto a tempo determinato.
SIAMO L'UNICO PAESE DOVE I SALARI SONO PIU' BASSI DI 30 ANNI FA

L'Italia si vanta di essere tra le dieci maggiori potenze economiche mondiali, ma quando si parla di stipendi, occupazione e salari scivola inesorabilmente agli ultimi posti tra i Paesi cosiddetti sviluppati. L'ennesima conferma ci giunge da una ricerca della Fondazione Di Vittorio (FDV), l'Istituto che svolge indagini economiche e sociali associato alla Cgil.
Alcuni dati spaziano in un arco temporale di 20 anni, ma la ricerca si concentra sul periodo 2019/2020, ossia l'anno precedente la pandemia e quello in cui è arrivata alla sua fase più acuta, il che permette di capire meglio l'impatto che essa ha avuto sui salari e l'occupazione in Italia e in Europa. Oltre al nostro Paese sono stati presi in considerazione le altre 5 economie più importanti, due tra le più ricche, Paesi Bassi e Belgio, le due economie più forti dell'Eurozona, Germania e Francia, e un Paese del sud Europa, la Spagna che, come vedremo, risulterà affine a noi non solo sul piano geografico.
Il primo dato che balza agli occhi è la forte riduzione della massa salariale, cioè del monte stipendi. La tendenza è generale in tutta Europa, ma non così drastica come nel nostro Paese. Nell’eurozona la massa salariale cala del -2,4% mentre in Italia del -7,2%, esattamente il triplo della media continentale. Le misure di sostegno italiane hanno attutito in parte questo andamento, con l'inevitabile aumento dei fondi destinati agli ammortizzatori sociali (+17,3 miliardi di euro erogati rispetto al 2019) e per la funzione del blocco parziale dei licenziamenti, collegato ad un ampio uso della Cassa Integrazione.
“Ma la dinamica, sia pur corretta da questa importante integrazione salariale dovuta agli ammortizzatori sociali che porta il calo della massa salariale italiana dal -7,2% al - 3,9% cambia poco nel confronto con gli altri paesi, poiché tutte le realtà, sia pure in modo diverso, hanno utilizzato strumenti di tutela”, si afferma nella relazione introduttiva. Per meglio comprendere, la Germania senza conteggiare le manovre di sostegno che pure sono state fatte, cala solo dello -0,7%, mentre la Spagna che ha impegnato in tutele nel 2020 circa 15 miliardi, una cifra molto simile alla nostra (calcolando che la popolazione è inferiore), ha più o meno gli stessi numeri dell'Italia.
Ma in concreto, come sono gli stipendi erogati in Europa? L'istituto di ricerca, basandosi sugli ultimi dati forniti dall'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse), sottolinea che nel 2019 il salario medio lordo italiano era inferiore di circa 9 mila euro rispetto a quello francese e di oltre 12 mila euro rispetto a quello tedesco (nel 2020 torna sotto i 30 mila euro lordi avvicinandosi al livello degli anni 2000). Se poi dal salario lordo si passa al netto, si amplia ulteriormente il divario. Infatti, sui salari lordi italiani, già mediamente più bassi degli altri, si esercita complessivamente una fra le maggiori pressioni fiscali.
Nel 2019 la pandemia non era ancora iniziata, per cui il Covid ha accelerato la divaricazione dei salari italiani rispetto a quelli dei maggiori paesi europei, ma la tendenza era in corso già da molti anni. I dati dell'Ocse ci dicono che l'Italia è l'unico Paese della UE dove i salari sono più bassi rispetto a quelli del 1990, mentre la ricerca della FDV rileva come i salari tedeschi, dal 2000 al 2019 sono aumentati di 5.430 euro mentre quelli italiani nello stesso periodo sono diminuiti di 596 euro. Dal 2019 al 2020 un lavoratore italiano a tempo pieno ha visto ridotto mediamente il suo stipendio del 5,8%, contro il 3,8 di uno spagnolo, e l'1,2 di un tedesco mentre un olandese ha visto un aumento del suo salario del 3,8%.
Si potrebbe obiettare che in Italia si lavora di meno. Siamo completamente fuori strada perché risulta esattamente l'opposto. Che da noi si stia meno tempo al lavoro che nel nord Europa, così come quella dell'alto “costo del lavoro” italiano, sono luoghi comuni, o meglio bugie belle e buone, per giustificare i salari da fame vigenti nel nostro Paese. In Italia e Spagna un dipendente lavora mediamente in un anno attorno alle 1600 ore, nelle altre nazioni prese in esame attorno alle 1400 ore, nella “laboriosa” Germania 1334 ore.
La ricerca evidenzia come la qualità del lavoro in Italia è molto bassa: i precari sono circa 3 milioni e i part-time involontari 2,7 milioni. Per di più quest'ultimi percepiscono un salario percentualmente più basso rispetto alla remunerazione part-time nella media dell’eurozona di oltre il 10%. Prima della pandemia circa 5 milioni di persone in situazioni di discontinuità lavorativa (periodo di impiego che non arriva ai 12 mesi) avevano un salario effettivo inferiore ai 10mila euro lordi annui.
Anche sul piano occupazionale l'Italia ha i dati più negativi assieme alla Spagna. Dal 2019 al 2020 gli occupati sono scesi dell'1,7% contro una media dell'Eurozona dell'1,3%, si contano infine 2,3 milioni di disoccupati ufficiali, ma il numero effettivo secondo la Fondazione è di 4 milioni (con un tasso di disoccupazione “sostanziale” pari al 14,5% rispetto al 9,2% ufficiale) perché vanno calcolati anche i cosiddetti inattivi, cioè coloro che sarebbero disponibili a lavorare ma non cercano perché sono scoraggiati, bloccati per la cura di figli o anziani o sospesi in attesa di riprendere l’attività.
Per concludere: disoccupazione tra le più alte d'Europa, una massa enorme di lavoratori precari, che comprende tempo determinato, carriere discontinue, part-time, difficilmente quantificabile ma che coinvolge milioni di persone, basse qualifiche e salari lontanissimi da quelli tedeschi o francesi e simili a quelli di Paesi considerati economicamente arretrati rispetto al nostro come Spagna, Grecia e dell'Est Europa. Sicuramente questa situazione è frutto della politica dei governi che si sono succeduti, sia quelli della destra che della “sinistra” borghese. Ma questo massacro dei salari e delle condizioni di lavoro è potuto avvenire grazie anche alla complicità dei maggiori sindacati italiani che nel migliore dei casi non lo hanno ostacolato, mentre nel peggiore lo hanno avallato in tutto e per tutto.

10 novembre 2021