I tentativi del PCI per distruggere il PMLI

di Monica Martenghi
 
L'articolo che qui di seguito pubblichiamo, e che apparve senza firma sul numero speciale de “Il Bolscevico” n. 3 del gennaio 1991 interamente dedicato alla liquidazione del PCI, è stato scritto dalla compagna Monica Martenghi, Direttrice responsabile de “Il Bolscevico” e Responsabile della Commissione donne del CC del PMLI.
 
Fin da quando furono gettate le fondamenta del PMLI le istituzioni borghesi, i padroni, i revisionisti e i trotzkisti hanno ripetutamente cercato, a volte in maniera concentrica, di impedire la costruzione del Partito e, una volta fondato, di liquidarlo fisicamente. In particolare i revisionisti soprattutto hanno cercato di intimidire e isolare il PMLI dalle masse popolari con vere e proprie azioni squadristiche, con calunnie e insinuazioni, con le persecutorie e esorbitanti multe per “affissioni abusive” da parte anche delle amministrazioni locali da loro guidate, con sopraffissioni e altri sistemi. Un trattamento speciale e intensivo riservato fin dall'inizio ai pionieri del Partito a Firenze e laddove nascevano nuove organizzazioni locali del Partito nel tentativo di sradicarne la pianticella appena nata. Allora il vertice del PCI, spacciando ancora per comunista questo partito, riusciva meglio a ingannare la sua base che lo difendeva, credeva in buona fede la guidasse al socialismo e in alcuni casi era aizzata e spedita contro i marxisti-leninisti. La sua guerra al PMLI non è solo stata ideologica e politica ma anche fisica.
Se i tentativi del PCI, uniti a quelli della borghesia, di distruggere il PMLI fossero riusciti, se il Paese fosse stato “liberato” dalla presenza degli autentici marxisti-leninisti, la classe operaia italiana avrebbe dovuto attendere altro tempo quel Partito che la può guidare vittoriosamente alla conquista del socialismo. Questa era la posta in gioco in quella titanica lotta che si è svolta in quello che è solo l'inizio della storia del PMLI.
I primi attacchi diretti li registriamo già alla fine del '68 a Firenze alla manifestazione di solidarietà ai braccianti di Avola quando alcuni compagni sono aggrediti da un gruppo di revisionisti che non volevano la nostra presenza nel corteo con ritratti di Mao e Stalin e con cartelli con parole d'ordine antirevisioniste. La stessa aggressione, guidata questa volta da Alberto Cecchi, Piero Pieralli, Palazzeschi e Gianfranco Rastrelli, si ripeterà l'11 aprile 1969 alla manifestazione di solidarietà per Battipaglia.
Ancora più grave e determinante per la vita del Partito fu l'infame aggressione del Primo Maggio 1969. Mentre in piazza S. Spirito a Firenze era in pieno svolgimento l'unico comizio per il Primo Maggio che si tenesse in città, organizzato da alcuni fondatori del PMLI, allora nel Pcd'I, scattò un duplice attacco: l'aggressione con bastoni e armi di ogni tipo contro gli organizzatori e i numerosi lavoratori presenti e il simultaneo assalto a colpi di spranga contro la sede di via dell'Orto a opera di una banda di avventurieri spacciatisi per marxisti-leninisti. Con un sincronismo che la dice lunga sui veri mandanti della provocazione, il PCI e il PSI prendevano a pretesto il ferimento a opera degli squadristi di un generoso giovane di S. Frediano che era intervenuto in difesa della sede assediata e affiggevano un manifesto comune e uno firmato genericamente “Il Rione” dove chiedevano l'espulsione dei marxisti-leninisti dal quartiere. Inoltre fomentavano la popolazione a scagliarsi direttamente contro di loro fabbricando persino un'infame petizione “popolare” che inviavano al Commissario prefettizio di Firenze per chiedere la chiusura della sede di via dell'Orto. Ma piano piano la verità si impose e a rimanere isolati furuono i revisionisti, non più assecondati dalla popolazione, e non già i marxisti-leninisti che il 14 dicembre fonderanno l'OCBI m-l.
Le aggressioni dei revisionisti si ripeteranno in diverse manifestazioni, sempre a Firenze, nel luglio (a opera di “gorilla” della FGCI) e novembre 1969, luglio del '71 e del '73, per impedire la presenza dei compagni nei cortei con i ritratti dei Maestri e la diffusione di volantini.
Altro grave episodio è quello del 22 maggio 1974 allorché la Cellula dell'ASNU di Firenze, incluso il Segretario generale, viene aggredita dai dirigenti e dagli attivisti del PCI dopo che si era conclusa una manifestazione dedicata alla Resistenza. L'attacco fisico organizzato da Giani, Tamburini e Paolini era stato preparato pochi giorni prima con l'affissione di un farneticante e provocatorio manifesto, scritto dal Paolini, pieno di calunnie contro il compagno Scuderi. Due giorni dopo l'aggressione tre membri della Cellula dell'ASNU sono espulsi dalla CGIL al termine di un processo reazionario in cui viene sottoposta a giudizio, quale unico capo di imputazione, la linea politica marxista-leninista seguita dai compagni. Sempre all'ASNU nel marzo '76 il presidente Augusto Bercigli, filosovietico, tenta di licenziare Scuderi imbastendo anche una calunniosa campagna giornalistica.
Elementi filosovietici del PCI già l'anno prima, nell'aprile '75, davanti alla Casa del popolo Ferrucci di Firenze avevano aggredito alcune compagne e compagni mentre diffondevano un volantino sull'assassinio di Boschi. Aggressioni durante le manifestazioni o in assemblee operaie per impedire gli interventi dei compagni si registrano nel '76 e nel '77 anche a Catania e Acireale dove il Partito muoveva i primi passi.
Anche la FGCI fa la sua parte negli attacchi al PMLI. Dopo essere stata protagonista dell'aggressione nel luglio '69, replica il 30 ottobre 1974 allorché alcuni suoi dirigenti, tra i quali Stefano Bassi e Spallino, si lanciano su tre compagni che diffondevano un volantino di denuncia dei decreti delegati durante una manifestazione studentesca. Provocazioni si ripetono sempre a Firenze alla manifestazione studentesca dell'8 Marzo 1985; mentre il Primo Maggio 1990 vicino a piazza S. Spirito dove la FGCI “celebrava” la ricorrenza con un concerto, alcuni suoi rappresentanti fanno intervenire i carabinieri contro dei compagni per impedire la diffusione del numero speciale del giornale dedicato al Centenario del Primo Maggio.
Dopo un periodo di relativa “tregua”, dovuto soprattutto alla forza crescente del Partito e alle simpatie che si conquista nella base del PCI, fra i combattenti per il socialismo, forieri di quella nuova situazione nel rapporto tra il PMLI e il proletariato e le masse popolari creatasi a partire dal 25 novembre 1987, ripartono nuovi attacchi.
Non si erano ancora spenti gli echi dell'infame processo Scuderi-Il Bolscevico che Beccaro (destra PCI) e Vigna (PSI) della Segreteria della Camera del lavoro della Valsesia dopo un primo sommario processo avviano il procedimento per destituire il compagno X dal suo incarico di Segretario della Funzione Pubblica. L'accusa è quella di essersi schierato apertamente in difesa del diritto di sciopero contro la legge liberticida in quel momento in discussione al parlamento. Con una procedura illegittima che calpestava lo Statuto e la democrazia in CGIL, la destra del PCI e gli alleati craxiani “normalizzavano” il sindacato della Valsesia eliminando un oppositore e indirettamente tentavano di colpire il PMLI e la sua giovane organizzazione locale che con successo stava sviluppando la battaglia contro la legge antisciopero. Ultimo spregevole attacco contro i compagni della Valsesia è quello dello scorso anno del “direttivo” della locale sezione dell'ANPI che, manovrato dal destro Pietro Rastrelli, ha negato loro il rinnovo della tessera “Nuova Resistenza”.
I revisionisti hanno fallito nei loro tentativi di distruggere il PMLI, pur avendo ottenuto qualche parziale successo nell'azione di fatto convergente o comune con la borghesia. Mentre il PCI è in liquidazione il nostro Partito con slancio affronta nuove e impegnative prove nella sua grande battaglia contro la repubblica presidenziale, l'imperialismo e l'interventismo nel Golfo, per il socialismo.


10 novembre 2021