Golpe dei militari in Sudan
L'esercito spara sulle masse in piazza contro il golpe

 
A distanza di due settimane dal golpe del 25 ottobre guidato dal generale Abdel Fattah Burhan che ha posto fine al governo di transizione del premier Abdalla Hamdok, centinaia di migliaia di manifestanti hanno continuato a tenere viva la protesta con vivaci manifestazioni di piazza e sfidato la repressione dell'esercito e delle milizie golpiste che hanno sparato sulle masse.
Dalle immediate proteste dopo il golpe alle partecipate manifestazioni del 30 ottobre e del 6 novembre le masse sudanesi hanno risposto all'appello alla mobilitazione lanciato dalla Sudanese Professional Association, una coalizione di attivisti, e hanno percorso le strade di Khartoum e di altre città del paese per non veder interrotta quella transizione democratica iniziata due anni fa contro l'allora presidente Omar al Bashir. Nelle manifestazioni del 30 ottobre l'esercito ha sparato sui manifestanti nel centro di Khartoum per impedire che i cortei occupassero i ponti sul Nilo e nella città di Omdurman quando la manifestazione si è diretta verso la sede del parlamento. Allo stesso modo ha fatto fuoco sui cortei del 6 novembre. Secondo un parziale bilancio della repressione golpista nella prima settimana di proteste ci sarebbero stati quasi 15 morti e oltre 200 feriti, colpiti dalle armi dell'esercito e dei paramilitari delle Forze di intervento rapido, eredi della feroce milizia dei Janjaweed (Diavoli a cavallo) che agli ordini di al Bashir si scagliò contor le popolazioni della regione ribelle e oggi al servizio del generale Burhan.
Il governo di transizione di Hamdok aveva quali sponsor la cordata imperialista di Turchia e Qatar, quella del golpista Burhan può contare su quella rivale di Arabia Saudita, Egitto e Emirati, ma anche dei sionisti e financo della Russia di Putin che spera di avere dai generali il via libera alla costruzione di una base logistica sul Mar Rosso bloccata da mesi al parlamento di Khartoum. Tanti appetiti delle potenze imperialiste egemoni locali e mondiali che coi loro giochi calpestano anzitutto i diritti all'autodeterminazione del popolo sudanese a partire dalla scelta del governo a Khartoum. E se il premier deposto e arrestato, Abdalla Hamdok, si è dichiarato pronto ad assumere nuovamente l’incarico ma solo a condizione di poter scegliere i nomi del nuovo esecutivo, le opposizioni respingono una specie di transizione verso le elezioni che i golpisti hanno promesso di permettere nel luglio del 2023, hanno ribadito le richieste del movimento di due anni fa per una maggiore democrazia, annunciato due giorni di sciopero generale e nuove manifestazioni di piazza.

10 novembre 2021