Ragazze e ragazzi da tutto il mondo in piazza a Glasgow per il clima
"La Cop26 è un fallimento"
Greta:”Siamo stanchi dei bla bla dei leader”

Venerdì 5, un fiume di oltre diecimila ragazze e ragazzi provenienti dalla Scozia ma anche da tantissimi altri Paesi del mondo, ha percorso le vie di Glasgow affermando nella pratica che il movimento preferisce stare fuori dalle sedi istituzionali e spingere dal basso sempre con maggiore forza, per mettere a nudo l'inconsistenza dei leader mondiali dei Paesi imperialisti ed inquinatori e costringerli ad agire, rifiutando ogni genere di compromesso al ribasso.
Nessuno ormai si fida più degli slogan dei potenti, anche se essi assorbono tatticamente parte di quelli che gli attivisti stessi lanciano, ovviamente senza poi dargli gambe: “Abbiamo notato che alcuni capi di stato hanno adottato le nostre parole. Ma si canta vittoria per piccole cose che rimangono passi troppo piccoli per risolvere questa crisi di dimensione epocale”, ha dichiarato al Fatto Quotidiano Martina Comparelli, portavoce a Glasgow dei Fridays for Future Italia che sottolinea anche l'ennesima assurda contraddizione sugli impegni per contrastare la deforestazione: “Prendiamo l’accordo per smettere di deforestare entro il 2030. Pensate se con il Covid avessero detto: ‘La gente sta male però ci siamo messi d’accordo e nel 2030 andremo in lockdown e vaccineremo. Sarebbe stato impensabile. Sul clima invece è così, sembra solo l’occasione per una passerella politica”.
Nel comizio conclusivo alla centrale di George Street la Thunberg e Vanessa Nakate hanno rincarato la dose affermando che i leader e i potenti del mondo “sanno bene“ ciò che stanno facendo, ed hanno accusato la Cop26 di essersi contraddistinta per aver "escluso di più" le voci dal basso, insistendo sull'illusione di voler affrontare la minaccia del cambiamento climatico "con gli stessi metodi" che hanno portato il mondo a doverla affrontare, ed accusando i delegati di far leva su "cavilli e statistiche incomplete" per salvaguardare "il business e lo status quo".
Sabato 6 novembre a Glasgow, nonostante le condizioni meteorologiche proibitive, con pioggia e un vento gelido, duecentomila persone hanno dato vita ad un colorato e combattivo corteo lungo 5 chilometri per il “Clima day”, promosso da un centinaio di organizzazioni di tutto il mondo.
I media britannici hanno riportato anche alcune tensioni con la polizia, presente in forze con uno spiegamento imponente di mezzi, uomini ed elicotteri, con alcuni ricercatori di Scentist Rebellion che si erano incatenati sul George V Bridge bloccando il ponte e che sono poi stati fermati. I manifestanti hanno portato con se cartelli e striscioni che chiedono giustizia climatica e sociale, ma il segnale più forte è stata l'opposizione netta gridata per tutta la durata del corteo fra di essi e lo sterile teatrino infarcito di sole pubbliche relazioni di facciata dei partecipanti alla Cop.
Forte la presenza dei sindacati britannici, in piazza anche per sostenere le istanze dei netturbini di Glasgow al momento in stato di agitazione, e delle rappresentanze dei paesi meno sviluppati. Numerosi cartelli aprivano anche all'accoglienza climatica con lo slogan "Climate refugees welcome", e tanti altri di denuncia della evidente commistione di interessi fra i governi capitalistici e le multinazionali.
La protesta del 6 novembre è stata viva e vivace anche in molte altre piazze di tutto il mondo; marce per il clima molto partecipate si sono verificate a Sydney, Parigi, Londra, Dublino, Stoccolma Nairobi, Città del Messico ed ancora nelle Filippine, in Corea del Sud, in Olanda ed a Bruxelles dove il gruppo Extintion Rebellion ha occupato le strade. In totale oltre 200 appuntamenti secondo quanto comunicano gli organizzatori della “Cop26 Coalition”, con l'obiettivo di ottenere "giustizia climatica" e misure immediate a partire di quelle a favore delle comunità che già risentono del riscaldamento globale, soprattutto nei Paesi più poveri.
 

A Glasgow in piazza anche contro l'industria militare
Ma in quei giorni le strade di Glasgow sono state teatro anche di un'altra importantissima manifestazione di centinaia di ambientalisti contro l'industria militare, accusata di fare profitti sfruttando l'instabilità politica e le guerre generate dal clima che cambia.
Una marcia, promossa e guidata anch'essa dal gruppo Extinction Rebellion, che è partita dalla sede del municipio della città scozzese, ed è proseguita verso gli stabilimenti di Govan e Scotstoun di Bae Systems, colosso britannico degli armamenti. I manifestanti, oltre a solidarizzare coi rifugiati provenienti dai Paesi in conflitto, portavano striscioni con su scritto "Il caos climatico crea la guerra", dichiarando alla stampa britannica che "Più guerra c'è, più profitto c'è per aziende come la Bae".

 

Il fallimento di Cop26
Al termine della prima giornata della Cop26 di Glasgow, l'annuale conferenza sul clima delle Nazioni Unite durante la quale i Paesi assumono impegni “formali” sul fronte delle politiche climatiche e ambientali, lo stesso segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, si è mostrato critico sulle premesse e sulle prospettive del vertice, confessando che “C’è un deficit di credibilità e un eccesso di confusione sulla riduzione delle emissioni e sugli obiettivi di zero netto”.
Se da un lato l'invito può suonare come una sorta di stimolo ad impegnarsi a “salvare la faccia” producendo almeno qualcosina di concreto, dall'altro nessuna delle parti in causa, e nemmeno le associazioni ambientaliste, si aspettava di più, visto soprattutto l'andamento del recente G20 che si è svolto a Roma il 30 e 31 ottobre scorso nel quale il padrone di casa Mario Draghi si è comportato come un banditore che all'asta cerca di esaltare lo scarso prodotto del vertice dei venditori di fumo imperialisti per ricavarne il massimo ritorno mediatico internazionale. (vedi articolo pubblicato su Il Bolscevico n.39/2021)
 

La Cop 26 di Glasgow sul binario tracciato dal G20 romano
L'avvio della COP 26 ha sostanzialmente confermato l'inefficacia delle previsioni di Roma. Tante parole sul cambiamento climatico globale e sulla sua pericolosità, coi leader impegnati nei propri interventi iniziali a richiamare l'urgenza dell'azione, ma altrettanto attenti a dare date certe sul termine effettivo delle emissioni di CO2, né sulle modalità di uscita dal fossile.
Infatti i movimenti ambientalisti, e su tutti il Fridays for future fondato dall'attivista svedese Greta Thunberg, erano già sul piede di guerra rilevando che il vertice capitolino sosteneva nel suo documento finale di voler rispettare gli impegni di Parigi, nonostante la chiara impossibilità di raggiungerli a causa dei piani nazionali che porterebbero oggi il riscaldamento globale al +2,7%, e confermata dalla volontà di Cina, India, Russia ed Arabia Saudita - produttori di gas e petrolio al secondo posto nel mondo dopo gli Usa - di posticipare lo stop delle emissioni al 2060, nonché dalle dichiarazioni di Turchia, Brasile, Australia, Messico ed Indonesia che si sono sfilate totalmente dall'abbandono di carbone, petrolio e gas.
 

Fridays for future si tira fuori dal vertice scozzese
Nel quarto giorno dei negoziati il ministro della “Finzione ecologica” italiano Roberto Cingolani ha presentato il Manifesto “Youth 4Climate” contenente i risultati della Conferenza tenutasi a Milano. Ammiccante nei confronti dei giovani attivisti di tutto il mondo, ha sottolineato il proficuo dialogo con un trionfante “Dalla protesta alla proposta”, eppure lo stesso giorno è stato anche quello della frattura, probabilmente definitiva fra il movimento dei giovani attivisti per il clima e le istituzioni mondiali al servizio del capitalismo.
Greta Thunberg, ha infatti dichiarato senza mezzi termini che “Questa Cop26 è un fallimento, non è più una conferenza sul clima, ma un festival del greenwashing dei Paesi ricchi. Una celebrazione di due settimane di business as usual e blah blah”, rilanciando la doppia protesta prevista per il 5 ed il 6 novembre con due manifestazioni in partenza da Kelvingrove Park.
“I leader politici che si sono incontrati nei giorni scorsi alla Cop26 usano greenwashing e bella retorica, e sembra già che stiano rinunciando all’obiettivo di 1,5 gradi. Ma noi non li lasceremo allontanare da quello – ha aggiunto l’attivista svedese - Da queste conferenze non verrà il cambiamento, se non ci sarà una grande pressione pubblica dall’esterno. Così tutti voi che potete, per favore unitevi alla nostra lotta!”. L'appello lanciato da Greta, dall'ugandese Vanessa e da altre 2 attiviste che ha superato i 2 milioni di adesioni, è pubblicato a parte su questo numero del nostro giornale.
Insomma, la Cop 26 con tutta probabilità partorirà il solito topolino; certo è che i criminali ritardi dei leader dei Paesi imperialisti hanno prodotto un movimento grande, vasto, giovane e forte che darà loro filo da torcere sia sul tema del clima, sia su quelli sociali ad esso direttamente collegati; questa azione sarà tanto più efficace ed incisiva, quanto essi sapranno legare la lotta in difesa dell'ambiente alla lotta di classe contro il capitalismo e l'imperialismo, riuscendo presto ad individuare nel socialismo l'unica via d'uscita dallo sfruttamento delle risorse ambientali e dell'uomo sull'uomo che sta distruggendo la Terra, rendendo sempre più povere le popolazioni di tutto il mondo nel nome del profitto.

10 novembre 2021