Lo rilancia Cingolani, in combutta con ENI e Descalzi
No al nucleare “verde”
Basta scorie radioattive e stop immediato ai sussidi fossili. Occorre puntare esclusivamente e da subito sulle energie pulite e rinnovabili.

 
Nonostante ben due referendum che l'hanno bocciato in modo sonoro, l'ultimo dei quali anche in tempi recenti, il ministro Cingolani ha dato il primo affondo al grande rilancio del nucleare.
È bene ricordare che il Ministero della Transizione (ex-ambiente), così nominato per giustificare agli elettori il sostegno al governo Draghi dei 5 Stelle, fu a lui attribuito proprio su precisa indicazione di Beppe Grillo che beatificava l'irriducibile “ambientalismo” di Cingolani, fisico di professione e amico di Matteo Renzi di lunga data.
Infatti, proprio ad una kermesse della scuola di formazione politica di Italia Viva a Ponte di Legno ha dichiarato serenamente che “il nucleare non deve essere un tabù ”, attaccando pesantemente gli ambientalisti: “Il mondo è pieno di ambientalisti radical chic e è pieno di ambientalisti oltranzisti ideologici. Loro sono peggio della catastrofe climatica ”.
Sul nucleare – ha continuato Cingolani, già definito dal movimento dell'acqua ministro della “finzione ecologica” - si stanno affacciando tecnologie di quarta generazione, senza uranio arricchito e acqua pesante. Se a un certo momento si verifica che i chili di rifiuto radioattivo sono pochissimi, la sicurezza elevata e il costo basso è da folli non considerare questa tecnologia (…) nell’interesse dei nostri figli è vietato ideologizzare qualsiasi tipo di tecnologia .”.
Parole che sono state una dolce melodia per i nuclearisti italiani, come Umberto Minopoli, presidente dell’Associazione italiana nucleare (Ain), e anche per Enel e Eni che hanno applaudito al “coraggio” del ministro.
 

ENI raccoglie e rilancia l'assist del ministro
ENI infatti, per voce del suo Amministratore Delegato Claudio Descalzi, raccoglie l'ultimo imperdibile assist di Cingolani e definisce a tutta pagina sulle colonne de Corriere del 9 settembre scorso, “un risultato straordinario ” il test sulla fusione magnetica che assicurerà – secondo lui – il confinamento del plasma nel processo di fusione magnetica.
L'esperimento è stato portato avanti dall'americana CFS (Commonweath Fusion System), una società della quale ENI è – guardacaso - il maggiore azionista dal 2018.
Questo esperimento, dovrebbe pertanto essere l'auspicata conferma che nel prossimo decennio sarà disponibile nella rete elettrica l'energia prodotta dal primo impianto di questo tipo, definito nucleare “verde”.
Per dare gambe a questa prospettiva, Descalzi si è affrettato a dire che questa tecnologia in grado di produrre grandi quantità di energia “sicura, pulita e virtualmente inesauribile e senza emissione di alcun gas serra ”, occuperà un posto centrale nel tanto necessario processo di decarbonizzazione.
 

Le reazioni degli ambientalisti
Di contro, immediate, sono state anche le reazioni dello stesso mondo ambientalista così duramente attaccato dal ministro.
Fra le altre Greenpeace che, attraverso il direttore italiano Giuseppe Onufrio, demolisce le ipotesi dei mini-reattori che sintetizzano la proposta di Cingolani, facendo notare che per decenni si è cercato di tagliare ovunque i costi del nucleare alzando la potenza – e quindi la dimensione – dei reattori, derubricando la proposta ad assurdità tempistica, dal momento in cui la Commissione Europea stessa non si aspetta alcuna produzione commerciale prima del 2050. Troppo tardi per il nostro pianeta.
Anche il WWF non gli risparmia critiche e chiede rispetto per “la storia delle grandi battaglie ambientaliste del passato che ha garantito al nostro Paese di salvare parti consistenti del proprio capitale naturale, evitato il nucleare di vecchia generazione e i problemi ambientali e di sicurezza ad esso connessi. ”.
Allo stesso modo Angelo Bonelli di Europa Verde, strizzando l'occhio ai riformisti europei e al governo stesso, sottolinea che le frasi del ministro “tradiscono solo la sua difficoltà a gestire la transizione ecologica come fanno, e molto bene, quasi tutti gli altri Paesi della Ue (…) Se il ministro non crede agli obiettivi della Ue e del governo, ne tragga le conseguenze e si dimetta ”.
 

I sostenitori del nucleare
Oggi sviluppano il nucleare India, Russia e Cina, in Europa la Francia, con Romania e soprattutto Ungheria e Polonia che, sull'asse di Visegard, ne hanno steso un ambizioso piano; ma, nonostante esso sia costruito e gestito seguendo i rigidi criteri dell'AIEA (Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica), gli impianti non hanno ancora raggiunto quel livello di sicurezza “intrinseca”, né una vita più lunga, e tantomeno una maggiore efficienza e una significativa riduzione nella produzione di scorie radioattive.
E, se è vero che nei prossimi anni entreranno in funzione altri 54 reattori (e non stiamo parlando nemmeno formalmente di “nucleare verde”), dei quali solo uno in Europa (in Francia), va considerato che dal 2010 ne sono stati chiusi altrettanti per problemi o limiti di età.
In Europa i sette reattori tedeschi si fermeranno entro il 2022 e i cinque spagnoli entro il 2030, poiché giunti a fine della loro vita industriale, stimata in una quarantina di anni circa. Potrebbe essere dunque proprio questo il momento opportuno per cambiare strada, e puntare finalmente tutto sulle fonti di produzione effettivamente pulita e rinnovabile in sostituzione delle fonti fossili altamente inquinanti e del nucleare, enormemente rischioso, tanto più che esso copre da un ventennio un decimo circa della fornitura elettrica globale, percentuale parziale e incalzata ormai dal 9 per cento prodotto da sole e vento, nonostante la marginalità degli investimenti su queste ultime tecnologie.
E invece no. Cingolani ha sposato le tesi di coloro che alle dipendenze dirette o indirette delle multinazionali dell'energia, definiscono una maggiore diffusione del nucleare come l'unica soluzione per contrastare il cambiamento climatico poggiando sugli studi dell'Ipcc, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, secondo il quale questa energia è, con l'eolico, la fonte con minori emissioni nel ciclo di vita: 12 grammi di CO2 per kWh prodotto, in media, contro gli 820 del carbone, i 490 del gas e i 48 del fotovoltaico.
Ma la valutazione del rischio dov'è finita?
 

I fondi dell'Europa
A dare un aiuto al nucleare è arrivato a marzo anche un rapporto del Joint Research Center della Commissione Europea che lo definisce “utile alla decarbonizzazione”.
E questo rende probabile il suo finanziamento con i fondi del Next Generation Eu nonostante sia acclarato che le centrali nucleari sono lente da costruire e non adatte a seguire le veloci variazioni di sole e vento. Per fare un esempio, l’ultima centrale costruita in Francia, di ‘nuova generazione’, ha costi lievitati da 3,5 mld a 11 e, iniziata nel 2007, nel 2021 non è ancora completata.
Per costruire una grande centrale solare o eolica servono appena da uno a tre anni: puntare sull'atomo condannerebbe quindi a usare molto più a lungo i combustibili fossili nonostante lo stesso piano UE, che rimane al momento un miraggio, parla di riduzione di emissioni di CO2 del 55% entro il 2030, per azzerarle nel 2050.
Il nucleare poi, oltre ad essere come già detto rischioso e a portarsi dietro l'enorme problema delle scorie, tante o poche che siano, è anche molto più costoso – e per questo fa gola alle multinazionali – poiché ad oggi il suo megawattora costa sui 110 euro, contro i 50 o meno di fotovoltaico e eolico.
Eppure già nello scorso febbraio i partiti Ue di Renew Europe - il gruppo liberale nato per volontà del presidente francese, il nuclearista Emmanuel Macron, e dei Conservatori e riformisti europei e presieduto dalla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni – gridavano a gran voce all’Europa di scommettere ancora sull’energia nucleare per ridurre le emissioni di CO2 dal momento in cui “le sole fonti energetiche rinnovabili - come il solare o l’eolico - saranno insufficienti a raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050”.
Un “Rinascimento energetico” - come lo definisce la Meloni - al quale aderisce in tutta evidenza anche il governo Draghi e il suo ministro voluto direttamente dai 5 Stelle e da Grillo che tripudiò di aver fatto nascere di sua sponte il Ministero della Transizione Energetica.
 

Le esperienze di Chernobil e Fukushima
Non sono però così lontane le immagini che il 26 aprile del 1986 arrivarono dal confine bielorusso-ucraino, quando il reattore 4 della centrale atomica di Chernobyl, esplose provocando l'incendio della struttura e l'esposizione all'aria del combustibile nucleare.
Una nube carica di radioattività coprì 162 mila chilometri quadrati di Europa, provocando migliaia di morti immediate e altrettante causate in seguito dalle radiazioni. Oggi, per misurare anche il lascito sul territorio, 2.600 chilometri quadrati intorno alla centrale sono inaccessibili e lo resteranno per altre centinaia di anni.
All'epoca Chernobil fu una opportunità per l'occidente imperialista che si giocò la carta dell'arretratezza industriale sovietica; ma nel 1957 a Sellafield in Gran Bretagna e a Three Mile Island, negli USA nel 1969 si erano già verificati il primi incidenti nucleari riconosciuti come tali.
Essi e soprattutto il disastro di Fukushima nel 2011 – conseguenza di un maremoto - nell'avanzatissimo Giappone capitalista, hanno dimostrato che il Re è nudo, e che nonostante i massimi livelli di sicurezza garantiti, è impossibile azzerare i rischi.
Questo perchè, oltre agli errori umani, gli incidenti posso essere dovuti anche ai fenomeni naturali che sono fra l'altro sempre più violenti e frequenti in tutte le zone del mondo proprio a causa del riscaldamento climatico.
E allora perchè non imparare da queste lezioni? Che cosa sarebbe successo, in termini di morti e di distruzione sulle città e l'ambiente, se quelle centrali nucleari fossero state allocate nella pianura padana?
Delle conseguenze di Chernobil, fra l'altro, si è detto di tutto e di più, mentre altrettanto non si è fatto per Fukushima (gli unici due incidenti della storia del nucleare ad essere stati classificati come livello 7 della scala INES, cioè il livello di gravità massima); ad oggi infatti molti dubbi restano in particolare circa la contaminazione da perdite d'acqua radioattiva verso il sottosuolo e l'ambiente oceanico che persiste e continua tuttora, generando incertezze e preoccupazioni riguardo al futuro sulla sua evoluzione.
 

Non esiste il nucleare “verde”. Puntare tutto sulle rinnovabili.
Qualcuno ha considerato le parole di Cingolani a Ponte di Legno una vera e propria dichiarazione di guerra nei confronti degli ambientalisti e dell'ambiente, ma in realtà la follia del ritorno al nucleare con una massiccia campagna a braccetto di Eni su Tv e giornali, è solo l'ultimo passo di un percorso iniziato col suo insediamento nel governo del banchiere massone e amico dei cementificatori Draghi, benedetto da Beppe Grillo e dal PD.
Basti guardare il PNRR, assolutamente inadeguato a fronteggiare l'imponente e sempre più evidente crisi climatica e che punta ancora sulle auto a motore endotermico anziché elettrico, oppure la ripresa delle autorizzazioni alle trivelle e all'individuazione di nuovi siti di stoccaggio, o ancora la ridicola previsione che vorrebbe sostituiti appena il 10 per cento dei treni regionali e degli autobus che ad oggi bruciano gasolio per il trasporto pubblico.
Il nucleare cosiddetto “verde” va respinto con la stessa forza e la stessa unità popolare che ha visto ben 2 referendum trionfare, e attraverso battaglie capaci di impedire la costruzione di altre fonti inquinanti e retrograde, seppur pompate a dismisura dai politicanti borghesi al servizio delle multinazionali dell'energia, come gli inceneritori che Cingolani vorrebbe far tornare alla ribalta.
Anche per questo gli ambientalisti sono chiamati a lottare strenuamente per abbattere quanto prima il governo Draghi che si candida ad essere uno dei peggiori della Repubblica anche in termini ambientali.
Concludendo, il nucleare rappresenta una opportunità solo per coloro che lo gestirebbero e ne trarrebbero grandi utili anche dalla sola costruzione miliardaria delle centrali; per la tutela dell'ambiente e della salute pubblica invece, il nucleare rappresenta soltanto un freno, probabilmente una pietra tombale, sull'unica strada da percorrere per risolvere la questione climatica prima che sia davvero troppo tardi. E un'eredità mortale per le future generazioni.
Questo percorso, l'unico effettivamente progressista e ecologico, non può prescindere dallo stop immediato dei finanziamenti alle fonti fossili destinando ingenti risorse alla realizzazione di piccoli impianti di produzione di energie rinnovabili effettivamente pulite come l'idrico, il solare e l'eolico, a gestione completamente pubblica al servizio dei territori e delle comunità locali.
Sono necessari infatti impianti ad impatto ambientale ridotto, tendente in prospettiva allo zero, che non producono ceneri, né ulteriori scorie radioattive da gestire, e che non portano in sé i rischi enormi dalle conseguenti devastanti e irreparabili che la storia ci insegna essere propri di questa tecnologia costosa e superata.

10 novembre 2021