Documento dell'assemblea nazionale tenutasi il 21 novembre presso il presidio Gkn
Allargare la mobilitazione verso lo sciopero generale e generalizzato: nazionalizzare la Gkn

Pubblichiamo di seguito il documento del Collettivo dei lavoratori GKN condiviso domenica 21 novembre all’Assemblea nazionale svoltasi nella sala mensa della fabbrica occupata. Vi hanno partecipato oltre 300 persone provenienti da tutta Italia, che hanno condiviso il documento e la relazione iniziale di Dario Salvetti, portavoce delle lavoratrici e dei lavoratori GKN, dai delegati sindacali di Alitalia, Stellantis, acciaierie di Piombino e di altre fabbriche in lotta, ai responsabili sindacali di partiti della sinistra di opposizione e di classe, alla FIOM e all’opposizione CGIL, ai sindacati di base USB, ADL, CUB, SI Cobas, SLAI Cobas, ad associazioni e movimenti, che hanno portato la solidarietà di classe alla encomiabile lotta degli operai GKN. Pressoché unanime il consenso dell’Assemblea sul percorso per arrivare allo sciopero generale e generalizzato, così come al modello di nazionalizzazione richiesto, che non è quello capitolardo e liquidazionista dell’Ilva o di Alitalia attuato dallo Stato italiano tramite i governi succedutisi negli ultimi anni fino a quello del banchiere massone Draghi, bensì quello condotto e attuato sotto il controllo delle lavoratrici e dei lavoratori. All’importante e partecipata Assemblea il PMLI era presente con i compagni Erne Guidi, Franco Panzarella e Caterina Scartoni. Interessanti e proficui sono stati i contatti e gli scambi di opinioni sia con i lavoratori GKN che con gli esponenti dei partiti della sinistra di opposizione e di classe.
 
1. Un patto di difesa di Gkn. Stiamo appiccicati, teniamoci pronti
Gkn è di nuovo pesantemente sotto attacco: l’azienda ha di fatto annunciato la riapertura della procedura di licenziamento a dicembre. I 75 giorni della procedura cadrebbero in pieno inverno e in due mesi particolarmente difficoltosi per il presidio e per la mobilitazione. Questo è il nuovo calcolo dell’azienda.
L’azienda spaccia le proprie mosse come segno di buona volontà e dialogo. Vuole preparare il terreno psicologico per presentare i nuovi licenziamenti come conseguenza dei “no” incassati dal collettivo di fabbrica e dall’assemblea permanente dei lavoratori. E’ una finzione scenica. Dalla vittoria dell’articolo 28 ad oggi non è mai iniziata nessuna trattativa. Non ci sono “no”: semplicemente non c’è alcuna discussione in corso. Tutto ciò che l’azienda fa e ha fatto, lo fa perché costretta dalla mobilitazione o dalla sentenza del tribunale.
La solidarietà verso Gkn è stata formata sin dall’inizio da due processi: da un lato l’afflusso di energie verso il centro della lotta - sostenendo cioè il presidio, la cassa di resistenza e le iniziative di lotta lanciate dalla Gkn - e uno di espansione della lotta, con i vari Insorgiamo tour e con la presenza dei lavoratori Gkn nelle diverse piazze e di solidarietà alle diverse vertenze.
Con l’arrivo di dicembre, il primo processo torna a essere centrale. C’è nuovamente da puntellare il presidio, rafforzarlo, sostenere la cassa di resistenza e soprattutto tenersi pronti alla massima mobilitazione quando e dove la vertenza lo richiederà. Ad un certo punto si potrebbe porre la necessità di un nuovo 18 settembre.
Il nostro è un grido di allarme e allerta. E’ necessario un patto di difesa di Gkn da parte di tutte le realtà sociali, sindacali e politiche che ritengono questa esperienza una punta avanzata da difendere a tutti i costi. Bisogna tornare a dare priorità all’aiuto al presidio e tenersi pronti a generare la massima mobilitazione.
2. Il percorso dello sciopero generale e generalizzato
L’allargamento della mobilitazione è e rimane comunque esigenza vitale per Gkn. Lo è in verità per tutte le vertenze in corso. Solo cambiando i rapporti di forza si può scrivere un finale diverso per questa vicenda.
Noi non possiamo che ripetere che lo strumento principe per allargare la mobilitazione, per collegare le lotte e i movimenti in corso, è lo sciopero generale e generalizzato. Ne esisterebbero tutte le condizioni rivendicative e programmatiche: salari, pensioni, morti sul lavoro, manovra finanziaria, dl concorrenza, gestione pandemica, situazione di istruzione e sanità pubblica, crisi nell’automotive ecc.
E’ vero: nel paese non esiste un fermento generalizzato e univoco. Esistono ancora larghissime sacche di passività, alternate ad alcuni importanti segnali di risveglio. Unificare tali segnali di risveglio sarebbe però il passaggio necessario per generalizzarli e trasformali in un movimento che faccia da volano per lo sciopero generale. Se quindi lo sciopero generale non è immediatamente praticabile, è comunque necessario dichiararlo come obiettivo e lavorare alla sua preparazione. Come dimostra la piazza del 16 ottobre, esistevano tutte le possibilità dopo la manifestazione del 18 settembre, di rilanciare un ulteriore momento centrale di lotta da parte della direzione Cgil creando la consapevolezza e la fiducia diffusa per iniziare azioni di lotta. Oggi la Cgil usa il tema della preparazione dello sciopero come leva per rinviarlo a una data indefinita.
Di fatto oggi pesa su tutta l’azione della Cgil il veto dei vertici della Cisl, un sindacato che non ha fatto nemmeno un minuto di sciopero contro lo stesso Jobs Act. E pesa una impostazione governista che si sforza di vedere un piano di dialogo con il Governo che semplicemente non esiste. Ci si culla nell’illusione di contrattare i soldi del Pnrr. Ma non solo sono in grossa parte a debito e regalati a pioggia alle aziende, non solo sono un evidente volano di un nuovo giro di ristrutturazioni e privatizzazioni, ma in generale in un sistema iniquo tale immissione di liquidità non può che risolversi in una ulteriore divaricazione delle disuguaglianze sociali.
Esiste quindi un problema di linea sindacale. Ma il problema non si riduce solo a questo. Ogni fine ha bisogno di propri mezzi. Per uno sciopero generale che penetri in profondità nella società, che sia dia efficacia e continuità, il protagonismo dal basso è fondamentale. Una struttura organizzativa costruita e forgiata dal riflusso non può convertirsi in uno strumento di organizzazione della lotta. Anche laddove si arrivasse alla convocazione di uno sciopero, rimarrebbe il problema di come farlo vivere realmente nella società e di come dargli seguito ed efficacia. L’autunno caldo non fu solo una serie di scioperi, cortei, ma uno sconvolgimento radicale del modo di fare sindacato e delle strutture di base su cui l’azione sindacale si poggiava.
Lo sciopero generale e generalizzato quindi non si risolve attraverso una mera convocazione di data, né in un singolo atto. E’ un processo, un percorso, che riparta dal 18 settembre, dal 30 ottobre a Rome, da tutte le vertenze in corso e dalle lavoratrici e ai lavoratori che hanno dato vita all’11 ottobre.
Un processo che deve accompagnare e relazionarsi con il fermento crescente nella società, con la convergenza delle mobilitazioni, la creazione di un modello sindacale differente. E non è un processo che si limita solo ai luoghi di lavoro: diventa altrettanto fondamentale il ruolo delle mobilitazioni studentesche, ambientali, di genere, nel creare un clima di mobilitazione sociale che alimenti la fiducia della classe.
E proprio per questo tale processo non può né impiccarsi ai tempi della discussione parlamentare della manovra né alla fretta di partorire una data prima di natale. Pur non escludendo una accelerazione, dobbiamo al contrario iniziare a ipotizzare che questo percorso scavalli la pausa natalizia.
In tutto questo Gkn continuerà ad avanzare provando a legare dialetticamente le proprie necessità ai percorsi di convergenza. Continuerà nel limite della necessità del presidio a presenziare a iniziative esterne, come ad esempio il nuovo Insorgiamo tour nei circoli e nei teatri.
3. Il tema della nazionalizzazione e del polo pubblico della mobilità sostenibile
Noi abbiamo indicato le soluzioni più semplici: Gkn ci rimetta al lavoro, la fabbrica può ripartire in qualsiasi momento. In seconda battuta sia Stellantis a ridarci le commesse o a favorire il subentro di un competitor che rilevi la fabbrica di semiassi di Campi Bisenzio. E’ evidente tuttavia che Gkn non ha né intenzione né credibilità per tornare a produrre qua. Ed è altrettanto evidente che la chiusura di Gkn rientra in un processo di ulteriore ridimensionamento di Stellantis.
A questo punto sosteniamo la necessità di varare un piano produttivo di continuità occupazionale, prevedendo di ripartire con gli stessi posti di lavoro e gli stessi diritti. Tale piano deve essere la base con cui Invitalia verifica futuri compratori. Ma anche laddove tali compratori si palesassero, è necessario l’intervento pubblico a ponte verso altre soluzioni.
Tuttavia sia Gkn sia il Governo giocano oggi con il concetto di “reindustrializzazione”: è un termine ambiguo che vuol dire tutto e nulla. Se il tema è quello di impiantare una produzione completamente nuova, è evidente che questo può avvenire solo con una nazionalizzazione dello stabilimento.
Allo stesso tempo non intendiamo una nazionalizzazione alla Ilva o alla Alitalia. Il movimento per la nazionalizzazione di Gkn può essere solo un movimento dal basso, fatto di reti volontarie e professionali, militanti e accademiche. Partorire oggi un piano di ripresa della fabbrica, all’interno del piano per un polo pubblico della mobilità sostenibile, diventa quindi strumento fondamentale per la nostra lotta. La nostra è una chiamata alla mobilitazione di tutte le competenze solidali presenti nella società. Invitiamo tutti i soggetti in grado di contribuire a questo piano, dagli economisti del Sant’Anna, passando per il gruppo di ingegneri che ci ha affiancato, arrivando alla rete di imprese recuperate e coinvolgendo chiunque ritenga di avere le competenze necessarie, di natura ingegneristica, produttiva, ambientale a dare vita il 5 dicembre a una assemblea specifica per il piano industriale di ripartenza di Gkn e per il polo pubblico della mobilità sostenibile.
 
 

24 novembre 2021