Documento del Comitato centrale del PMLI dell’8 luglio 1981
L'opera e il pensiero di Mao Zedong sono patrimonio inalienabile del movimento comunista internazionale

La grande tragedia si è compiuta. Quel che temevamo e abbiamo osteggiato con tutte le nostre forze è dunque una realtà. La restaurazione del capitalismo in Cina può dirsi conclusa. Con la recente sesta sessione plenaria del CC del PCC e l'approvazione del velenoso documento antimarxista e antisocialista dal titolo: “Su alcune questioni nella storia del nostro partito dalla fondazione della Repubblica popolare cinese” si è ripetuto in Cina quanto era toccato all'URSS col XX Congresso del PCUS. Le due fortezze storiche del socialismo, cui guardavano e si ispiravano milioni di oppressi e sfruttati dei cinque continenti, sono cadute una dopo l'altra in mano al revisionismo. L'usurpazione del potere da parte della banda di Krusciov e di quella di Deng Xiaoping hanno segnato la piena restaurazione del capitalismo rispettivamente in Urss e in Cina.
Il nostro dovere internazionalista ci impone di rendere pubbliche e ufficiali le contraddizioni con la banda di Deng, contraddizioni oramai divenute antagonistiche, non più conciliabili coi metodi dialettici soliti tra partiti fratelli. Fin dal novembre 1977 avevamo preso coscienza che il revisionismo si era infiltrato nel massimo vertice del PCC e avevamo esternato queste nostre preoccupazioni anche in una lettera indirizzata al CC del PCC, attraverso la quale sollecitavamo comunque delle risposte alle nostre osservazioni che non sarebbero mai state esaudite. In quella nostra lettera del 27 novembre 1977 sottoponevamo a minuziosa critica l'articolo redazionale del "Quotidiano del popolo" del 1° novembre in cui si stravolgeva e si tirava a destra la teoria del presidente Mao sulla divisione in tre mondi e tra l'altro scrivevamo: "Affinché questo grande e straordinario contributo apportato dall'amato e indimenticabile presidente Mao al patrimonio comune del marxismo-leninismo non vada sperperato o addirittura non venga stravolto e deformato, noi vi chiediamo, per salvaguardare l'integrità degli insegnamenti del presidente Mao e l'unità del movimento comunista internazionale, di sottoporre a severa critica l'articolo redazionale del 'Quotidiano del popolo' e di trovare le forme, i modi e i tempi più opportuni per rendere pubbliche le correzioni e le puntualizzazioni che ad esso apporterete".
Il documento "storico" contro l'opera e gli insegnamenti del presidente Mao Zedong non giunge quindi inatteso, né è un atto isolato. L'escalation controrivoluzionaria dei vecchi seguaci di Liu Shaoqui, che trova la sua sistematizzazione teorica e politica nella famigerata terza sessione plenaria del CC del PCC, riguarda ormai ogni aspetto della politica interna ed estera dello Stato e del Partito cinesi. Aveva esordito con la graduale attenuazione e poi cessazione della lotta contro il revisionismo moderno e la conseguente emarginazione e soppressione degli autentici marxisti-leninisti cinesi, ed era proseguita col capovolgimento della strategia della edificazione del socialismo attraverso il ripristino delle leggi economiche capitalistiche, l'introduzione del capitale internazionale e l'instaurazione di un'alleanza strategica con l'imperialismo americano, che ha condotto la banda di Deng a recidere i legami con il movimento comunista internazionale e i movimenti di liberazione nazionale fino a negare loro ogni aiuto politico e materiale e ad aprire le porte al campo della controrivoluzione, in particolare alla socialdemocrazia e al revisionismo internazionali, entro cui va vista la riattivazione di strette relazioni con i partiti revisionisti, cominciando non a caso col PCI.
Anelli importanti di questa infame escalation sono la mostruosa riabilitazione di Liu Shaoqi, Peng Dehuai, Peng Zhen, Li Lisan, Qu Quibai e di altri simili elementi, e persino del controrivoluzionario internazionale Bucharin, la cancellazione delle esperienze modello di Tachai e Taching, la soppressione di articoli fondamentali della nuova Costituzione della Repubblica popolare cinese, l'illegale e controrivoluzionario processo al compagno Kang Sheng e ad altri autentici comunisti, l'eliminazione dei ritratti di Marx, Engels, Lenin e Stalin da piazza Tien An men, la rimozione dei ritratti e l'abbattimento delle statue di Mao in tutto il paese e l'instaurazione nell'Esercito di liberazione popolare cinese di sistemi, metodi, armamenti e stile di lavoro tipici dell'esercito dei paesi capitalistici e imperialistici.
Passaggio obbligato di una tale escalation rimaneva pur sempre il ripudio dell'eredità teorica e politica del presidente Mao, altrimenti troppo stridente e pericolosa si sarebbe fatta la contrapposizione tra i principi e gli atti della nuova dirigenza revisionista e quella eredità rivoluzionaria. La travagliata e interminabile gravidanza ha però dato alla luce un mostruoso topolino, che hanno avuto la faccia tosta di definire "storico", quando in realtà si tratta di un mucchietto di carta straccia pieno zeppo di menzogne, calunnie e falsificazioni che non spostano di una virgola il verdetto che la storia, il popolo cinese e i popoli rivoluzionari hanno già emesso sul presidente Mao.
Una volta assicuratosi lo scranno del comando, la sfrenata ambizione ha fatto credere all'omuncolo Deng, dalla vista più corta d'una spanna, di poter giudicare quel gigante del pensiero e dell'azione rivoluzionari che è il presidente Mao. Che sciocco! Ha creduto di poterlo coprire sotto una montagna di calunnie e menzogne ma non è riuscito che a rovesciarsele addosso, ha creduto di falsificare la storia a suo uso e consumo e invece ha finito per mettere in risalto e valorizzare i grandi meriti storici del presidente Mao. Quelli che l'omuncolo ha chiamato "errori" o "crimini" sono appunto i maggiori meriti di Mao, quegli atti e contributi che il revisionismo e la reazione non gli hanno mai perdonato e gli sono valsi l'ostilità di costoro quand'era ancora in vita. Quelli che l'omuncolo ha chiamato "arretramenti" e "fallimenti" sono in realtà arretramenti e fallimenti del feudalesimo, del capitalismo burocratico e dell'imperialismo nel cui nome costui confessa di parlare. Parafrasando una celebre espressione di Lenin usata per ridicolizzare gli antichi revisionisti, il fatto è che i giganti possono piegarsi più in basso degli omuncoli, ma gli omuncoli non possono mai levarsi all'altezza dei giganti.
L'opera e il pensiero dei grandi Maestri del proletariato internazionale, Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, non appartengono solo ai partiti comunisti e al proletariato dei rispettivi Paesi di origine ma all'intero movimento operaio e comunista internazionale. Nessun partito può arrogarsi il diritto di trarre bilanci generali e particolari della loro vasta produzione teorica e politica e della loro condotta, senza che ne sia investito l'intero movimento comunista internazionale. Non si può valutare Mao in base alla sua opera esclusivamente cinese: ogni eventuale bilancio non può prescindere dal bilancio dell'esperienza storica della dittatura del proletariato, del movimento comunista internazionale, della rivoluzione mondiale e della lotta contro il revisionismo moderno.
Pertanto riteniamo arbitrario, illegittimo e unilaterale l'atto compiuto dal CC del PCC e privo di ogni validità il documento approvato dalla sua sesta sessione plenaria. Un atto tanto più illegale in quanto è frutto della prevaricazione di una parte del PCC ai danni dell'intero Partito e popolo cinese, ordito alle loro spalle dopo estenuanti mercanteggiamenti che hanno eluso il doveroso dibattito di massa ed esautorato i poteri del Congresso nazionale del Partito.
La banda revisionista di Deng ha insultato Mao tacciandolo di essere stato un "despota", "arrogante e staccato dalle masse", "travagliato da fraintendimenti e capitalizzato da cricche controrivoluzionarie", il cui "arbitrio personale aveva gradualmente minato il centralismo democratico nella vita interna di partito", "il principale responsabile" di “gravissimi errori" e "del più grave arretramento e delle più pesanti perdite subite dalla Cina" , un "vanitoso" che "immaginò che la sua teoria e la sua prassi fossero marxiste ed essenziali per la Cina”.
Quel che stupisce nel leggere tale sequela di insulti è che siano occorsi svariati anni dalla banda di Deng per redigere un documento già scritto a più mani dai tristemente noti rinnegati del movimento operaio, Bakunin, Kautzky, Trotzky e Krusciov, i quali avevano usato identico linguaggio per ingiuriare Marx, Lenin e Stalin. Bakunin chiamava Marx un "dittatore" , "un assolutista da capo a piedi" ; Kautzky paragonava Lenin al "dio dei monoteisti" che aveva "ridotto il marxismo allo stato non solo di una religione di Stato ma di una fede medievale o orientale" ; Trotzky e Krusciov tacciavano Stalin di essere un "despota" che "diffondeva il basso culto del dirigente, attribuendo al dirigente santità" e "il più grande dittatore della storia russa" .
Lo sporco espediente usato dalla banda di Deng per vilipendere il presidente Mao è così smascherato. Fornita di assai scarsa fantasia essa si è ridotta a ripetere le stesse ingiurie, le stesse calunnie, quegli stessi pretestuosi slogan contro "il culto della personalità" che tuttavia si sono rivelati nella storia armi spuntate, incapaci di scalfire i grandi maestri del proletariato internazionale.
Il documento "storico" della banda revisionista di Deng distorce sistematicamente la storia del PCC e della RPC, e ciò allo scopo di calunniare il presidente Mao e di propagandare la linea della completa restaurazione del capitalismo in Cina. Non si basa sulla realtà ma contraddice la realtà dei fatti, non risponde ad alcun fondamento scientifico, se non al dogma idealista reazionario secondo cui la lotta di classe e il socialismo sono una pessima cosa mentre il capitalismo e le sue leggi sono universali e assolute. Se la prende con la "lotta di massa turbolenta" perché essa ha avuto la "colpa" di mobilitare grandi masse di popolo nella difesa e nello sviluppo dell'edificazione socialista, minacciata dai "dirigenti che avevano preso la via capitalista". Dei quali, c'era da aspettarselo, nega persino l'esistenza.
Ma ciò che la banda di Deng non riesce a mandar giù è la Grande rivoluzione culturale proletaria, uno dei più grandi e creativi contributi dati dal presidente Mao al marxismo, al socialismo e alla rivoluzione. "Negli ultimi anni della sua vita - dice il documento - lungi dal fare un'analisi corretta di molti problemi, Mao confuse il giusto con lo sbagliato, confuse il popolo col nemico. Mentre faceva errori, continuava a insistere perché il partito studiasse Marx e Lenin e pensava che ciò che stava facendo era essenziale per consolidare la dittatura del proletariato. Qui sta la sua tragedia" . Che sfacciataggine! La banda di Deng candidamente confessa di ritenere una grande tragedia lo studio del marxismo-leninismo e il consolidamento della dittatura del proletariato. Non c'è dubbio che in tal modo essa esprime il pensiero e la politica dell'imperialismo e del revisionismo, senza neppure aver l'accortezza di nasconderlo dietro fumose argomentazioni. Aveva dunque ragione il presidente Mao a disprezzare negli anni '75 e '76 l'omuncolo Deng con queste efficaci espressioni: "Egli non dà alcuna importanza alla lotta di classe, non ha mai menzionato quest'asse" , "non sa niente del marxismo-leninismo, rappresenta la borghesia. Ha giurato controvoglia di non 'rimettere in causa i giusti verdetti', non gli si può far credito" ; "È rimasto ancora al 'gatto bianco e nero', senza preoccuparsi se si tratta di imperialismo o di marxismo" . Ha un bel dire Deng nel documento che "la pratica ha dimostrato che la rivoluzione culturale di fatto non ha costituito una rivoluzione o un progresso sociale in alcun senso, né avrebbe potuto costituirlo" e fu causa "del peggior arretramento e delle più pesanti perdite" del socialismo. Ma a quale sorta di socialismo costui si riferisce, al "socialismo" di Hitler e Mussolini?
La Grande rivoluzione culturale proletaria rimane uno straordinario capolavoro teorico e tattico, il più alto e universale contributo dato al marxismo dopo che Lenin con la Rivoluzione d'Ottobre aveva tracciato la via universale per la conquista del potere politico e del socialismo da parte del proletariato. Quel che Mao ha capito è che la rivoluzione non si esaurisce con l'avvento del socialismo. Finché esisteranno le classi e la lotta di classe, non si può pretendere, o peggio imporre, perenni stabilità e ordine nella società, nello Stato e nello stesso partito comunista, a meno di sopprimere la loro natura progressista e imputridirli fino alla loro completa degenerazione, a meno di trasformarli nel loro opposto, in veicoli di revisionismo e di reazione. Una verità che non è stata mai smentita.
Questa verità il presidente Mao seppe avvertirla per tempo, darle sistemazione teorica e anima perché questa sua teoria della continuazione della rivoluzione sotto la dittatura del proletariato vivesse nella Grande rivoluzione culturale proletaria. Una rivoluzione che ha mobilitato milioni di uomini contro quella stessa cricca revisionista capeggiata da Liu Shaoqi e infiltratasi nel Partito e nello Stato cinesi che oggi è riuscita a usurpare il potere. Una rivoluzione che ha esaltato i popoli dei cinque continenti riscaldando la loro aspirazione alla rivoluzione e al socialismo mentre ha spinto gli autentici comunisti del mondo intero a dividersi dai revisionisti e a dar vita a veri partiti marxisti-leninisti.
Dalla lettura del documento traspare lo scopo malvagio che ha animato i vecchi seguaci di Liu Shaoqi a denunciare gli errori veri o presunti del presidente Mao. Essi non sono visti allo scopo di evitarli nel futuro e di sviluppare in modo corretto la rivoluzione e l'edificazione socialiste in Cina, ma sono presi come motivo per denigrare la figura e l'opera del padre della nuova Cina e così giustificare il processo di restaurazione capitalista e fascista in atto all'interno del Paese, sono un modo di distogliere i comunisti autentici del mondo intero dal perseverare nella via del marxismo-leninismo e della Rivoluzione d'Ottobre, difesa e propagandata dal presidente Mao, e per indurli alla capitolazione davanti al revisionismo.
Il presidente Mao si è già personalmente emendato degli errori commessi a causa dell'inesperienza, del suo insufficiente grado di conoscenza o di particolari valutazioni non conformi alla realtà. Ogn'altra correzione diventa sospetta e strumentale. Se davvero risultassero questioni in sospeso, tuttora a noi ignote, siamo pronti a discuterle e a riesaminare gli errori oggettivamente tali. In tal caso nessuna prova sarà riconosciuta inconfutabile ed esauriente e potrà convincerci senza che sia resa pubblica l'intera letteratura scritta e orale del presidente Mao.
I marxisti-leninisti autentici non hanno paura della verità, non amano nascondere gli errori commessi dai grandi Maestri del proletariato internazionale, che sono anch'essi degli uomini e dunque non ne sono immuni, tant'è che hanno prontamente denunciato i loro errori ogni volta che ne hanno preso coscienza.
La realtà è comunque che gli "errori" del presidente Mao denunciati da quel vermiciattolo di Deng non sono affatto degli errori, ma esattamente gli elementi più qualificanti e innovativi dell'elaborazione teorica, politica ed economica dei fondatore del Partito e della nuova Cina per quanto concerne la costruzione del socialismo in Cina, la lotta contro il revisionismo moderno e lo sviluppo della rivoluzione mondiale.
Noi non accetteremo mai che si faccia un castello di menzogne per attaccare e distruggere la linea proletaria rivoluzionaria elaborata dai grandi Maestri del proletariato. Non permetteremo a chicchessia di sostituire al marxismo sciocchezze e guazzabuglio come faceva quel tale descritto da Marx: "È nel suo elemento come intrigante, mentre è una nullità come teorico" . A giudicare dai risultati, il destino non ha risparmiato neppure l'omuncolo cinese che si è gonfiato oltremodo d'aria pur di assumere le sembianze del gigante.
Quale fiducia possiamo riporre in siffatti loschi individui che hanno eretto a sistema il rovesciamento dei giusti verdetti e hanno il rosso sulla lingua e invece il nero nel cuore? Quale fiducia possono pretendere costoro che hanno partecipato ai lavori degli ultimi Congressi del PCC, ne hanno accettato la linea rivoluzionaria proletaria ispirata dal presidente Mao, salvo poi combatterla e negarla a distanza di qualche anno? Perché non si rendono pubbliche le ripetute autocritiche di Deng e i discorsi e gli interventi di Mao durante la Grande rivoluzione culturale proletaria e la lotta contro Deng?
Per coprirsi davanti agli attacchi inevitabili degli autentici comunisti cinesi e di tutto il mondo, il documento "storico" afferma con grande ipocrisia che il PCC continuerà ad attenersi al pensiero e agli insegnamenti di Mao, ma anche in questo caso quale credibilità può avere la banda di Deng dal momento che essa nega l'anima stessa del pensiero e dell'opera di Mao rappresentata dalla Grande rivoluzione culturale proletaria, dalle Comuni popolari, dal Grande Balzo in avanti e dalla teoria della lotta tra le due linee all'interno del Partito e della continuazione della lotta di classe nel socialismo?
In realtà l'omuncolo cinese accetta formalmente e con molti distinguo solo i contributi dati dal presidente Mao durante l'epopea della Rivoluzione di Nuova Democrazia ma nega in tronco tutti i suoi eccezionali e originali apporti alla Rivoluzione socialista, che i borghesi comunque camuffati non possono in alcun modo digerire. E questo deve far riflettere seriamente ogni sincero comunista. Da sempre infatti i revisionisti prendono dal marxismo ciò che può essere ben accetto alla borghesia e rigettano quello che serve effettivamente per rovesciare il dominio della classe dominante borghese e instaurare la dittatura del proletariato.
Da parte nostra respingiamo tutte le accuse che i revisionisti cinesi muovono al presidente Mao e riconfermiamo in pieno e con forza il nostro giudizio, più volte espresso, sulla sua opera e sul suo pensiero.
Il presidente Mao era un comunista straordinario, una delle figure che l'umanità sprigiona nei momenti fondamentali della sua storia, nelle congiunture decisive, quando di tali uomini ce n'è bisogno per far progredire il cammino dell'umanità e farle compiere una nuova tappa verso la totale emancipazione sociale, economica e politica: una personalità al livello di Marx, Engels, Lenin e Stalin che come loro segna un'era e dà un'impronta inconfondibile ai tempi, influenzando in misura determinante gli eventi che in quell'era giungono a maturazione. Così è stato per Marx ed Engels il cui pensiero e la cui azione hanno segnato l'inizio del movimento operaio organizzato e cosciente; così è stato per Lenin e per Stalin che hanno realizzato nella pratica il primo Stato socialista e gettato lei basi del movimento comunista internazionale; così è stato per Mao che ha portato la teoria marxista-leninista a un nuovo sviluppo, ha liberato un quarto dell'umanità dalle catene secolari dell'imperialismo, del feudalesimo e del capitalismo burocratico, ha aperto una nuova strada ai popoli del Terzo mondo attirandoli al socialismo ed ha creato il fronte unito a livello mondiale fra il proletariato dei paesi capitalistici e dei paesi socialisti e i popoli e le nazioni oppresse contro l'egemonismo delle due superpotenze, il colonialismo, il razzismo e tutta la reazione.
Il presidente Mao, realizzando la Rivoluzione di Nuova Democrazia e la Rivoluzione socialista in Cina, attraverso una magistrale applicazione e arricchimento dei principi universali della Rivoluzione d'Ottobre, trovando le forme e i metodi, attraverso quel grande capolavoro teorico, strategico e tattico senza precedenti della Grande rivoluzione culturale proletaria, per difendere e consolidare la dittatura del proletariato dagli assalti delle vecchie classi sfruttatrici e del revisionismo; ponendosi risolutamente alla testa di tutti i marxisti-leninisti nella critica di principio contro il revisionismo moderno e alla guida di tutti i popoli nella lotta contro l'imperialismo, socialimperialismo e ogni forma di reazione e oppressione; e facendo della Cina il baluardo e la sicura retrovia della lotta rivoluzionaria mondiale, è divenuto il campione della libertà, del progresso, della pace e dell'indipendenza di tutti i popoli, il più grande marxista-leninista dei nostri tempi.
Il pensiero di Mao forma un corpo unico col marxismo-leninismo, del quale è uno sviluppo creativo perché costituisce la sintesi più aggiornata dell'esperienza acquisita dal proletariato internazionale e dai popoli oppressi nella lotta rivoluzionaria per l'emancipazione e il socialismo, nella lotta contro il revisionismo moderno e nella continuazione della rivoluzione sotto la dittatura del proletariato. Senza di esso saremo privati degli strumenti indispensabili per interpretare i più recenti avvenimenti storici e sviluppi del movimento operaio e comunista mondiale, saremo incapaci di far fronte a essi come conviene a partiti comunisti d'avanguardia. Se mutilassimo il marxismo-leninismo del pensiero di Mao lo condanneremo all'inaridimento e alla morte e priveremmo il movimento operaio della sua teoria rivoluzionaria. Come potremmo spiegare i fenomeni fisici ricorrendo al solo Galileo e prescindendo dagli aggiornamenti apportati alla scienza da Einstein? Nel suo divenire incessante la scienza marxista ha la sua forza e vitalità, ha la sua capacità di arricchirsi senza posa di nuove esperienze e far fronte ai nuovi problemi e avvenimenti con la stessa freschezza e coerenza del passato. Ai comunisti e agli oppressi del XX secolo necessita la scienza rivoluzionaria del XX secolo, il marxismo-leninismo-pensiero di Mao.
Oggi come nel passato la lotta condotta dal marxismo-leninismo per affermarsi sulle insidiose teorie controrivoluzionarie che uniscono i loro sforzi per minacciarne la supremazia all'interno del movimento operaio non ha avuto attimi di tregua. Incessanti si son fatti i tentativi di anarchici, socialdemocratici, trotzkisti e revisionisti pur di snaturarne l'anima rivoluzionaria. La restaurazione del capitalismo in Cina rivela che a tutt'oggi revisionismo moderno è il nemico principale all'interno del movimento comunista e operaio internazionale. Da esso provengono i pericoli più minacciosi e nocivi giacché, insieme all'elaborazione di organiche teorizzazioni che cancellano ogni differenza tra socialismo e capitalismo, tra proletariato e borghesia, e negano la necessità della lotta di classe, della rivoluzione socialista e della dittatura del proletariato, dispone dei due più grandi centri statali già socialisti e di innumerevoli partiti che sono andati a dar man forte alla socialdemocrazia internazionale. Si tratta com'è facile capire, di un nemico potente che fa uso simultaneo degli argomenti della forza e della forza degli argomenti pur di ridurre i marxisti-leninisti alla capitolazione. Un disegno controrivoluzionario che sapremo far fallire se ci ispireremo al presidente Mao, se sapremo sfidare la tempesta piuttosto che chinare il capo, com'egli ci insegnò nel corso della battaglia che Io oppose ai revisionisti sovietici e interni, se non avremo paura del revisionismo e lo contrattaccheremo denudandolo della sua apparente forza, smascherandone la natura reazionaria e la continuità storica con la socialdemocrazia, se infine in noi non verrà mai meno la fiducia nel comunismo, nella rivoluzione, nel proletariato, nella causa dell'emancipazione degli sfruttati e degli oppressi del mondo intero.
È evidente che dopo la dolorosa scomparsa del presidente Mao Zedong e con la presa del potere in Cina dei vecchi seguaci di Liu Shaoqi, si è aperta su scala mondiale una nuova fase nella lotta contro il revisionismo moderno, che richiede l'intervento attivo di tutti i Partiti e le Organizzazioni autenticamente marxisti-leninisti del mondo. Ai vecchi seguaci di Liu Shaoqi, così come alla cricca di Breznev, non va concesso alcuno spazio di manovra o di influenza. Essi vanno isolati e indicati al disprezzo e alla condanna da parte di tutti i popoli rivoluzionari del mondo. Così si onora il grande maestro del proletariato, il presidente Mao Zedong, si rende merito alla sua splendida opera, la Grande rivoluzione culturale proletaria, e si aiutano e si incoraggiano gli autentici comunisti cinesi che sono rimasti fedeli al presidente Mao e lottano eroicamente per riconquistare il potere nel Partito e nello Stato.
Noi riteniamo che solo attraverso gli sforzi congiunti di tutti gli autentici marxisti-leninisti del mondo è possibile sconfiggere il revisionismo moderno comunque mascherato e liberare così tutte le energie rivoluzionarie esistenti nei popoli dei vari paesi.
La grande fortezza cinese è caduta nelle mani del nemico di classe, il suo colore è nero e non più rosso, nero come i crimini di cui si sono macchiati gli usurpatori del potere. Ma i rinnegati revisionisti hanno di che preoccuparsi: "Se la destra inscena un colpo di Stato anticomunista in Cina - avvertiva già nel 1966 il presidente Mao - sono sicuro che essa, a sua volta, non conoscerà tranquillità; è molto probabile che il suo regime non duri a lungo, perché i rivoluzionari che rappresentano gli interessi del popolo, il quale costituisce oltre il 90 per cento della popolazione, non lo tollereranno" .
Le sconfitte non sono poi un gran male, ci aiutano a guadagnare vittorie più esaltanti, purché si sappia trarne le dovute lezioni. Finché al mondo ci saranno degli sfruttati e degli oppressi nessuno potrà sancire la fine dell'idea del socialismo e della rivoluzione, la fine del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e degli autentici partiti comunisti. I comunisti ritengono le sconfitte dei vaccini non delle fatalità che non siano suscettibili di essere capovolte. Ci separano appena 64 anni dall'avvento del primo Stato socialista e 133 anni dalla nascita del marxismo, un attimo davanti alla storia dell'umanità. Il futuro appartiene ancora al socialismo, ed esso sarà conquistato in tutto il mondo grazie alla direzione dei partiti comunisti che si atterranno fermamente al marxismo-leninismo-pensiero di Mao Zedong e saranno capaci di legare questa meravigliosa verità universale alla realtà concreta dei rispettivi paesi.
 
Il Comitato centrale del PMLI
Firenze, 8 luglio 1981

 

(Il testo integrale di questo Documento del CC del PMLI, oltre a essere stato pubblicato sul Bolscevico n. 28/1981 si trova in Documenti del Partito Marxista-leninista Italiano , aprile 1977-aprile 1987, pagg. 172-77)
24 novembre 2021