#insorgiamo
Due importanti documenti del collettivo di fabbrica Gkn di Firenze

 
Sciopero generale tour
Inizia il 3 dicembre dalla Casa del Popolo Il campino a Firenze, l'#insorgiamo tour nei teatri e nei circoli Arci: fabbriche aperte, teatri e circoli pieni. Continuerà tutti i venerdì sera successivi e poi riprenderà a gennaio. Ogni venerdì un teatro e/o una casa del popolo.
 
Perché e con che scopo?
1. Nei primi giorni dopo la chiusura della fabbrica, i circoli Arci di Firenze e Prato hanno fatto una vera e propria maratona nel sostenerci. Ogni sera portavano da mangiare. Ogni pasto era legato a un circolo. Ogni circolo era legato a un territorio. Ogni territorio insorgeva a difesa della fabbrica. E ciò che il territorio dà alla fabbrica, la fabbrica ora prova a rendere al territorio.
2. Fabbriche aperte, diritti sul lavoro, stabilità lavorativa permettono alle lavoratrici e ai lavoratori di essere anche altro nella vita, magari di essere volontari ai circoli Arci, di andare a teatro, di appassionarsi di arte. Le fabbriche aperte, le norme antidelocalizzazioni, i diritti sul lavoro riempiono i teatri, stimolano l'arte popolare
3. Perché ci avete chiesto come stiamo e noi vogliamo sapere come state voi. E i circoli Arci, il teatro, lo spettacolo dal vivo sono stati i più colpiti dalla crisi pandemica.
4. Perché siamo di nuovo sotto attacco e di nuovo sotto ricatto. Si preparano a far ripartire la procedura di licenziamento. Perché abbiamo bisogno di stare appiccicati e di vedervi tutti i venerdì sera, di fare il punto della situazione con chi vorrà esserci.
5. Perché probabilmente ci sarà da prendersi per mano e passare insieme il letargo di dicembre ed evitare che la lotta muoia di freddo.
6. Perché la lotta è uno dei più grandi sforzi creativi che ci possa essere e il teatro trova con questo sforzo creativo una empatia particolare.
7. Perché questa è la mia fabbrica, questo è il mio territorio, questa è la mia comunità. E perché sappiamo indicare come far ripartire la fabbrica, sappiamo come faremmo ripartire questa nostra comunità. Noi siamo classe dirigente
8. Perché così ogni venerdì sera saprete dove trovarci, per chiederci, per essere informati. E ogni venerdì sera vi ribadiremo l'importanza del percorso verso lo sciopero generale e generalizzato
9. Perché ci sono spettacoli che devono essere visti, attori che devono emozionarci, visi che devono sorridere, occhi che si devono velare.
Fatevi un favore, partecipate, aiutate a far conoscere queste date, aiutateci a tenere le fabbriche aperte e i teatri pieni. #insorgiamo
 
 
Sette richieste al governo Draghi
 
Embraco, Whirlpool Napoli, Bekaert, Electrolux di Scandicci, Air Italy, Alitalia, Ita, Ilva, Piombino, Blutec…
Si scrive reindustrializzazione, si legge raggiro. E non è l’eccezione, ma la regola. Si ripete con tale regolarità che non può essere casuale. Assomiglia semmai a un metodo consolidato. Forse sarebbe il caso che il giornalismo di inchiesta, di approfondimento, solidale o militante, iniziasse a mettere tutti i casi in fila e a dire al paese la verità: sembra quasi ci sia un metodo, una tecnica, un’arte nel chiudere le aziende e portare a spasso i lavoratori licenziati a suon di ammortizzatori, tavoli ministeriali e promesse.
Il copione è sempre lo stesso. Arrivano i licenziamenti, la chiusura, la delocalizzazione. Si fa qualche sciopero, qualche dichiarazione indignata, qualche presa di posizione forte ma dopo appena qualche settimana si inizia a convincere l’opinione pubblica che non si può impedire a una multinazionale di scappare. E sul più bello spunta una manifestazione di interesse, un compratore, una nuova possibilità, un consorzio, una cordata, uno sceicco, un gruppo industriale indiano. A volte si arriva proprio al passaggio di proprietà, altrimenti nemmeno a quello.
Ad ogni manifestazione di interesse, ad ogni mezzo accordo firmato, si sprecano i titoli dei giornali: soluzione, spiraglio, speranza. L’opinione pubblica si appaga e così capita che addirittura quando incontri il conoscente al supermercato, il vicino sul pianerottolo, ti dice anche: beh, dai, ora voi siete apposto…
La comunità operaia si trova per la prima volta di fronte a questa situazione. Non ha memoria dei raggiri già subiti dai propri colleghi con lo stesso meccanismo. E comunque è costretta ad andare a vedere le carte, perché sarebbe bollata come estremista e malfidente se facesse un processo alle intenzioni. Così, mentre tutti si concentrano sul compratore, di solito anonimo e misterioso, la multinazionale scappa. E nessuno la obbliga nemmeno ad una discussione chiara su cosa vende e sulla garanzia della continuità occupazionale e produttiva. Spesso non assolve nemmeno a basilari doveri di bonifica del sito. Né lascia una spiegazione chiara al territorio su come mai ha chiuso e su dove sono finiti i volumi delocalizzati.
In attesa del futuro, lo Stato interviene a suon di ammortizzatori. L’ammortizzatore logora, stanca, fiacca la lotta. Ti parcheggia. Poi arrivano i tavoli ministeriali, uno dietro l’altro. Ogni tavolo, una trasferta, bandierine, presidio, una trovata creativa, un picco di ascolti. Magari si firma anche qualche accordo, ma di una genericità disarmante. E quando lo si legge si ha la sensazione che nemmeno il rogito per uno scantinato sarebbe portato avanti con meno garanzie.
Il nuovo compratore poi si dilegua al momento opportuno. E tu rimani lì, nel limbo. Il vecchio padrone è scappato, quello nuovo non c'è. E finisci per implorare ancora un po' di ammortizzatore. E invecchi. Invecchia la tua professionalità, la tua convinzione, la tua determinazione.
O a volte il compratore arriva. E magari ricatta anche: chiede minori condizioni salariali, sfonda sul terreno dei diritti. E magari, dopo poco, si dilegua senza nemmeno aver riavviato la produzione. O a volte, peggio ancora, prende soldi pubblici e poi scappa. E finisci in seconda serata in qualche trasmissione dove qualche giornalista virtuoso scopre che in realtà il compratore era l'amico dell'amico degli amici.
E allora si aprono a volte anche inchieste, procedimenti. Che forse ti daranno ragione un giorno. Ma sarà "la ragione del ciuccio" perché intanto tu non hai più un lavoro, una comunità, un gruppo. Non sei più nessuno.
Noi non siamo diversi da tutti quelli che ci hanno preceduto. Noi siamo uguali: stessi problemi, debolezze, dubbi. Ma dobbiamo portare con noi l’esperienza di tutti. Saremo diversi se saremo tutti.
Per questo, chiediamo garanzie e regole di ingaggio chiare nella trattativa:
1. Decretazione d’urgenza sul caso Gkn: si decreti che una azienda pluridecretata per condotta antisindacale non può riaprire la procedura di licenziamento senza approfondimenti sulla reale dinamica della chiusura.
2. Approvate subito la legge antidelocalizzazioni
3. Accordo immediato sulla continuità occupazionale e dei diritti come prerequisito per qualsiasi scenario futuro. Lo firmino ora.
4. Nessuna discussione sul compratore se prima non si discute del venditore e del mandato di vendita. La vendita deve avvenire in continuità produttiva
5. L'attivazione di qualsiasi ammortizzatore per riorganizzazione è vincolato e successivo a un preliminare di vendita, non il contrario.
6. Lo Stato intervenga come ponte pubblico a garanzia della transizione o direttamente con la nazionalizzazione
7. Non abbiamo in mente una nazionalizzazione sullo stile Ilva o Alitalia. Ma un intervento pubblico che avvenga con il contributo delle competenze e delle intelligenze del territorio e sotto la garanzia e la supervisione dell’assemblea permanente dei lavoratori.
Per queste ragioni a tante altre: 5 dicembre, assemblea dei lavoratori e delle competenze solidali. Per il polo pubblico della mobilità sostenibile, per il nostro piano di reindustrializzazione.
Noi siamo tutti, noi siamo patrimonio collettivo.
Loro delocalizzano, noi territorializziamo.
Siamo classe dirigente, siamo il piano di rilancio.
#insorgiamo

1 dicembre 2021