I sindacati confederali non mordono il governo e si limitano a chiedere di cambiare la Legge di Bilancio su pensioni, fisco e lavoro
In migliaia alle manifestazioni indette da Cgil-Cisl-Uil
Ma se non si alza il livello della mobilitazione, a partire dallo sciopero generale, il governo Draghi concederà solo briciole
A Bologna il prefetto vieta il centro città alla protesta sindacale

La tanto annunciata mobilitazione dei sindacati confederali è iniziata, seppur gli obiettivi siano parziali e i gruppi dirigenti di Cgil, Cisl e Uil diano ancora credito al governo del banchiere massone Draghi nella speranza che cambi l'impostazione della prossima manovra finanziaria. Questo non ha potuto evitare che venisse attaccata con decisione da Landini e dagli altri segretari generali Barra e Bombardieri, critiche inevitabili dopo che l'ammucchiata governativa si è accordata sulle misure di materia fiscale partorendo l'ennesima presa in giro nei confronti dei lavoratori e dei pensionati.
Quella che veniva presentata come “grande riforma fiscale” in realtà ha portato solo a dei ritocchi, e non poteva essere altrimenti visto che le risorse che gli sono state dedicate sono solo 8 miliardi di euro, di cui uno riservato al taglio dell'Irap a favore di autonomi e ditte individuali. Anzi, l'ulteriore riduzione degli scaglioni Irpef, da 5 a 4, avvantaggia il segmento medio-alto (28-50mila euro), le fasce di reddito che avrebbero più bisogno di un effetto redistributivo (sotto i 28mila) vengono completamente ignorate e si assesta un ulteriore colpo alla progressività verso l'alto poiché l'aliquota massima (43%) partirà da 50.000 euro, redditi equiparati a quelli milionari magari percepiti da un top manager.
Queste decisioni, sommate a quelle sulle pensioni a partire dall'abolizione di quota 100, hanno alimentato ancor di più il malcontento che regna tra le lavoratrici e i lavoratori italiani che hanno partecipato numerosi alle 9 manifestazioni promosse da Cgil-Cisl-Uil in varie piazze d'Italia sabato 26 novembre per chiedere modifiche alla Manovra di bilancio 2022 del governo.
A Milano si è ritrovata tutta la Lombardia, con appuntamento all'Arco della Pace, dove sono affluiti migliaia di manifestanti. Oltre ai temi delle pensioni e del fisco, Alessandro Pagano, della segreteria regionale della Cgil, ha sottolineato che: "Oggi siamo scesi in piazza per rimettere il lavoro al centro", ricordando le vertenze Tim, Carrefour, Verti e le crisi del settore del trasporto aereo, delle mense, del turismo e alberghiero. Migliaia di lavoratori anche alla manifestazione regionale del Piemonte, svoltasi a Torino nella centralissima Piazza Castello. Rimanendo al Nord, un altra iniziativa si è tenuta a Palmanova, in provincia di Udine, dove si è ritrovato il Friuli Venezia Giulia. Altre manifestazioni sono previste in tutta Italia per la prossima settimana.
Al riguardo è scoppiata una polemica tra i sindacati, in particolare la Cgil, e la Prefettura di Bologna, dove la manifestazione è prevista per il primo dicembre. Quest'ultima ha deciso "in considerazione dell’innalzamento della curva del contagio ed in vista dell’approssimarsi delle festività natalizie" di revocare la concessione di Piazza Maggiore come luogo per la manifestazione regionale dei sindacati, spostandola in una piazza in periferia.
La Cgil dell'Emilia-Romagna ha giudicato la decisione “incomprensibile e preoccupante”. “Ci sembra quindi chiaro che con questo divieto la Prefettura -si legge nel comunicato sindacale- che rappresenta il Governo, stia decidendo altro, cioè di impedire qualsiasi tipo di manifestazione. E infatti le iniziative religiose e gli eventi organizzati dagli enti pubblici sono esclusi da questo divieto. Si tratta di un precedente gravissimo. Sta emergendo una graduatoria dei diritti costituzionali discutibile e pericolosa: il diritto allo shopping e il diritto a esercitare il culto religioso vengono prima del diritto a manifestare pubblicamente pro o contro qualcosa”.
Quella di Bologna è la prova lampante di quanto denunciato dal PMLI e da altre forze politiche, sindacali e sociali. La direttiva antidemocratica e fascista del Ministero dell'Interno sulle limitazioni di cortei e manifestazioni prende a pretesto le azioni di alcune frange del variegato movimento NO Vax e No green pass per imprimere un ulteriore giro di vite alle già misere libertà democratiche borghesi nel nostro Paese. In teoria diretta contro chi manifesta in relazione alle misure governative sul Covid-19 ma che, come ci dimostra questa vicenda, può essere usata per mettere fuori legge il dissenso sociale e politico (o confinarlo nelle periferie delle città), come è già successo per alcuni sindacalisti e lavoratori del Sicobas protagonisti delle lotte sostenute nel mondo della logistica.
Tornando alle manifestazioni del 26 novembre ricordiamo quella di Firenze , con alcune migliaia di partecipanti provenienti da tutta la Toscana e dove era presente anche il PMLI (vedere articolo a parte). In Sicilia ne sono state organizzate ben tre, a Catania , Messina e Palermo
Significativa anche quella dell'Umbria, svoltasi a Terni , dove l'iniziativa ha assunto anche connotazioni locali, in una città con gravi problemi occupazionali legati alla crisi delle sue storiche acciaierie. “Abbiamo scelto Terni non a caso - ha spiegato il segretario generale della Cgil dell'Umbria, Vincenzo Sgalla -, perché qui si gioca la partita decisiva per l'economia dell'Umbria. La vendita di Ast e il suo futuro, la manifattura e il rinnovamento dell'industria umbra passano anche per le decisioni politiche. Il Pnrr nazionale mette a disposizione molte risorse, spetta adesso alla giunta regionale saperle utilizzare e ridare lavoro sicuro, con diritti e un salario adeguato".
Alla manifestazione di Roma , in Piazza Santi Apostoli, era presente Maurizio Landini. Il segretario generale della Cgil ha lanciato critiche al governo: "servono più di 8 miliardi per una vera riforma fiscale, questi devono servire ad aumentare i redditi da lavoro e da pensione a partire da quelli più bassi, non ci può essere un'operazione che tutela i redditi medio alti". E ancora: "sono passati nove anni dalla legge Fornero. È chiaro che non abbiamo intenzione di fermarci con la protesta, perché vogliamo portare a casa risultati concreti". E infine sul tema del precariato: "Gli investimenti devono servire per creare lavoro non precario, sicuro e per dare lavoro ai giovani”. Ma ha lanciato anche segnali distensivi al governo: “la pazienza c'è”.
In effetti i sindacati confederali, al di là dei proclami, stanno continuando a portare avanti la collaborazione con Draghi, chiedono di non essere spettatori e di avere voce in capitolo, ma alla fine si allineano alle decisioni del governo. Sul tema delle pensioni ad esempio l’iniziativa di Cgil, Cisl e Uil non ha mai riguardato una riforma strutturale del sistema ma si è focalizzata quasi esclusivamente sulle norme per l’accesso alla pensione anticipata, lasciando inalterate quelle che definiscono l’età di pensionamento e i meccanismi di adeguamento automatico alle dinamiche demografiche, senza mettere in discussione il contributivo introdotto dalle controriforme Amato, Dini e Fornero, e accettando che all'uscita “anticipata” corrisponda un taglio della pensione a prescindere dagli anni di lavoro. Se i sindacati confederali con pazienza concedono ancora tempo e fiducia al governo, i lavoratori la pazienza l'hanno esaurita e sono già arrabbiati per i licenziamenti, gli aumenti delle bollette e del carburante, il rialzo dell'inflazione, i salari e le pensioni da fame. Dalle fabbriche e dai luoghi di lavoro, da settori della stessa Cgil, sale con sempre maggiore forza la richiesta di uno sciopero generale generalizzato, per contrastare seriamente la politica del governo del capitalismo, della grande finanza e della UE imperialista guidato da Draghi. Come recitava lo striscione dei lavoratori della GKN alla manifestazione di Firenze del 26 novembre: “Se non ora quando?”

1 dicembre 2021