In Venezuela alle urne solo il 41,8% dell'elettorato
La “sinistra” borghese di Maduro batte la destra

 
Nelle elezioni locali del 21 novembre i candidati del Psuv, il Partito socialista unito del Venezuela, del presidente Nicolas Maduro hanno ottenuto la maggioranza dei voti validi e conquistato la carica di governatore in 20 dei 23 stati, la municipalità di Caracas e la poltrona di sindaco in più di 200 dei 335 comuni. Una parte dell'opposizione ha partecipato per la prima volta a un voto dal 2017 e il boicottaggio delle elezioni presidenziali e legislative e ha vinto in tre stati, fra i quali quella della Zulia, lo stato petrolifero più popoloso del paese e la cui capitale è Maracaibo, la seconda città del Venezuela. Secondo i risultati trasmessi dal Consiglio nazionale elettorale (Cne) risulta che l'affluenza alle urne è stata del 41,8% con poco più di 8 milioni di votanti sui circa 21 milioni di aventi diritto.
Pur tenendo di conto che nelle elezioni amministrative non sono previsti i voti dei residenti all'estero, l'alto livello della diserzione dalle urne del 58,2% del corpo elettorale mette in evidenza che la "sinistra" borghese di Maduro ha battuto la destra, divisa tra l'altro tra partecipazione e boicottaggio, ma vede sempre più restringersi il consenso.
"Bel trionfo, bella vittoria, bel raccolto frutto del lavoro", ha esultato il presidente Maduro, parlando di "risultati travolgenti" sull'opposizione di Henrique Capriles, il candidato della destra già sconfitto due volte alle presidenziali. Come pure sembrano spinti ai margini personaggi come il golpista Juan Guaidó, pompato dall'imperialismo americano e per un certo periodo osannato dall'imperialismo europeo che sembrerebbe voler cambiare atteggiamento e in occasione del voto ha mandato, su invito del governo di Caracas, una missione di osservatori elettorali, la prima da 15 anni.
Dai dati trasmessi dal Cne risulta però che il Psuv ha ottenuto circa 3 milioni e 700mila voti che gli sono bastati per vincere nella maggioranza degli Stati ma a fronte di una opposizione divisa in varie formazioni che complessivamente ne hanno ottenuti di più, circa 4 milioni e 400mila. Calcolando i risultati nel modo corretto, ossia rapportati ai 21 milioni di elettori, il Psuv ne rappresenta appena il 18%, il peggior risultato della sua storia.
Il calo di consensi del partito di governo in un paese di 30 milioni di abitanti con un tesoro rappresentato dalle risorse petrolifere è oramai una costante che non può essere spiegata solo con l'aggravarsi della crisi economica che pesa anzitutto sulle masse popolari; una crisi accentuata dalle criminali sanzioni applicate dall'imperialismo americano, rafforzate sotto l'aministrazione Trump e mantenute da Biden.
Alla caduta dei consensi del governo del presidente Maduro hanno contribuito anche scelte come quella della realizzazione del progetto minerario chiamato Arco Minero del Orinoco. Gli ambientalisti venezuelani denunciano che il governo ha messo sotto il suo diretto controllo la regione e che non accetta verifiche sulle modalità di svolgimento dell' attività mineraria e il rispetto dell'ecosistema; tanto da non aver firmato l’accordo sulla deforestazione alla Cop26 di Glasgow.
Il governo di Maduro ha raccolto eredità e errori dei precedenti governi di Chávez, primo fra tutti quello di lasciare campo libero alla borghesia e ai capitalisti nazionali. Fra gli errori di Chavez quello di aver governato usufruendo per un certo periodo di cospicue entrate quando i prezzi del petrolio erano alle stelle ma senza promuovere una diversificazione economica e mantenendo la dipendenza del paese dal ricavato della produzione petrolifera. Con la caduta dei prezzi del petrolio sono cadute le entrate del governo e le spese sociali, non i profitti della borghesia, e nel paese che doveva essere l'esempio, l'applicazione del socialismo del ventunesimo secolo, il governo di Caracas ha aperto la porta all'imperialismo russo, per la gestione delle risorse petrolifere statali e per l'aiuto militare nel momento in cui Trump minacciava una aggressione, e al socialimperialismo cinese che come nel gioco della dama mette le sue pedine in tutte le caselle libere lasciate dai concorrenti.
Non a caso è stato il portavoce del Ministero degli Affari Esteri di Pechino a rispondere a tambur battente al nuovo attacco della Casa Bianca al Venezuela. Se la commissione degli osservatori della Ue non ha rilevato sostanziali irregolarità ma ha rimandato la consegna del report ufficiale alla fine di gennaio del 2022 a Caracas, il segretario di Stato americano Antony Blinken aveva affermato che le elezioni del 21 novembre “non sono state né libere né pulite. Applaudiamo alla coraggiosa opposizione che ha partecipato, nonostante le ingiuste condizioni, e chiediamo a Maduro di rispettare i principi democratici”. "La Cina chiede di rispettare il sistema democratico e la pratica del Venezuela", respinge "accuse deliberate o flagranti interferenze da parte di forze esterne" e ribadisce il suo sostegno al governo democratico di Nicolas Maduro, commentavano da Pechino.
Insomma anche in politica estera la “sinistra” borghese di Maduro finisce per compromettere l'indipendenza e la sovranità nazionali spalancando le porte all'imperialismo russo e al socialimperialismo cinese.
 

1 dicembre 2021