Per eliminare la violenza sulle donne occorre abbattere il capitalismo

Sono tante, arrivate con ogni mezzo: dai pullman addobbati di fucsia, ai treni, ai mezzi propri, 100.000 stimano le organizzatrici di Nonunadimeno, il 27 novembre a Roma, per coronare nella lotta la giornata inernazionale contro la violenza sessuale e di genere sulle donne e le persone LGBTQI+.
Molte di loro sono giovanissime, sono le studentesse in questo momento in prima fila nelle occupazioni dei propri istituti contro le classi pollaio del governo Draghi. Sfilano a fianco delle loro coetanee, combattive, allegre, colorate.
Insieme ci sono donne di tutte le età, le lavoratrici della Sanità, le volontarie dei centri antiviolenza, le immigrate, e famiglie intere. Tutte accomunate dalla stessa volontà quella di “contare da vive” non “contarci da morte”. Oltre la violenza, le donne, le ragazze denunciano i diritti negati, come l'aborto, alzando cartelli dove vengono esposte le percentuali di obiettori negli ospedali: in alcune strutture ospedaliere del Lazio gli obiettori costituiscono il 100% dei ginecologi e operatori sanitari.
Le donne manifestano con forza dopo due anni da quando è scoppiata l'emergenza sanitaria, due anni pesanti come macigni sulle spalle delle masse femminili. Lo slogan che campeggia sullo striscione che apre il grande corteo delle 100.000 dice “Ci vogliamo vive” e sta a sottolineare il drammatico aumento dei femminicidi: 109 donne ammazzate dall'inizio dell'anno, una ogni 72 ore. Il 98% di loro per mano del proprio marito, compagno, partner. In via Cavour le manifestanti hanno agitato i mazzi di chiavi tanto forte da oscurare per un attimo anche il comizio volante dell'attivista di NUDM, per ribadire che la violenza sulle donne, nel 21° secolo, si compie soprattutto all'interno delle quattro mura domestiche.
L'emergenza sanitaria ha scoperchiato tutto il marciume del capitalismo e il suo carattere profondamente antifemminile non solo nella recrudescenza dei femminicidi, espressione più bieca e violenta della concezione borghese della donna, intesa come oggetto di proprietà, vincolato al dogma cattolico oscurantista dell'“indissolubilità” del matrimonio e della coppia, ma anche nelle discriminazioni lavorative e sociali perpetrate sulle masse femminili dal sistema capitalista e dai suoi governi che oggi vede la sua massima espressione nel governo del banchiere massone Draghi.
Quella stessa concezione antifemminile di cui è pregno il gravissimo gesto misogeno di molestia in diretta televisiva attuato da un tifoso al termine della partita Empoli-Fiorentina, alla giornalista di Toscana Tv Greta Beccaglia, alla quale va tutta la nostra solidarietà militante.
Le donne sono le prime a essere state licenziate con lo sblocco dei licenziamenti attuato dal governo Draghi, essendo impiegate in misura maggiore rispetto agli uomini nei comparti dove la crisi economica data dall'emergenza sanitaria si è abbattuta come un maglio, ossia nel turismo, nella ristorazione, negli appalti delle pulizie delle cooperative e nella “cura” alle persone anziane e diversamente abili, oltretutto lavori sottopagati e molto spesso a nero.
La lotta ai femminicidi non potrà essere vinta se non sarà fatta tabula rasa del sistema capitalista, perché solo se abbatteremo il capitalismo potremo “eliminare” la violenza fisica e di genere, l'oppressione, il super sfruttamento e la discriminazione sulle donne e sulle persone LGBTQI+.
La nostra speranza è che le anticapitaliste presenti in NUDM, si rendano disponibili al confronto, raccogliendo l'appello del compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, ad aprire una grande discussione sul futuro dell'Italia, rompano col riformismo, il parlamentarismo, il costituzionalismo e imbocchino la via dell’Ottobre per il socialismo, cominciando a spendere la loro forza per buttare a gambe all’aria il governo antifemminile Draghi.

1 dicembre 2021