A Gaggio Montano, nel bolognese
Annunciata la chiusura della SaGa Coffee
Inasprire la lotta di classe, sciopero generale nazionale!

Dal corrispondente dell’Emilia-Romagna
Ci avevano visto giusto, purtroppo, gli operai della SaGa Coffee di Gaggio Montano, nell’Appennino bolognese, che di fronte all’ordine di caricare sui camion tutto il materiale entro la serata decidevano di presidiare l’azienda. Era il 4 novembre, e il presidio permanente continua tutt’oggi, perché il 5 novembre il gruppo bergamasco Evoca, proprietario dell’azienda che produce macchine professionali da caffè ha annunciato la chiusura del sito bolognese entro il 31 marzo 2022 e il trasferimento di tutte le attività nello stabilimento di Valbrembo (Bergamo), ma anche in Spagna e Romania.
Non è durata molto “l’avventura” della Evoca, proprietaria dello stabilimento da appena 4 anni, rilevato dalla Philips, e che appena un anno fa aveva licenziato 60 dipendenti col ricatto del futuro per il sito, che aveva però evidentemente già deciso di chiudere comunque.
Se un anno fa i dipendenti erano 280, negli anni “d’oro” si era arrivati addirittura a 1.600 tra posti fissi e a termine, 3.000 se si conta l’indotto. È quindi evidente quanto pesi prima il ridimensionamento e poi l’annunciata chiusura, da evitare ad ogni costo, in un territorio montano come questo dove quasi tutta l’economia gira attorno a quest'unica grande fabbrica, che allora si chiamava Saeco, e passando di mano in mano, italiane e non, è stata progressivamente ridimensionata; ogni padrone che è passato dal comando si è “mangiato” un pezzo dell’azienda e del futuro dei lavoratori, i quali sono rimasti invece con la “bocca asciutta”, ma non senza combattere, basti citare i 73 giorni di sciopero a oltranza nel 2015 contro i 243 esuberi decisi dalla multinazionale Philips.
Dei 220 dipendenti occupati ad oggi ben l’80% sono donne, e questo denota quanto sia importante questa battaglia non solo dal punto di vista generale dell’occupazione e a livello economico per il territorio ma anche per l’indipendenza economica e sociale delle donne.
E difatti unanime è stato il coro di solidarietà che ha sostenuto sinora i lavoratori, dalla popolazione locale ai commercianti che hanno sfilato in corteo a difesa della fabbrica, dall’Anpi ai lavoratori della Valbrembo che hanno scioperato in solidarietà con i colleghi del bolognese.
È arrivato anche Maurizio Landini che da quando è diventato Segretario della Cgil ha sotterrato “l’ascia di guerra” (che prima mostrava ma utilizzava con parsimonia), che si è limitato a dire: "Andiamo avanti fino a quando non si è ottenuto il risultato: riaprire la fabbrica e continuare a lavorare. Noi siamo con voi per tutto quello che è necessario a portare vanti questa lotta". Ma ben si guarda dal parlare di sciopero generale nazionale a sostegno delle tantissime vertenze aziendali in corso.
Mentre il presidente PD della Regione, Stefano Bonaccini, si è sostanzialmente limitato a chiedere al governo Draghi di tener fede all’impegno di “prendere un provvedimento contro le delocalizzazioni”.
Ma è finito il tempo delle chiacchiere, delle richieste, delle invocazioni, sussurrate o urlate che siano, il governo Draghi, come quelli precedenti, ha dimostrato chiaramente di fregarsene degli interessi dei lavoratori e di servire la borghesia e il capitalismo, occorre quindi inasprire la lotta di classe e chiamare allo sciopero generale nazionale. Che cosa aspettano Landini e la Cgil?

8 dicembre 2021