Contro la ristrutturazione del colosso controllato dal Mef
Scioperi e manifestazione nazionale a Roma dei lavoratori della Leonardo
Mentre Fiom e Uilm estendono la lotta a tutta Italia, la Fim-Cisl la riduce ai soli stabilimenti interessati dalla cassa integrazione

I lavoratori del gruppo Leonardo lunedì 6 dicembre hanno scioperato in tutta Italia e sono arrivati fino a Roma per protestare contro la riorganizzazione del gruppo controllato dal Ministero dell'Economia e delle Finanze (Mef) che nel mondo occupa 50mila lavoratori, di cui 30mila in Italia. Alcuni giorni prima l’azienda aveva comunicato che dal 3 gennaio scatteranno 13 settimane di cassa integrazione ordinaria a zero ore per 3.443 dipendenti “a causa di una temporanea situazione di mercato”. La cig riguarderà 1.174 lavoratori dello stabilimento di Pomigliano d’Arco e 430 di Nola in provincia di Napoli più 1.049 di Grottaglie in provincia di Taranto e 790 di Foggia.
Come si può notare, saranno interessati a questo fermo esclusivamente i siti del Sud Italia. Ciò è dovuto alla ristrutturazione voluta dall’allora Amministratore Delegato Mauro Moretti che ha destinato la maggior parte delle produzioni legate al settore militare, quello più redditizio, al Nord, e il civile nel Mezzogiorno, concentrando qui le criticità. A Pomigliano si producono le fusoliere dell’Atr (aereo costruito da Leonardo in collaborazione con Airbus, assemblato a Tolosa, in Francia), componenti per Boeing e Airbus oltre a ospitare l’Aerotech, campus universitario di progettazione in collaborazione con l'ateneo Federico II. A Nola e Foggia si producono pezzi di fusoliera per Boeing ed Airbus. A Grottaglie, si realizzano parti della fusoliera del Boeing 787, aereo intercontinentale che più ha sofferto per la crisi Covid: è lo stabilimento con più criticità anche perché lavora in esclusiva per Boeing.
La mossa repentina della cig è stata motivata dalla crisi della divisone aerostrutture (inerente agli stabilimenti coinvolti), vista la fase di stallo in cui versa il settore dell’aviazione durante il periodo pandemico. Ma Leonardo, che è fornitore anche dell’esercito italiano e ha relazioni commerciali a livello internazionale, si trova in buona salute dal punto di vista economico, come si apprende dagli ultimi dati della relazione finanziaria aggiornati al 30 settembre 2021, con ricavi a 9,6 miliardi di euro e utili per 229 milioni. Una situazione anche migliore rispetto all’anno dell’esplosione del Covid-19, che fa prevedere, per la chiusura dell’anno 2021, dei ricavi complessivi tra i 13,8 e i 14,3 miliardi.
Quella della Cassa Integrazione ordinaria non sarebbe quindi una richiesta dettata da una crisi generale dell’azienda, ma di un solo comparto, le cui perdite potrebbero a logica essere ripianate dagli altri settori in crescita di bilancio. La scelta appare quindi senza un motivo plausibile, se non dal vizio che caratterizza il capitalismo italiano, desideroso di privatizzare ogni utile e socializzare ogni perdita. Nel caso specifico di Leonardo, l’esborso della Cig sarebbe tutto a danno del socio di maggioranza relativa, lo Stato tramite il Mef, e a vantaggio degli altri soci di minoranza privata. Il tutto mentre lo stesso amministratore delegato Alessandro Profumo ha annunciato che grazie al Recovery Fund l’azienda riceverà 360 milioni di euro per sviluppare progetti, e posti di lavoro, nel Mezzogiorno d’Italia.
La risposta dei sindacati e dei lavoratori è stata immediata, con presidii davanti ai cancelli di tutte le aziende del gruppo, a partire da quelle di Pomigliano, Nola, Foggia e Grottaglie colpite dalla cassa integrazione. A far aumentare le preoccupazioni anche l'intenzione di Leonardo di cedere le divisioni Oto Melara (cannoni navali) e Wass (siluri) per cui si contrappongono un’offerta di Fincantieri a una una franco tedesca (Knds) che offrirebbe 200 milioni in più. Il 6 dicembre lo sciopero generale di tutto il gruppo con gli stabilimenti presidiati, mentre un migliaio di lavoratori si è recato a Roma per manifestare fin sotto le finestre del quartier generale di Leonardo, in piazza Monte Grappa.
Secondo il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella la decisione dell’azienda è “di inaudita gravità ed evidenzia l’immobilismo che dura da anni in una divisione, quella di Aerostrutture, fondamentale per il futuro del nostro Paese e per la stessa Leonardo”. “A questo –secondo Palombella– si aggiunge la mancanza di una visione da parte di un gruppo che per fare cassa, prima ha venduto Breda e Sts ai giapponesi di Hitachi, oltre ad Ansaldo Energia, mentre ora ha messo sul mercato asset importanti come Oto Melara, Wass e la parte dell’Automazione”. La leader della Fiom, Francesca Re David, ha chiesto “l’immediata apertura di un confronto con il governo e l’azienda”.
Da segnalare l'atteggiamento divisivo e aziendalista della Fim-Cisl, che ha aderito allo sciopero solo nelle divisioni Aerostrutture, dove è in campo la cig, e quelle a rischio cessione come i Sistemi Difesa. Negli altri stabilimenti non lo ha ritenuto necessario farlo, alla faccia della solidarietà di classe, oltretutto tra lo stesso gruppo industriale. Nonostante questo ai 15 pullman giunti a Roma dal Sud, si sono aggiunte consistenti delegazioni di lavoratori provenienti dagli altri stabilimenti situati nel centro-nord.


15 dicembre 2021