Sfidando il socialimperialismo cinese
L'Ue imperialista lancia l'anti Via della seta
L'imperialismo europeo entra nella competizione tra l'imperialismo americano e il socialimperialismo cinese per il controllo dall'area balcanica alla Turchia, dal Medio Oriente all'Africa

 
Il socialimperialismo cinese è da tempo impegnato a tempo pieno a costruire una rete anzitutto economico-commerciale e finanziaria per accaparrarsi materie prime e mercati e una serie di legami politici e militari per allungare i suoi tentacoli dal Mar cinese meridionale all'Europa e all'Africa, la "Belt and Road Initiative" o nuova Via della Seta; una prima risposta alle iniziative di Pechino era venuta dal presidente americano Joe Biden che appena insediato aveva lanciato il programma “Build Back Better World” con analoghi scopi anche se con molto meno risorse per mandarlo avanti. La sfida era comunque lanciata e l'imperialismo europeo non poteva continuare a stare ancora alla finestra a guardare i due principali concorrenti, pena la definitiva marginalizzazione sugli scenari mondiali e ha deciso di lanciare la costruzione di una anti Via della Seta, una iniziativa per conto proprio denominata “Global Gateaway” per entrare nella competizione tra l'imperialismo americano e il socialimperialismo cinese intanto riguardo al controllo di un'area che va dalla regione balcanica alla Turchia, dal Medio Oriente all'Africa.
La Commissione europea non forniva dettagli sui progetti da sostenere indicando solo che in Africa riguarderanno salute e fonti di energia rinnovabile, nei Balcani e nel Mediterraneo i trasporti. I futuri progetti saranno individuati e negoziati con le autorità locali dalle delegazioni europee presenti nei paesi interessati in cinque settori: digitale, ambiente eenergia, trasporti, salute, ricerca e istruzione.
Ovviamente l'imperialismo europeo si schiera con quello americano e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, da Bruxelles l'1 dicembre spiegava che l'iniziativa della Ue e quella americana viaggeranno in parallelo e si rafforzeranno a vicenda e che l'obiettivo è di migliorare i legami commerciali e contrastare la crescente presenza internazionale della Cina o della Russia, "questa è una alternativa alla Cina, è una alternativa alla Via della Seta”. Anzi “noi a differenza loro non facciamo prestiti, ma diamo sovvenzioni. A differenza loro finanziamo progetti verdi e sostenibili, la digitalizzazione e infrastrutture utili ai cittadini”, puntualizzava la presidente europea nel tentativo di presentare il nuovo pacchetto di investimenti verso i paesi in via di sviluppo quasi come un toccasana e non come un mezzo per contendere mercati e materie prime ai concorrenti imperialisti.
Enfatizzando la politica degli annunci tanto cara ai governanti imperialisti, la Von der Leyen presentava i 300 miliardi di euro che la Commissione ha nel portafoglio da poter spendere entro il 2027 come fondi per costruire nuove infrastrutture a favore dello sviluppo sociale dei paesi anzitutto nella fascia che va dai Balcani al Medio Oriente con una diramazione in Africa, in un pezzo di quello che nella terminologia dell'imperialismo europeo è il Mediterraneo allargato. L’obiettivo degli investimenti sarebbe quello di “realizzare collegamenti sostenibili e affidabili al servizio delle persone e del pianeta, creando le condizioni per potere affrontare le più pressanti sfide globali, dai cambiamenti climatici alla protezione dell’ambiente, dal miglioramento della sicurezza sanitaria al rafforzamento della competitività e delle catene di approvvigionamento globali”. Insomma sarebbero "investimenti intelligenti" nel rispetto delle "più rigorose norme sociali e ambientali, in linea con i valori democratici dell'UE".
In queste iniziative di un capitalismo mascherato da umanitario e ambientalista saranno coinvolte anche le istituzioni finanziarie europee, dalla Banca europea per gli investimenti (Bei) alla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers), ma anche i capitali privati, a differenza della Cina che interviene solo con i soldi statali, sottolineava ancora la von der Layen per ripetere che noi siamo diversi da loro dato che la strategia Global Gateway impegna gli investimenti per "promuovere i valori democratici". Mentre Pechino "lascia una scia di debiti nei paesi terzi".
Accanto alla presidente l'alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza e vicepresidente della Commissione Josep Borrell dichiarava che questo progetto è funzionale alla costruzione di "più forti legami con i nostri partner" allo scopo di dare corpo a "un'Europa più forte nel mondo", un attore geopolitico più efficace in grado di competere alla pari coi concorrenti imperialisti.

15 dicembre 2021