Presente a Prato, Roma, Madrid e Parigi
Scoperta una grande organizzazione mafiosa di cinesi residenti in Italia
A processo 39 componenti, tra cui “il Padrino” Zhang. Gestivano prostituzione, droga, estorsione, usura, gioco d'azzardo, logistica

 
Con l'esportazione del capitale e delle merci il socialimperialismo cinese appoggia l'espansione in tutto il mondo e in particolare nella Ue e in Italia della sua potente e sanguinaria organizzazione mafiosa.
Ennesima dimostrazione del fatto che la borghesia criminale in un paese imperialista come la Cina odierna è legata a doppio filo, aldilà delle apparenze, come del resto avviene anche in Italia, ai monopoli cinesi e alla loro espansione e ramificazione in tutto il mondo.
Infatti è sempre più forte la presenza nel nostro paese e in particolare nella città di Prato e nelle varie comunità cinesi sparse nella Penisola, della più potente organizzazione mafiosa cinese diretta da Zhang Naizhong, detto anche “L’uomo nero”.
Arrestato in Italia nel gennaio 2018 su richiesta della procura antimafia di Firenze, poi posto ai domiciliari e tuttora sotto inchiesta, anche se curiosamente non più con capi d'imputazione riguardanti la mafia, è considerato il "capo dei capi" cinese, temuto e rispettato dai cinesi emigrati in Italia e in Europa, spesso in situazioni di vera e propria schiavitù, si pensi in particolare a Prato, città da dove sono partite le inchieste nei suoi confronti, che ospita la seconda più numerosa comunità cinese in Europa, seconda solo a quella parigina.
Il braccio destro di Zhang Naizhong oggi è Lin Guochun detto Laolin, un tempo in guerra con Zhang e oggi alleato, nel nome del profitto, dell'invisibilità rispetto alle "forze dell'ordine" italiane e nel tentativo di emulare da un punto di vista organizzativo la 'ndrangheta calabrese, che con basi (le cosiddette "locali") in tutto il mondo riesce dalla Calabria ad impartire ordini in tutti il mondo, in particolare facendo leva sul radicamento nelle comunità cinesi locali, i cui membri devono arrivare a considerare gli emissari dell'organizzazione come dei giudici in grado persino di risolvere controversie giuridiche al posto degli organismi competenti delle singole nazioni, come uno stato nello stato.
I settori in cui opera dentro e fuori dall'Italia la temibile mafia cinese sono molteplici, il tutto ruota intorno allo strategico trasporto delle merci e della logistica, anche da e verso la RPC, laddove per merci, si intendono anche tonnellate di banconote in tagli da 500 euro.
L'alleanza tra i due sembra essere diretta espressione di un preciso disegno voluto "dall'alto" in Cina per rafforzare la penetrazione dell'organizzazione e impedire sanguinarie guerre tra fazioni.
La dimostrazione poi che la mafia cinese abbia un ulteriore livello di vertice dentro lo stato fascista cinese e la borghesia monopolistica è dato dalle vicende che hanno riguardato l'incontro nel dicembre 2017 tra l'allora premier (e oggi commissario Ue), il conte ex "marxista-leninista" Paolo Gentiloni Silveri e la delegazione della RPC composta da sottosegretari, il vicepremier Ma Kai, con la collaborazione palese dello stesso Naizhong, già allora noto alle autorità italiane come un mafioso di fama internazionale.
Cosa che non impedì allora a Gentiloni (cosciente eccome della questione) di accogliere a braccia aperte i governanti ultrarevisionisti, fascisti e mafiosi cinesi, così come vi fu un incontro a Palazzo Chigi tra l'allora ministro Calenda e un sottosegretario del governo di Pechino, che avrebbe ordinato a Zhang e Laolin di mettersi a totale disposizione del sottosegretario, che infatti girerà la Capitale creando un vero corto-circuito diplomatico istituzionale, in cui un esponente del governo cinese, scortato dalle forze di polizia italiane, si muoverà per incontrare esponenti del governo italiano, muovendosi con uomini e mezzi forniti dall"'uomo nero" e arrivando a cenare direttamente con lui alla luce del sole in un ristorante romano.
Appena un mese dopo insieme a 33 persone il padrino viene arrestato, altri 54 saranno indagati a piede libero, per diversi capi d'imputazione da parte del tribunale di Firenze che cercava fra l'altro di far luce su due omicidi di due giovani cinesi avvenuti a Prato nel 2010 e su quello di Su Zhi Jan, per il quale Zhang fu condannato in primo grado e poi assolto in appello.
Per i giudici del riesame di Firenze nelle disposizioni dell'8 febbraio scorso molti capi d'imputazione sono caduti, anche se la magistratura inquirente, ricorrendo in Cassazione, ha certamente provato che le società incriminate nell'inchiesta, fittiziamente intestate a dei prestanome, erano riconducibili a Zhang, che il dominio del trasporto delle merci su strada presso le comunità cinesi è sotto il controllo dell'organizzazione e che Zhang e Laolin sono appunto da considerarsi i vertici del sodalizio criminale cinese operante nei più svariati settori dalla droga alla prostituzione, fino all'usura e al gioco d'azzardo.
Questa vicenda dimostra la penetrazione del capitale cinese, anche di quello mafioso, nel nostro Paese ed è quindi l'ennesimo segnale dell'ascesa del socialimperialismo cinese anche in Europa.
La contraddizione interimperialistica principale, quella tra la Cina da un lato e gli Usa e la Ue dall'altro si fa sempre più evidente ad ogni latitudine e sotto ogni aspetto, cosa che sinistramente prelude, purtroppo, ogni giorno di più, ad un nuovo palese conflitto mondiale.
Come se non bastasse poi la vicenda pone altri due inquietanti interrogativi.
Primo, a che livello di corruzione siamo arrivati nel marciume delle istituzioni del regime neofascista anche in riguardo alla tutela e alla libertà di azione, di corruzione e di movimento dei politicanti e degli uomini d'affari del socialimperialismo cinese?
A nostro parere il livello si è alzato in maniera considerevole.
Secondo, fino a che punto le sanguinarie mafie italiane sono disposte a perdere terreno o comunque a lasciare agire indisturbate e senza chiedere nulla in cambio i concorrenti mafiosi cinesi operanti in Italia? È possibile dunque, arrivati a questo punto, che uno degli effetti dello scontro tra le superpotenze possa essere lo scoppio di nuove sanguinarie guerre mafiose tra i mafiosi nostrani e quelli cinesi per il controllo del territorio, come è anche ipotizzabile un accordo di fondo, una "pax mafiosa" tra le varie piovre nazionali che preveda l'espansione dell'influenza dei mafiosi italiani in territorio cinese.
Certo è che questa vicenda dimostra che tanto in Italia quanto in Cina come si vede non si capisce più dove iniziano gli stati borghesi e finiscano le mafie (e viceversa), questo vale tanto per il regime neofascista italiano, parte integrante della Ue imperialista, quanto per il regime ultrarevisionista e fascista vigente in Cina.

15 dicembre 2021