Lettera al compagno Me-rt del 28 febbraio 1925
Stalin e la lotta tra le due linee nel Partito

Egregio compagno Me-rt!
Ho ricevuto la Vostra lettera del 20 febbraio. Vogliate gradire innanzitutto i miei saluti. E ora passiamo all’argomento:
 
1) Voi (e non solo Voi) avete esagerato troppo l’affare dell’intervista concessa a Herzog. Non potevo metterlo alla porta, nè lo farò in futuro, non solo perché è un membro del partito, ma anche perché egli è venuto da me con una lettera del compagno Geschke, nella quale questi mi pregava di concedergli un’intervista. Vi manderò una copia di questa lettera. L’originale tedesco l’ho già mandato al Comitato Centrale del Partito comunista tedesco. Dedurre dal semplice fatto dell’intervista concessa a Herzog, su richiesta scritta del compagno Geschke, la conclusione che il Comitato Centrale del PCR(b) sta volgendosi o ha l’intenzione di volgersi verso Brandler, significa fare, non già di una mosca, ma di uno zero un elefante e prendere lucciole per lanterne. Se il Comitato Centrale del PCR(b) avesse saputo che Voi e altri membri del Comitato Centrale del Partito comunista tedesco sospettavate che il Comitato Centrale del PCR(b) nutrisse della simpatia per Brandler e Thalheimere abbandonasse gli elementi di sinistra volgendosi a quelli di destra, avrebbe riso di cuore.
 
2) Avete assolutamente ragione di affermare che il Partito comunista tedesco ha ottenuto immensi successi. Non c’è dubbio che Brandler e Thalheimer appartengono alla categoria dei dirigenti di vecchio stampo, che hanno fatto il loro tempo e sono stati respinti in secondo piano dai dirigenti di tipo nuovo. Anche da noi, in Russia, si è verificato un processo di atrofizzazione di tutta una serie di vecchi dirigenti intellettuali e di vecchi «capi». Questo processo si è aggravato nei periodi di crisi rivoluzionaria e si è rallentato nei periodi di accumulazione delle forze, ma si è sempre verificato. I Lunaciarski, i Pokrovski, i Rozkov, i Goldenberg, i Bogdanov, i Krasin, ecc.: ecco le prime figure di ex capi bolscevichi che mi vengono in mente e che hanno poi avuto funzioni di secondo piano. Si tratta di un processo necessario di rinnovamento dei quadri dirigenti di un partito che vive e si sviluppa. La differenza che esiste fra i Brandler-Thalheimer e questi ultimi compagni è, si può dire, che i Brandler e i Thalheimer recano sulle spalle, oltre a tutto il resto, il vecchio fardello socialdemocratico, mentre i suddetti compagni russi erano liberi da questo fardello. E questa differenza, come vedete, non depone a favore di Brandler e Thalheimer, ma a loro sfavore. Il fatto che il Partito comunista tedesco sia riuscito a cacciare e ad allontanare dalla scena i Brandler e i Thalheimer, già questo semplice fatto mostra che il Partito comunista tedesco si sviluppa, va avanti, fa dei progressi. Non parlo poi degli incontestabili successi del Partito comunista tedesco di cui Voi scrivete in modo assolutamente giusto nella Vostra lettera. Pensare ora che nel Comitato Centrale del PCR(b) vi siano uomini che hanno l’intenzione di far girare all’indietro la ruota dello sviluppo del Partito comunista tedesco, significa pensare troppo male del Comitato Centrale del PCR(b). Siate più cauto, compagno Me-rt…
 
3) Voi parlate della linea del Partito comunista tedesco. È indubbio che la sua linea — parlo della linea politica — è giusta. Appunto così si spiegano gli stretti, amichevoli rapporti (non solo da compagni) esistenti fra il PCR(b) e il Partito comunista tedesco, di cui Voi stesso parlate nella Vostra lettera. Ma significa forse questo che dobbiamo dissimulare i singoli errori commessi dal Partito comunista tedesco o dal PCR(b) nel lavoro politico? No di certo. Si potrebbe forse affermare che il Comitato Centrale del Partito comunista tedesco o il Comitato Centrale del PCR(b) siano immuni da singoli errori? Si potrebbe forse affermare che una critica parziale dell’attività del CC del Partito comunista tedesco (l’insufficiente utilizzazione dello scandalo Barmat, la ben nota votazione del gruppo parlamentare comunista al parlamento prussiano sulla questione delle elezioni del presidente del parlamento, la questione delle imposte in riferimento al piano Dawes, ecc.) sia incompatibile con una completa solidarietà con la linea generale del CC del Partito comunista tedesco? Evidentemente no. Che accadrà dei nostri partiti se incontrandoci per esempio, nel Comitato esecutivo dell’Internazionale Comunista, chiuderemo gli occhi sui singoli errori dei nostri partiti, ci lasceremo allettare dall’esteriorità del «pieno accordo» e della «situazione soddisfacente» e incominceremo a darci ragione a vicenda in tutte le questioni? Penso che partiti di questa fatta non potrebbero mai diventare rivoluzionari. Sarebbero delle mummie e non dei partiti rivoluzionari. A me sembra che alcuni compagni tedeschi talvolta non siano alieni dall’esigere da noi che diamo sempre ragione al Comitato Centrale del Partito comunista tedesco, essendo sempre pronti da parte loro a dar ragione in tutto e per tutto al Comitato Centrale del PCR(b). Io sono decisamente contrario a queste reciproche approvazioni. A giudicare dalla Vostra lettera anche Voi siete contrario. Tanto meglio per il Partito comunista tedesco.
 
4) Sono decisamente contrario alla politica di allontanamento di tutti i compagni che la pensano diversamente. Sono contrario a questa politica non perché mi facciano pena coloro che la pensano diversamente, ma perché essa genera nel partito un regime di intimidazione, un regime di timore che uccide lo spirito di autocritica e di iniziativa. Le cose non vanno bene se i capi del partito sono temuti ma non stimati. I capi del partito possono essere dei veri capi solo se sono non soltanto temuti, ma anche stimati nel partito e se la loro autorità e riconosciuta. È difficile formare questi capi, è cosa lunga e difficile, ma assolutamente necessaria, perché se non esiste questa condizione il partito non può chiamarsi un vero partito bolscevico e la disciplina del partito non può essere una disciplina cosciente. Penso che i compagni tedeschi peccano contro questa verità palmare. Per sconfessare Trotzki e i suoi fautori, noi, bolscevichi russi, abbiamo sviluppato un’intensissima campagna di chiarificazione teorica in difesa dei principi del bolscevismo, contro i principi del trotzkismo, sebbene, a giudicare dalla forza e dal peso specifico del Comitato Centrale del PCR(b), avremmo potuto fare a meno di questa campagna. Era necessaria questa campagna? Lo era, assolutamente, giacché con essa abbiamo educato centinaia di migliaia di nuovi membri del partito (e di non iscritti) nello spirito del bolscevismo. È estremamente doloroso che i nostri compagni tedeschi non sentano la necessità di far precedere o accompagnare le repressioni contro l’opposizione con una larga campagna di chiarificazione teorica, e rendano così più difficile il lavoro di educazione dei membri e dei quadri del partito nello spirito del bolscevismo. Non è difficile cacciare Brandler e Thalheimer; è anzi cosa facile. Ma vincere il brandlerismo è cosa complessa e seria; su questo terreno se si ricorre solo alle repressioni non si fa che nuocere alla causa; è necessario preparare accuratamente il terreno e illuminare seriamente le menti. Il PCR(b) si è sempre sviluppato attraverso i contrasti, cioè nella lotta contro le correnti non comuniste, e solo in questa lotta si è irrobustito, ha forgiato dei veri quadri. Davanti al Partito comunista tedesco si apre la stessa via di sviluppo, attraverso i contrasti, attraverso una lotta effettiva, seria e lunga contro le correnti non comuniste, specialmente contro le tradizioni socialdemocratiche, il brandlerismo, ecc. Ma per condurre questa lotta le repressioni da sole non bastano. Ecco perché, a mio avviso, bisogna rendere più duttile la politica interna di partito del Comitato Centrale del Partito comunista tedesco. Non dubito che il PCT saprà correggere le deficienze esistenti in questo campo.
 
5) Avete assolutamente ragione circa il lavoro nei sindacati. La funzione dei sindacati in Germania non è la stessa che in Russia. In Russia i sindacati sono nati dopo il partito e sono stati in sostanza degli organismi ausiliari del partito. In Germania, e in generale in Europa, le cose stanno diversamente. In questi paesi il partito è uscito dai sindacati, i sindacati hanno fatto con successo la concorrenza al partito per quanto riguarda l’influenza sulle masse e spesso sono stati una palla al piede del partito. Se si chiede alle larghe masse in Germania o, in generale, in Europa, quale organizzazione esse ritengano sia loro più vicina, se il partito o i sindacati, esse risponderanno indubbiamente che i sindacati sono loro più vicini del partito. Bene o male che sia, certo è che gli operai senza partito in Europa considerano i sindacati come le proprie fortezze principali, che li aiutano a lottare contro i capitalisti (per il salario, la giornata lavorativa, le assicurazioni, ecc.), mentre considerano il partito come qualcosa di ausiliario e di secondario, sebbene indispensabile. Cosi appunto si spiega come le larghe masse operaie giudichino la lotta diretta che gli «ultrasinistri» conducono dall’esterno contro gli attuali sindacati, come una lotta contro le loro fortezze principali, che essi hanno edificato nel corso di decenni e che ora i «comunisti» vogliono, distruggere. Non tener conto di questa particolarità significa rovinare interamente la causa del movimento comunista in Occidente. Ma ne derivano due conclusioni:
in primo luogo, in Occidente non si possono conquistare masse di milioni di operai se non si conquistano i sindacati;
e, in secondo luogo, non si possono conquistare i sindacati se non si lavora all’interno di questi sindacati e non si consolida in essi la propria influenza.
Ecco perché bisogna dedicare un’attenzione particolare al lavoro dei nostri compagni nei sindacati.
Per ora basta. Non me ne vogliate per la mia risposta franca e rude.
G. Stalin
28 febbraio 1925.
 
(Si veda Stalin, Opere complete, Ed. Rinascita, vol. 7, pagg. 53-59)
 

22 dicembre 2021