Il socialimperialismo cinese costretto a ritirare dalla regione mineraria del Congo le aziende e i cittadini cinesi

 
Alla fine dello scorso novembre l’ambasciata cinese di Kinshasa dava la notizia del rapimento di cinque operai cinesi in seguito a un attacco di una milizia locale a una miniera d’oro nella provincia del Kivu del Sud, il cui sfruttamento è stato dato dal governo della Repubblica democratica del Congo (Rdc) alla società cinese Bayond Mining e che aveva sollevato le proteste della popolazione dopo pochi mesi di attività contraddistinte dal mancato rispetto delle concessioni delle licenze e da distruzioni ambientali. In seguito all'episodio il governo di Pechino invitava le aziende e i cittadini cinesi ad abbandonare immeditamente Kivu del Nord, Kivu del Sud e Ituri, le regioni che il governo di Kinshasa non controlla neanche con l'esercito e lo stato di emergenza a fronte di oltre cento gruppi locali armati.
Le regioni dell’est e il sud della Repubblica democratica del Congo, nel cui sottosuolo si trova un tesoro costituito da petrolio, oro, argento, uranio, sono ricchissime di materie prime che sono diventate stategiche per le nuove tecnologie e per la cosiddetta economia verde quali il cobalto e il coltan. Il 60% del cobalto in uso nel mondo nella costruzione di telefonini e batterie di auto elettriche proviene dal Congo; dal coltan si ottiene il tantalio, un metallo raro impiegato nel settore aerospaziale e nucleare oltre che nella telefonia mobile. Per mettere le mani su questa enorme ricchezza si scontrano nelle regioni minerarie congolesi l'esercito governativo e le bande locali, qualcuna anche al servizio dei paesi confinanti, per controllare il mercato legale e illegale dei minerali.
In questa nuova corsa all'oro i socialimperialisti di Pechino sono riusciti a chiudere un enorme giro di affari col governo congolese e hanno acquistato i diritti di sfruttamento di molti siti minerari a suon di miliardi di dollari con gli accordi stupulati col penultimo presidente Joseph Kabila e il suo successore Felix Tshisekedi. La Cina si è accaparrata più del 90% delle esportazioni di cobalto congolesi ed è la prima destinataria anche delle esportazioni di rame, è il più grande partner commerciale della Rdc con un giro di affari cinque volte superiore a qquello con gli altri paesi e il primo fornitore di sovvenzioni e prestiti per lo sviluppo.
Il governo di Kinshasa intasca i finanziamenti, quello dell'ex presidente Kabila li ha messi proprio nelle tasche della sua famiglia, alla popolazione delle regioni minerarie tocca il supersfruttamento in un lavoro svolto in condizioni di sicurezza pressoché nulle anche da minorenni e le conseguenze disastrose del mancato rispetto ambientale delle multinazionali di Pechino. Tanto che nella provincia del Sud Kivu il governatore aveva sospeso l'attività di alcune aziende cinesi accusate di non rispettare la popolazione locale e l'ambiente. Il ripetersi di aggressioni e rapimenti di cinesi nelle tre province minerarie congolesi ha costretto l'ambasciata di Pechino a evacuare rapidamente aziende e cittadini; i socialimperialisti cinesi hanno mostrato intanto il loro vero volto criminale e neocoloniale verso l'Africa e a quantomeno rallentare fortemente gli importanti affari strategici con la Rdc.
 

22 dicembre 2021