Jesi (Ancona)
Caterpillar licenzia 270 operai
L'ad contestato scappa inseguito

Come era ampiamente prevedibile, lo sblocco dei licenziamenti imposto nel giugno scorso dal governo del banchiere massone Draghi su richiesta del boss di Confindustria Bonomi e con l'avallo dei sindacati confederali, ha dato l'ennesima opportunità ai padroni e alle multinazionali di accrescere ancora di più i profitti a suon di delocalizzazioni, chiusure di interi stabilimenti produttivi e licenziamenti di massa.
È già successo alla Elica di Fabriano, alla GKN di Campi Bisenzio (Firenze), alla Whirlpool di Napoli, alla Embraco di Riva di Chieri (Torino) e in centinaia di piccole, medie e grandi aziende da Nord al Sud del Paese che dalla sera alla mattina, senza alcun preavviso, hanno gettato sul lastrico centinaia di migliaia di lavoratori.
Ed è successo ancora il 10 dicembre alla Caterpillar di Jesi in provincia di Ancona dove, ancora una volta tramite un messaggino, la multinazionale statunitense, ha annunciato la chiusura dello stabilimento e il licenziamento in tronco di tutti i 270 operai nonostante i ricavi e i profitti in costante crescita (1,2 miliardi di euro solo nel 3° trimestre 2021) e nonostante i lauti aumenti dei dividendi che il gruppo paga ai soci da 27 anni. Addirittura nella relazione semestrale di pochi giorni fa i vertici dell'azienda si erano anche vantati degli alti livelli di produttività raggiunti e del fatto di aver dovuto ricorrere nei mesi scorsi a migliaia di ore di straordinari per evadere gli ordini.
“La doccia gelata” sulla testa dei lavoratori è arrivata proprio nel giorno in cui nella sede di Confindustria Ancona era in programma l'incontro tra vertici della Caterpillar di Jesi, leader mondiale nella produzione di cilindri per macchine movimento terra, e i delegati dell’Rsu con all’ordine del giorno gli ottimi risultati dei sei mesi precedenti a livello produttivo, la pianificazione dei sei mesi a venire e addirittura l’imminente trasformazione di 15-20 contratti interinali a tempo indeterminato.
All'incontro invece si è presentato solo il nuovo direttore Jean Mathieu Chatain, nominato a novembre, spalleggiato da due guardie del corpo e un avvocato giuslavorista, per annunciare l'avvio della procedura di licenziamento.
“Con i rappresentanti delle Rsu, attendevamo di parlare di dati della semestrale e di contratto integrativo, addirittura di assunzioni – raccontano i rappresentanti sindacali presenti all’incontro – Non c’era nemmeno il sentore di una chiusura. Ci hanno detto che la qualità c’era, la produzione c’era, gli ordinativi anche. E invece è arrivata la doccia gelata”.
Appresa la notizia, un centinaio di dipendenti hanno subito bloccato la produzione uscendo fuori dallo stabilimento dove li ha raggiunti lo stesso Chatain il quale, megafono alla mano, ha avuto perfino la faccia tosta di fronteggiare gli operai in sciopero dicendosi addirittura “molto dispiaciuto” per quanto accaduto.
Provocati dalle ciniche argomentazioni del direttore che a muso duro ha ribadito che le cause della chiusura sono esclusivamente per “ragioni di mercato... aumento dei costi dell’acciaio e di altre materie prime necessarie alla produzione” gli operai hanno reagito con proteste e lancio di oggetti. “Vergogna, ladri, pagliaccio. Tu guadagni miliardi” gli hanno urlato i lavoratori costringendo Chatain a una precipitosa fuga in automobile, con le guardie private della ditta e la polizia che hanno faticato non poco a evitare un inseguimento fino al casello della vicina autostrada.
Di fronte ai cancelli della fabbrica è stato allestito un presidio di lotta permanente e imminente la convocazione di una manifestazione e corteo unitario di tutti lavoratori entro Natale anche perché, a parte il funereo annuncio dei licenziamenti, non c’è ancora alcuna chiarezza su quelli che sarebbero i piani dell’azienda: delocalizzazione della produzione o, come pare, taglio netto dello stabilimento.
In un comunicato la multinazionale statunitense ha “giustificato” la propria decisione, presa nel corso del consiglio d'amministrazione del 2 dicembre, sostenendo che la produzione di cilindri idraulici per macchine di movimento terra non è più conveniente a Jesi e si è quindi deciso di acquistarli da altri produttori.

22 dicembre 2021