Altra dimostrazione del presidenzialismo draghiano
A colpi di fiducia del governo Draghi il parlamento approva la Legge di bilancio
Tutte le risorse al sostegno delle imprese, ai bonus, al taglio dell'Irpef ai redditi medio-alti e al taglio dell'Irap. Niente per il lavoro, ignorato il Sud. Briciole a pensioni, sanità, scuola e università.

È ormai il quarto anno di seguito che la legge di Bilancio viene presentata in forte ritardo in parlamento e approvata a scatola chiusa a colpi di voti di fiducia e senza che il parlamento abbia avuto il tempo non solo di discuterla, ma nemmeno addirittura di leggerla. Ma stavolta il “governo di unità nazionale dei migliori” del banchiere massone Draghi, benedetto dalla Confindustria, dalla Ue, dalla grande finanza internazionale e dalla quasi totalità dei media, ha battuto ogni record stabilito dai precedenti governi.
La manovra 2022, già approvata in ritardo dal Consiglio dei ministri il 28 ottobre, con una bozza di 185 articoli, è riapparsa infatti in commissione Bilancio al Senato solo l'11 novembre, e aumentata a 218 articoli a causa di un'estenuante trattativa interna al governo. A quel punto la legge è diventata oggetto di un'altra lunga trattativa, tutta al di fuori della stessa commissione (che è stata convocata e disdetta più volte), con i partiti della maggioranza e perfino con l'“opposizione” di FdI, non ultimo per spartirsi i 600 milioni dati loro in pasto da Draghi per coltivare i rispettivi orticelli clientelari.
 

Uno squallido mercato clientelare
Basti pensare, solo a titolo di esempio, ai 2 milioni all'ospedale pediatrico Bambin Gesù, i 2 milioni per i prossimi due anni alla “Fondazione per le scienze religiose”, i 40 milioni ottenuti da FI (e dal ministro Brunetta) per il servizio di trasporto urbano lagunare di Venezia, i 9,5 milioni ottenuti dal lucchese Andrea Marcucci per la celebrazione del centenario di Giacomo Puccini, i 37 milioni fatti approvare da Letta per un emendamento che istituisce il Biotecnopolo di Siena, i 7 milioni per gli ippodromi strappati dal renziano Faraone, e il comma a firma di FdI, ma approvato all'unanimità, che concede alle società sportive, a partire dai club di serie A, la sospensione di tutte le ritenute e gli adempimenti previdenziali dal 1° gennaio 2022 fino a maggio, oppure in sette rate entro la fine dell'anno.
Per poi, alla fine dello squallido mercato, lasciare che la legge fosse “esaminata” e votata in poche ore dalla commissione pochi giorni prima di Natale. Dopodiché è stata presentata e approvata col voto di fiducia dal Senato il 24 dicembre, sotto forma di un maxiemendamento blindato di ben 1.013 commi, e infine solo ratificata a scatola chiusa dalla Camera il 30 dicembre, sempre con la fiducia senza poter apportare modifiche, appena in tempo per evitare l'esercizio provvisorio.
 

Una finanziaria all'insegna del presidenzialismo
Mai come stavolta, insomma, il parlamento non ha toccato palla nella fattura della legge più importante dello Stato. È la dimostrazione che il governo Draghi, imposto con un golpe bianco da Mattarella, è un governo presidenzialista a tutto tondo, che sta completando l'esautorazione di fatto del parlamento, già accelerata dai governi Conte 1 e 2 e dall'occasione offerta dalla pandemia e la conseguente dittatura sanitaria. Nell'osservare che la trattativa e il compromesso tra le forze politiche “si sono svolti al di fuori del parlamento, attraverso l'incontro dei capigruppo con i ministri competenti e il premier”, il costituzionalista Gaetano Azzariti ha infatti denunciato che “è presto per dire se questa presidenzializzazione di fatto dell’organo governo si consoliderà, quel che però si deve rilevare è il rafforzarsi di prassi che operano in tal senso”.
Draghi e il suo ministro dell'Economia Franco si vantano che questa manovra si caratterizza per essere per la prima volta “fortemente espansiva”, all'insegna cioè del motto draghiano che in questo momento “i soldi si danno e non si prendono”. Niente di più falso e demagogico, intanto perché dei 32 miliardi a cui è lievitata questa finanziaria, i 23,3 miliardi di indebitamento netto aggiuntivo rispetto ai tendenziali ricadranno comunque sulle masse popolari quando prima o poi l'Ue ci chiederà il conto, e poi perché gli altri 13,2 miliardi sono stati recuperati agendo sulle entrate per quasi 7,9 miliardi e per 5,3 miliardi sul taglio delle spese.
Ma quel che è peggio è che di questi 32 miliardi la stragrande parte sono assorbiti dai finanziamenti a pioggia alle imprese, dai bonus a fondo perduto, come il superbonus edilizio al 110% (comprese le ville e villette unifamiliari senza distinzioni di reddito e tra prime e seconde case), dal taglio dell'Irap ad autonomi e professionisti e dalla “riforma” dell'Irpef regressiva a beneficio dei redditi medio-alti. Mentre a capitoli fondamentali per le masse lavoratrici e popolari come il lavoro, le pensioni, il Mezzogiorno, le tasse, la sanità, la scuola e l'università, restano solo le briciole.
Ciò conferma che è quantomai necessario e urgente combattere e spazzare via il governo Draghi costruendo un largo fronte unito di tutte le forze politiche, sindacali,sociali, culturali e religiose antidraghiane.
 
Ecco una sintesi delle principali misure della legge:

Sostegni alle imprese
A sostegno diretto delle imprese vanno almeno un terzo delle risorse complessive: 11 miliardi, di cui 8 per l'aiuto all'internazionalizzazione delle stesse e 3 miliardi per rifinanziare il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Inoltre sono prorogati, pur se rimodulati, tutti gli incentivi (iperammortamento, credito d'imposta per ricerca e sviluppo, “Nuova Sabatini” per l'acquisto di beni strumentali delle Pmi e così via). E se si include anche il sostegno indiretto, come i 5 miliardi per i nuovi ammortizzatori sociali e i 650 milioni del rinvio della Sugar tax e della Plastic tax siamo già ben oltre la metà del totale, a cui andrebbe aggiunto a tutti gli effetti anche il miliardo del taglio dell'Irap agli 835 mila lavoratori autonomi come persone fisiche (ditte individuali e liberi professionisti), che risparmieranno in media 1.200 euro l'anno: un primo acconto verso l'abolizione a tutte le imprese, come chiede da tempo Confindustria, di questa tassa che serve a pagare la sanità pubblica.

Lavoro, Reddito di cittadinanza
Per il lavoro non sono previsti investimenti, e non si va oltre la logica assistenziale già vista con l'emergenza Covid dell'estensione della cassa integrazione, dei prepensionamenti, dei contratti di solidarietà, della decontribuzione alle imprese per l'assunzione di lavoratori delle aziende in crisi, e così via.
Infatti, per i nuovi ammortizzatori sociali ci sono solo 5 miliardi, che rispetto ai 10-12 chiesti inizialmente dal ministro Orlando bastano appena per il Fondo di integrazione salariale per le imprese con meno di 5 dipendenti, finora senza Cig, che potranno chiedere fino a 13 mesi ogni biennio mobile. Che salgono a 26 per le imprese tra i 6 e il 15 addetti. Anche perché i già scarsi fondi saranno ulteriormente diluiti con l'ingresso dei lavoratori autonomi e le imprese con meno di 5 dipendenti.
Il Reddito di cittadinanza, che rientra anch'esso in una logica puramente assistenziale, è stato rifinanziato con l'aggiunta di un miliardo, nonostante che Lega, FI e IV, per non parlare di Confindustria, ne avessero chiesta a gran voce la cancellazione. Ma vengono stretti i controlli in entrata e ridotti i margini di libertà per i percettori, che ora dovranno accettare anche lavori precari, a distanze maggiori, e offerti anche da agenzie private “in somministrazione”.
Anche la quota per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici è insoddisfacente: 310 milioni per il 2022 e 500 milioni per il 2023 e 2024, che si traducono in un incremento di appena lo 0,3% sugli stipendi tabellari dal 1° aprile al 30 giugno 2022, e dello 0,5% a partire dal 1° luglio 2022.
In compenso con la trattativa (extra) parlamentare è stato abolito il tetto di 240 mila euro l'anno per gli stipendi dei dirigenti della pubblica amministrazione, che ora potranno essere rivalutati. Ed è stato aggiunto un fondo di 200 milioni, ma solo per premi di prestazione, da elargire a insegnati e dipendenti della pa centrale.

Mezzogiorno, città metropolitane
Il Mezzogiorno non è nemmeno nominato nella manovra. Manca infatti qualsiasi provvedimento specifico per il Sud, a meno di non considerare tale i 16 milioni aggiunti per le università non statali di quelle regioni. Oppure l'aggiunta della norma che stanzia 2,67 miliardi per ripianare i bilanci dissestati di alcune grandi città metropolitane, prevalentemente del Sud, che nel 2020 hanno avuto un disavanzo superiore a 700 euro per abitante: di cui 1,3 miliardi a Napoli e il resto spartito tra Torino, Palermo e Reggio Calabria. Fondi concessi, si badi bene, a condizione di firmare un patto con Palazzo Chigi per il “risanamento strutturale del bilancio”, scegliendo tra sette opzioni tra le quali l'aumento delle addizionali Irpef, il taglio della spesa pubblica e la privatizzazione delle partecipate.
In compenso sono stati stanziati 1,5 miliardi, nel periodo 2022-2026 per finanziare il Giubileo del 1925 a Roma, con la nomina di un commissario straordinario fino al 31 dicembre 2026 che avrà un'autorizzazione di spesa di 2,5 milioni. Inoltre sono state aumentate tutte le indennità dei sindaci, che potranno arrivare, per le città metropolitane, fino a 13.800 euro lordi al mese, limite previsto per i presidenti di Regione, con un raddoppio rispetto ai livelli attuali.

Pensioni, assistenza
Per le pensioni Draghi offre solo 600 milioni nel 2022, da distribuire tra Quota 102 (64 anni di età più 38 anni di contributi, che varrà solo per questo anno, poi si torna alla Fornero con 67 anni per tutti), Ape Sociale e Opzione donna.
Per accedere all'Ape sociale, cioè la possibilità di andare in pensione anticipata per alcune categorie di lavoratori che svolgono lavori usuranti, occorrono 63 anni di età e 36 di contributi, e sarà allargata ad altre 23 categorie. Nel testo definitivo sono state aggiunte altre 8 attività gravose, e per edili e ceramisti basteranno 32 anni anziché 36. Da questa misura sono attesi 21.200 prepensionamenti, di cui però solo 1.700 in conseguenza dell'ampliamento del numero di mansioni gravose, il che dimostra come anche questa manovra abbia cambiato ben poco lo stato attuale.
Sarà prorogata al 2022 anche Opzione donna, che è molto penalizzante perché interamente contributiva e produce un taglio di circa il 30%, tanto che per questo nel 2020 è stata utilizzata solo dal 2% delle donne andate in pensione. Nella bozza di manovra saliva di due anni l'età per accedervi: da 58 a 60 per le dipendenti e da 59 a 61 per le autonome, con 35 anni di contributi. Adesso sono stati ripristinati i vecchi limiti. Ma bisognerà aspettare un ulteriore anno di finestra mobile prima di ottenere il prepensionamento. Infatti, per tutte queste penalizzazioni, si prevedono appena 17 mila lavoratrici che ne faranno richiesta.
Per gli anziani disabili e non autosufficienti le 51 associazioni del “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza” chiedevano almeno 300 milioni. La manovra ne aveva stanziati 100, poi saliti di altri 15 miseri milioni nel testo finale. La manovra assegna cioè appena lo 0,36% delle risorse all'assistenza agli anziani, un problema che invece, a causa dell'invecchiamento progressivo della società, ad ogni anno si fa sempre più drammatico per le famiglie italiane.

Tasse
Per indorare a Cgil e Uil l'amara pillola dei 7 miliardi stanziati per la riduzione dell'Irpef, andati per la maggior parte a beneficio dei redditi medio-alti, Draghi e Franco hanno aggiunto un taglio dello 0,8% dei contributi previdenziali per i lavoratori dipendenti sotto i 35 mila euro, ma solo per il 2022, ed escludendo il lavoro domestico. Mettendo ciò in un unico calderone con il riassorbimento del bonus Renzi da 80 euro, aumentato a 100 da Conte, il riordino delle detrazioni e il nuovo assegno unico per i figli a carico, il governo e la stampa di regime hanno imbastito una propaganda truffaldina per dimostrare che a guadagnare dalla “riforma” erano (in percentuale), le fasce medio-basse.
Ora anche l'Ufficio parlamentare di bilancio li ha sbugiardati: la “riforma” fiscale iniqua porterà, anche tenuto conto del riordino delle detrazioni e del riassorbimento del bonus (l'assegno unico non c'entra nulla, rispondendo a tutt'altri criteri tra cui l'Isee) a una riduzione media di prelievo per 27,8 milioni di contribuenti di 264 euro, ma il vantaggio è concentrato tra i 42 mila e i 54 mila euro che risparmieranno mediamente 765 euro. I dirigenti avranno una riduzione media dell'Irpef di 368 euro, mentre gli operai solo di 162 euro e gli impiegati di 266.
Il 20% delle famiglie è sostanzialmente escluso da ogni beneficio perché incapienti, e il 50% delle famiglie delle fasce più basse beneficia di circa un quarto delle risorse complessive (circa 1,9 miliardi), mentre il 10% più ricco beneficia di oltre un quinto delle risorse (1,6 miliardi). L'85% dei lavoratori e pensionati prende quindi solo le briciole.

Sanità
Il governo si vanta di aver investito molto sulla sanità in questa finanziaria, perché per il 2022 sono previsti 1,8 miliardi per l'acquisto di vaccini e medicinali anti-Covid, viene rifinanziato il Fondo Sanitario Nazionale con 2 miliardi aggiuntivi l'anno fino al 2024 e ci sono 600 milioni nel triennio per il Fondo per i farmaci innovativi. Eppure non c'è niente per nuove e massicce assunzioni stabili di medici e infermieri, che sarebbe oggi la misura più importante per rimediare alla criminale e dissennata politica di tagli degli ultimi decenni. C'è solo l'“autorizzazione” a stabilizzare il personale assunto a tempo determinato durante l’emergenza, e l'istituzione di 12 mila borse di studio l'anno per gli specializzandi in medicina, senza peraltro alcun accenno agli infermieri, che secondo le organizzazioni di categoria sono sotto organico di almeno 60 mila unità.

Scuola e università
Anche per scuola e università il governo si vanta di aver aumentato i finanziamenti. In particolare quelli al Fondo ordinario per l’Università e al Fondo Italiano per la Scienza e di aver creato un nuovo Fondo Italiano per la Tecnologia. Ma in realtà gran parte di queste risorse sono “vincolate” per assunzioni straordinarie al di fuori delle normali procedure, borse di dottorato e ricerca, valorizzazione dei professori, chiamate dirette dall'estero ecc., secondo una logica prettamente liberista e aziendalista.
Per la scuola non ci sono assunzioni stabili, ma è prevista solo la possibilità di prorogare i contratti di circa 20 mila docenti, assunti a tempo per l'emergenza Covid, fino al termine delle lezioni dell'anno scolastico 2021/2022, e nel limite delle risorse stanziate che ammontano a 300 milioni. Ci sono anche 200 milioni sul fondo unico per l'edilizia scolastica, ma spendibili dal 2027.
Nel testo definitivo sono stati aggiunti altri 180 milioni, ma dei quali 100 serviranno solo per prolungare di 6 mesi il personale Ata assunto per l'emergenza covid, e il resto è riservato al fondo “valorizzazione docenti”.

12 gennaio 2022